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  • 2020, Genova: smeraldo saccheggiato, ha un appuntamento con il futuro

    2020, Genova: smeraldo saccheggiato, ha un appuntamento con il futuro

    • Renzo Parodi
    Addio al 2019, benvenuto al 2020 purché la ruota del destino si rimetta davvero a girare per il verso giusto e Genova – nel calcio e altrove – smetta di recitare la parte della bistrattata Cenerentola italiana. Genova “la Superba per uomini e per mura... la regina del mare” cantata da Petrarca, vuole cancellare la triste etichetta di città del Ponte Morandi, rimasta appiccicata dal crollo del Ponte Morandi, il 14 agosto 2018, che trascinò alla morte 43 innocenti. Genova che le litanie di Giorgio Caproni, scolpirono nel marmo del cuore. “Genova città pulita". 

    Brezza e luce in salita. Genova verticale, vertigine, aria scale”. La Genova di Caproni e delle “croese” di mare De André tenta di tornare ad esistere nella sua scabra normalità, miscuglio millenario di calate e camalli, officine e botteghe, casbah di etnie e genti venute da paesi lontani, in pace sotto il medesimo tetto di cielo. Genova perennemente in bilico fra un passato rinnegato a forza e un futuro ancora da scrivere. Genova colonizzatrice nei secoli e oggi degradata a colonia. Genova invecchiata e abbandonata dai suoi giovani migliori. Mezzo secolo fa contava 850mila abitanti, oggi è ridotta a meno di 600mila anime, per la maggior parte pensionati e anziani. La ricetta per risalire la china? Riaprire la strada dell’Università ai giovani, attirare ricercatori italiani e stranieri all’IIT (l’Istituto italiano di tecnologia) e al Villaggio Leonardo degli Erzelli, scrigno di sapere tecnologico avanzato che faticosamente si sta facendo strada. Servono con urgenza massima infrastrutture moderne: il nuovo Ponte sul Polcevera progettato da Renzo Piano, naturalmente. “A maggio 2020 transiterà la prima automobile”, ha promesso il sindaco Marco Bucci, anche se l'incendio alla pila 13 del 31 dicembre purtroppo farà ritardare di qualche settimana l'inaugurazione del nuovo ponte. Non basta. La rete autostradale attorno alla città scricchiola, ingolfata da colossali ingorghi di veicoli. Le inchieste della magistratura hanno rivelato ventennali defaillances di manutenzione e collaudi. Decine di viadotti e ponti sono sotto finiti osservazione, qualcuno è stato addirittura chiuso perché pericolante e riaperto dopo interventi d’urgenza. La diatriba con la società Autostrade, concessionaria del Morandi e della maggior parte delle infrastrutture liguri, avvelena l’aria attorno alle scelte della politica. Il traffico portuale soffre, soffocato da migliaia di Tir che ogni giorno si insinuano in città diretti ai varchi portuali o da quegli stessi varchi escono e fanno saltare la circolazione cittadina. La nuova diga foranea (costo due miliardi di euro) farebbe di Genova uno scalo competitivo con la concorrenza europea, nel 2020 il segretario generale dell’autorità portuale Signorini vorrebbe lanciare la gara d’appalto. Il progetto della Gronda autostradale di ponente, la “bretella” che darebbe sollievo al traffico alleggerendo il nodo genovese, è ancora nel cassetto, bloccato dai veti degli ambientalisti preoccupati delle ferite che l’opera infliggerebbe al territorio. Il Terzo Valico sarà attivo nel 2023, nel frattempo i collegamenti ferroviari “veloci” con Milano marciano alla velocità dei convogli del 1938: un’ora e 38” per coprire 140 chilometri. Roba da vergognarsi. A ponente non si parla più di realizzare la trentina di chilometri che completerebbero il doppio binario in direzione della Francia. Alluvioni e frane crivellano il territorio cittadino e l’entroterra con sadica puntualità svelando i decenni di colpevole incuria e le speculazioni scellerate che lo hanno reso fragile come un bicchiere di Baccarat. Genova vive un’emergenza endemica che le tarpa le ali e si aggrappa con la tenacia della sua gente alla voglia di spezzare i vincoli geografici e culturali che la stringono.

