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  • Tutti i segreti di Moncada, l'uomo che ha rivoluzionato il mercato del Milan

    Tutti i segreti di Moncada, l'uomo che ha rivoluzionato il mercato del Milan

    E' arrivato due anni fa, dopo 8 anni e un mese al Monaco. Non ha Instagram, non ha un profilo Facebook, ha la sua pagina su Linkedin, non a caso il social del lavoro: sintomo che Geoffrey Moncada pensa sempre a quello. Capo degli osservatori rossoneri, "Chief scout chez AC Milan" scrive su Internet, scelto da Singer in persona, svela i segreti dietro al suo lavoro, che negli ultimi mesi ha portato all'ombra della Madonnina giovani interessanti. Due su tutti: Alexis Saelemaekers e Pierre Kalulu. E ci ha messo lo zampino anche per Theo Hernandez: Maldini ha convinto il giocatore, ma le recensioni positive sono arrivate da Moncada stesso.


    COME LE BIG D'EUROPA - Queste le sue parole rilasciate al The Athletic: "Ci ho visti descritti come 007 dalla stampa e ad essere onesti è un po 'così. Devi prima arrivarci o almeno provarci. Tutti i grandi club, Bayern Monaco e Manchester City, per esempio, fanno un incredibile lavoro di scouting a livello giovanile".

    LA PASSIONE GIOVANILE - "Ero tifoso del Monaco. Andavo pazzo per la squadra che aveva David Trezeguet, Christian Panucci, Marco Simone". E dell'esperienza al Monaco parla Moncada: "Tor-Kristian mi chiamò per dirmi che Ranieri aveva bisogno di un analista video. Ranieri andava matto per i video". Tutti parlano di Marcelo Bielsa, ma Claudio ne andava matto. Voleva l'analisi degli avversari, l'analisi dei giocatori avversari, l'analisi dei nostri giocatori". Poi arrivò Pecini al posto di Karlsen, e le cose cambiarono ulteriormente: "Riccardo ha detto che aveva bisogno di un coordinatore scout e di un analista video. Non avevo vita", ride Moncada. "Lavoravo tutta la settimana. Ero morto. Avevo una ragazza, ma era impossibile trovare il tempo di parlare con lei. Lavoravo sui nostri avversari al mattino e poi andavo a fare scouting nel pomeriggio​". 

    IL SUO LAVORO - Questa, invece, la filosofia che muove il suo lavoro: "Noi osservatori dobbiamo capire le possibilità di miglioramento di un giocatore. Se un giocatore di 20 anni ha una partita pessima, ottiene un quattro in pagella, ma se ha un grande potenziale questo è più importante per me. Mi piace quando uno scout la guarda in quel modo e mi dice: 'Guarda, oggi non ha giocato una bella partita, ma è dotato'. Continuiamo a seguirlo e lo guardiamo di nuovo. Non ho bisogno di uno scout che vada solo alle partite. Ho bisogno di qualcuno che guardi gli allenamenti, che parli con i genitori e i direttori dell'accademia. È troppo facile andare a vedere una partita, scrivere una relazione e farla finita. Possiamo farlo dall'ufficio. Dobbiamo avere tutte le informazioni: la situazione del contratto, com'è la famiglia, i piccoli dettagli fanno la differenza. Le relazioni umane fanno la differenza. Alla fine abbiamo un rapporto completo con tutte le informazioni e le statistiche".

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