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  • Traoré: 'Non sogno la Champions, ma di ritrovare in Africa la mia famiglia. Chi scappa da lì è disposto a tutto. Su ruolo e futuro...'

    Traoré: 'Non sogno la Champions, ma di ritrovare in Africa la mia famiglia. Chi scappa da lì è disposto a tutto. Su ruolo e futuro...'

    Il centrocampista del Sassuolo, Junior Traoré si è raccontato alla Gazzetta dello Sport ripercorrendo il suo approdo in Italia dall'Africa, gli inizi in Italia e la voglia di cambiare vita grazie al calcio.

    SOGNI - "Il primo l’ho realizzato: sono diventato un calciatore. Quando partii dalla Costa d’Avorio avevo solo questo in testa. E il secondo... Tra poco spengo le candeline su questa bella torta e ripenso ai compleanni del passato. In Costa d’Avorio non c’era l’usanza dei regali: ci si faceva gli auguri e via. Nel 2015, in Italia, ho ricevuto i primi regali. Ma il più bel compleanno deve ancora arrivare, sarà quello che passerò qui quando potrà raggiungermi la mia famiglia: papà, mamma, un fratello e due sorelle. Sto preparando tutti i documenti. Il mio più grande sogno non è giocare la Champions League, anche se ovviamente spero di riuscirci, ma riunire la famiglia".

    RIMPIANTO - "L’ultima con l’Empoli nel 2019, a San Siro contro l’Inter. Dentro quella gara c’era tutto: la speranza di salvarci, la retrocessione a causa di due pali, il mio gol dell’illusione, la chiusura della bellissima esperienza di Empoli, che è la squadra del mio cuore. Questa statistica mi rende felice, mi ripaga di tanti sacrifici. Ma so che il difficile viene adesso: arrivare in alto è meno complicato che restarci".

    MIGLIORANDO - "Sto migliorando, ma devo dare continuità perché è un problema che a volte si ripresenta. È una questione fisica, mentale, caratteriale. A Empoli ho fatto il mio percorso iniziale, nel settore giovanile e in prima squadra. Andreazzoli, che io chiamavo nonno, è una persona speciale. Quando ho firmato per il Sassuolo l’ho ringraziato per quello che aveva fatto per me e lui ha risposto: “Non devi ringraziare me, ma tua mamma”. È un maestro".

    RUOLO - "De Zerbi mi ha avanzato per esigenze tattiche, ma non c’è problema. Il mio ruolo è il campo: dove mi mettono, mi rendo utile. Sono abbastanza istintivo in tutte le giocate: rispetto i compiti, ma poi do la mia interpretazione. Sono stato fortunato a essere guidato da tre tecnici con una mentalità offensiva. Andreazzoli mi ha dato fiducia: ero un ragazzino e mi fece giocare. De Zerbi mi ha spinto ad avere consapevolezza e convinzione. Dionisi mi insegna a non pretendere, ma ad andare a cercare le cose: mi ha fatto capire che serve la volontà per ottenere ciò che si vuole".

    FUTURO - "Per adesso no. Sto facendo bene, ma controllerò più avanti se sono spuntate le ali. Qui c’è tutto e anche se in questa stagione i risultati sono alterni, il Sassuolo ha un progetto ambizioso e il suo stile. E la squadra è molto giovane, ci vuole pazienza".

    LA FUGA DALL'AFRICA - "Di non smettere di sognare. Ma di fare di tutto per trasformare il sogno in realtà. Ci vogliono lavoro, sacrificio, fortuna, pazienza. In Africa abbiamo il calcio nel sangue. Il mio migliore amico ha affrontato il viaggio su un barcone per arrivare in Europa e fare il calciatore. L’ho saputo solo quando è arrivato in Spagna. In mare ha rischiato di morire più volte. Gli ho chiesto: “Ma lo sai che la vita è una sola?”. Mi ha risposto: “Sì, ma io ho un sogno e voglio realizzarlo”. Noi ragioniamo così. Adesso gioca nella terza serie francese ed è contento. I politici che vogliono chiudere le frontiere non hanno la percezione che a decidere di partire sono le persone che non vedono altre strade. E se non hai i mezzi, sali sul barcone senza pensare al pericolo. Il pericolo non esiste, esiste solamente il tentativo di cambiare la tua vita».

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