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Ti amo anzi ti odio: storia di Montolivo, ragazzo troppo buono per questo calcio
Una pazzia che purtroppo ha trovato una valvola di sfogo nel mondo dei social network, dove sono stati creati dei profili Facebook e Twitter con l'unico scopo di prenderlo in giro, il tutto con un impegno tale che se metà di tanta energia fosse utilizzata per contestare invece personaggi politici dalla dubbia professionalità e statura morale, l'Italia sarebbe di sicuro e di gran lunga un paese migliore. Ma forse l'odio di talune masse calcistiche nei confronti di Montolivo è solo un ritratto dei tempi in cui viviamo, tempi in cui un ragazzo come lui, senza tatuaggi, orecchini e creste d'ordinanza, che pure non ha mai sbagliato nei comportamenti extra calcistici e si è sempre distinto per una condotta da autentico professionista, evidentemente dà fastidio e scatena antipatie viscerali, perché Montolivo incarna un modello di giocatore che non è in sintonia con il sentimento medio dell'immaginario collettivo delle masse calcistiche di questi anni, un sentimento che evidentemente trova linfa vitale soprattutto in modelli apparentemente cattivi, aggressivi e trasgressivi, ma che poi in realtà sono quanto di più conformista possa esserci in questa nostra ridicola epoca.
Montolivo ha la colpa imperdonabile di non avere abbastanza tatuaggi (ammesso che ne abbia) e una faccia da bravo ragazzo con uno sguardo un po' troppo languido e vagamente timido. Tutto questo però serve solo in parte a spiegare l'odio nei suoi confronti, senza dimenticarci mai che si tratta soprattutto di un odio che prima era amore, perché quando la Fiorentina a metà degli anni 2000 acquistò lui e Pazzini, sotto sotto credeva di aver trovato una sorta di gemelli diversi con qualche tratto alla Vialli&Mancini, una suggestione che però nel tempo si rivelò piuttosto falsa e sbagliata, perché Montolivo ben presto fu risucchiato da un'involuzione dell'ambiente viola e se ne andò via a scadenza di contratto, lasciando l'amaro in bocca ad una tifoseria che in lui aveva intravisto qualcuno degno di ripercorrere - magari anche in minima parte - quel sentiero d'oro che in tempi antichi era stato già percorso da gente come Antognoni e Rui Costa. Così non fu, e l'amore dei tifosi viola si trasformò ben presto in una sorda e indifferente ostilità dopo che lui andò in scadenza di contratto per passare al Milan, pronunciando la celebre frase: "Me ne vado per vincere qualcosa, non posso vedere Nocerino che gioca al Camp Nou, mentre io me ne sto qui".
Una volta arrivato sotto la Madonnina sembrava iniziata una nuova vita per il ragazzo di Caravaggio, tuttavia approdava in un Milan che aveva appena dismesso i panni della vera grandeur berlusconiana e lui rimase incastrato in un meccanismo costruito male e con superficialità, un meccanismo che nonostante un avvio piuttosto incoraggiante da parte sua cominciò ben presto a stritolarlo, e ad attirare – ancora una volta - su di lui le antipatie della sua nuova tifoseria, che in lui trovò un comodo capro espiatorio per sfogare tutte le proprie frustrazioni derivanti dal non essere più una platea in grado di potersi permettere uno spettacolo degno della storia (inarrivabile) che si era vista fino a poco tempo prima. La morale della favola potrebbe essere che a volte, anche se hai un buon talento e sei anche un ottimo professionista, può anche non bastare se poi difetti dell'unica cosa che forse conta veramente nella vita ovvero la fortuna.. fortuna che per Montolivo è venuta sempre puntualmente a mancare, visto che forse era l'uomo giusto, nel posto giusto ma nel momento sbagliato. Ma vallo a spiegare ai tifosi... e non solo ai tifosi...
@Dragomironero