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  • Un 29enne guida il Lugano. Abascal si racconta: 'Sogno l'Italia. Il mio segreto? Entro nella testa dei giocatori'

    Un 29enne guida il Lugano. Abascal si racconta: 'Sogno l'Italia. Il mio segreto? Entro nella testa dei giocatori'

    • Pasquale Guarro
    Potere ai giovani. In tal senso è andata la scelta del lungimirante presidente del Lugano, Angelo Renzetti, che ha affidato la panchina del club svizzero a Guillermo Abascal, allenatore spagnolo classe ’89, nella massima categoria il più giovane dei suoi colleghi. Il tecnico di Siviglia ha ereditato una situazione tutt’altro che semplice dalla gestione precedente, ma in poco tempo ha saputo prendersi la fiducia dei propri calciatori giungendo alla conquista dell’obiettivo stagionale. La redazione di calciomercato.com lo ha intercettato per cogliere quelli che sono i suoi metodi e raccontare la crescita di un allenatore che inizia ormai ad affermarsi tra i professionisti. 

    Per la prima volta da quando è tornato nel massimo campionato, il Lugano ripartirà dallo stesso allenatore.
    “È un dato importante che premia il lavoro svolto. La squadra arrivava da risultati poco entusiasmanti e adesso fa piacere poter lavorare con continuità perché avrò la possibilità di conoscere ancora meglio la piazza. Ritengo sia un passo importante per ripartire la prossima stagione con ancora maggiore entusiasmo”. 

    Quest’anno avete raggiunto la salvezza, l’anno prossimo quale sarà l’obiettivo?
    “Parliamo di un campionato a dieci squadre e fino a cinque partite dalla fine è tutto aperto. Sarà soprattutto il mercato a determinare il nostro obiettivo, ma a prescindere da tutto, prima dovremo pensare alla salvezza”.

    Come valuta la stagione appena terminata?
    “Ci sono stati alti e bassi. La squadra ha attraversato due periodi negativi che rischiavano di allontanarla dall’obiettivo. Mi sono calato in questa sfida come se fosse un campionato di 8 partite e dopo 5 eravamo salvi. Mi ha fatto piacere vedere come lo spogliatoio ha accolto la mia presenza e sono contento dell’organizzazione difensiva che hanno appreso i calciatori”.

    In cosa ti senti migliorato dopo questa esperienza?
    “È sempre l’occasione giusta per crescere e imparare. Se mi guardo indietro penso di aver superato in modo positivo una situazione in cui non ero abituato a lavorare. Siamo usciti bene da una fase delicata, con una squadra che aveva a disposizione poche partite per salvarsi e che sembrava aver perso fiducia”.

    Quali sono i migliori talento che esprime il calcio svizzero? 
    “Ce ne sono molti. Mi sorprendono sia la cantera dello Zurigo che  quella del Young Boys, che per fisicità possono contare su giocatori già pronti. Chiaramente è necessario che vadano a giocare all’estero per crescere ulteriormente”.

    Il sogno nel cassetto 
    “Ho sempre detto che la Svizzera mi ha dato le prime due possibilità per allenare in un torneo professionistico. Adesso voglio crescere qui, ma mi è sempre piaciuto il campionato italiano e sarebbe bellissimo poter fare un’esperienza nel vostro paese”.

    A salvezza raggiunta, cosa vi siete detti con il presidente?
    “Ovviamente ci siamo sentiti dopo la fine del campionato e l’ho ringraziato per la scommessa che ha voluto fare con me. Lui tiene al Lugano e sapeva di giocarsi una carta importante. Devo ringraziarlo in ogni modo anche perché ha alzato il livello della mia carriera sportiva, sicuramente anche perché ha avuto modo di vedere come ho lavorato al Chiasso e forse è per quello che ha creduto in me. Adesso la nostra priorità è quella di portare i tifosi allo stadio e far vedere loro che squadra siamo”.

    Se le chiedo qual è la cosa più importante per un allenatore, come mi risponde?
    “La cosa più importante è farsi capire, i giocatori devono fidarsi perché alcuni crescono come robot, mentre se un allenatore arriva può aiutarlo a ragionare diversamente e combattere veramente ogni partita. La cosa più importante è entrare nella loro testa”.


     

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