    Genova smeraldo scheggiato è dunque costretta a vivere di riflesso e di ricordi, come le sue due squadre di calcio, lo specchio perfetto del declino della città. Genoa e Sampdoria al volgere dell’anno barcollano nei bassifondi. Il Vecchio Grifone chiude addirittura la graduatoria, triste solitario y final. Il terzo ribaltone in panchina ha incoronato l’ex giocatore rossoblù Davide Nicola, scelto da Preziosi dopo una settimana di amletici dubbi fra Ballardini e Andreazzoli (che hanno rifiutato la proposta) e l’outsider Diego Lopez, pupillo del neo ds, Marroccu. Se a Nicola riuscisse il miracolo della salvezza sarebbe il record dei record, mai il Genoa è rimasto consecutivamente in serie A tanto a lungo, nel secondo dopoguerra: tredici anni. E’ la medaglia che Enrico Preziosi, presidente padrone del club dal 2003, fieramente si appunta al petto. Ma è l’unica. Nella stagione 2008/09 la squadra conquistò l’Europa League, piazzandosi quinta. Era il Genoa di Gasperini, Milito e Thiago Motta. Exploit ripetuto nel 2014/15 col sesto posto che non fruttò l’accesso all’Europa League per la mancanza della Licenza Uefa e fu la Sampdoria, settima classificata, ad avvantaggiarsene. L’era Gasperini resta la più felice, specie la prima tranche, che riportò il Grifone all’onore del mondo. Dall’ultimo addio del Gasp (14 giugno 2014) in poi, soltanto paura e delusioni e lo scorso anno una salvezza all’ultimissimo palpito, a spese dell’Empoli, retrocesso per il peggior score negli scontri diretti. In cinque anni e mezzo il Genoa ha cambiato 9 allenatori, tre volte si è accomodato in panca Ivan Juric. Il fecondo vivaio rossoblù diretto da Michele Sbravati non cessa di produrre giovani talenti. Gli ultimi in ordine di tempo: El Shaarawy, Perin, Mandragora, Sturaro, Pellegri, Salcedo; tutti venduti a peso d’oro alle grandi squadre. E già premono i ricambi, Cleonise e Rovella, esordienti in serie A con Thiago Motta, resteranno aggregati alla prima squadra con Nicola. Non mancano i talenti al Genoa, insomma. Mancano i soldi, nonostante le corposissime plusvalenze realizzate da Preziosi con regolarità cronometrica. L’infortunio al ginocchio di Kouamé (stagione finita) ha fatto saltare la sua cessione al Crystal Palace che a gennaio avrebbe fruttato 22 milioni di euro più bonus alle casse rossoblù. Preziosi si appresta a realizzare l’ennesima rivoluzione. La rosa pletorica sarà sfoltita. Saponara, Gumus, Sanabria, uno fra Pinamonti e Favilli (o entrambi) e persino il professor Schone, accolto in estate come fosse Beckenbauer redivivo, lasceranno Genova e saranno sostituiti da Krmencik, aitante centravanti ceco prelevato dal Victoria Plzen, forse Borini, forse Pjaca, forse Kurtic. Il Genoa di Nicola sarà più coperto e concreto di quello avventatamente varato da Thiago Motta, che pretendeva da una rosa modesta il calcio offensivo del Barcellona. In bilico persino Radu, portiere di proprietà dell’Inter, sta per tornare a Genova in prestito il portiere Perin che la Juve vuole far giocare. Non è saggio inaugurare un dualismo fra i pali, ma tant’è... Se ancora una volta il Grifone evitasse la serie B i tifosi non cesserebbero di contestare Preziosi, ritenuto il responsabile delle disgrazie della società. La sua politica delle plusvalenze, realizzata in operazioni di mercato compulsive e il continuo avvicendarsi di allenatori, hanno ridotto il Genoa ad un porto di mare, la carrozza di un metrò dalla quale si sale e si scende senza avere il tempo di fare conoscenza. A dispetto di un bilancio in sofferenza che costringe la società al tourbillon di cessioni e impedisce qualunque programmazione a medio-lungo raggio.

    Anche sulla sponda blucerchiata tira aria di burrasca. Il presidente Massimo Ferrero è nel mirino dei tifosi dopo il fallimento della trattativa col gruppo Dinan-Knaster rappresentato da Gianluca Vialli. Il mercato estivo totalmente sballato ha consegnato la squadra alla lotta per non retrocedere. Eusebio Di Francesco (3 punti in sette gare) è stato di necessità silurato e sostituito con Claudio Ranieri. Il veterano delle panchine (oltre mille!) ha raccolto 12 punti in 10 gare, ha vinto il derby eppure la squadra è appena ai margini dello sbalanco, quart’ultima col Lecce a 15 punti, davanti a Brescia, Spal e Genoa. “Dovremo lottare fino all’ultimo per uscire dalle sabbie mobili”, ha ammonito Ranieri. La società gli ha promesso rinforzi sul mercato, ma deve fare i conti con le regole che la costringono a stringere i cordoni della borsa. Lo sbilancio della cassa di compensazione in Lega le impedisce di operare sul mercato italiano, salvo cessioni che portino denaro fresco in cassa. L’alternativa sarebbero fideiussioni per 25 milioni che Ferrero ha invano cercato presso banche e assicurazioni. L’ex proprietario del club, Edoardo Garrone, potrebbe concedergli dilazioni di pagamenti utili ad aggirare gli ostacoli economici che intralcerebbero la vita della società da oggi a giugno. Ferrero dovrebbe mettere ufficialmente in vendita la società che ricevette in regalo nel 2014 dallo stesso Garrone, affidandosi ad un advisor al quale concedere un mandato irrevocabile con tanto di prezzo di vendita vincolante. Nel frattempo, Ferrero nominerà un controllore dei conti che garantisca l’equilibrio del bilancio. Acquirenti cercasi, dunque e questa volta Ferrero non potrà tergiversare come fece con Vialli, di fatto mandando a monte la cessione. Un’altra emergenza si è aggiunta alle molte che stanno travagliando il cammino della squadra. Alex Ferrari, perno della difesa a quattro di Ranieri, in allenamento si è procurato un danno al crociato anteriore del ginocchio destro. L’opzione difensore diventa un obbligo: Tonelli, Silvestre e Juan Jesus i nomi più gettonati. Il secondo rinforzo riguarderà l’attacco, orfano del bomber Quagliarella (appena tre gol segnati) che l’anno scorso timbrò 26 volte. Ranieri ha chiesto un contropiedista e sfumato Barrow si punta su Defrel in uno scambio con Caprari destinato al Sassuolo.  Basterà ad assicurare alla Sampdoria la permanenza in serie A? E’ la domanda delle cento pistole...

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