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A Kean si può gridare 'buu', a Koulibaly no: non è razzismo se sei (bianco) nero

A Kean si può gridare 'buu', a Koulibaly no: non è razzismo se sei (bianco) nero

  • Marcello Chirico
    Marcello Chirico
Non si finisce mai di imparare cose nuove. L’ultima riguarda gli ululati razzisti negli stadi. Quelli bravi, i Pontefici dei regolamenti e dell’etica, ci hanno infatti spiegato - nel week-end di Coppa Italia - che non sono tutti uguali. O meglio, che non tutti i “buuuuu” o gli “uhuhuhu” o i “ghughughu” possono essere catalogati come insulti razziali. Il vero coro razzista è quello sentito, la sera di S.Stefano, al Meazza durante Inter-Napoli e che prese di mira Koulibaly. Talmente nitido, forte, reiterato, ossessivo, da scagionare - secondo alcuni - persino il nervosismo del giocatore, fattosi poi espellere per aver applaudito l’arbitro. “Scontargli la squalifica sarebbe solo un atto di civiltà” ho sentito dire da un collega alla Rai. Punti di vista, per carità.

Al contrario, non possono essere considerati di matrice razzista o insultante, gli ululati ascoltati al Dall’Ara durante Bologna – Juventus, inizialmente indirizzati al giocatore di colore Kean, e poi estesi a tutto il resto della squadra bianconera. Questi vanno classificati alla voce “sfottò”. Esistono, insomma, i “buuu” cattivi, beceri, razzisti e i “buuu” strafottenti, quasi simpatici, diciamo folkloristici.

Domandina facile facile: come si fa a distinguerli? Perché, se è una questione di “toni” (tipo il “metti Collina!” nelle intercettazioni di Facchetti, ricordate?), vorrei capire che suono o tonalità ha il dileggio, la canzonatura, la presa per i fondelli priva di odio e discriminazione. Lo si intona ridendo? O viene accompagnato da un pernacchio?

I coretti bolognesi, in tutta franchezza, mi sono parsi del tutto identici a quelli ascoltati finora in tutti gli altri stadi, e per ultimo quello di Milano. Dove sta la differenza vorrei capirla io, ma soprattutto – penso – bisognerebbe spiegargliela ai calciatori neri, in modo tale da non sentirsi offesi quando li ricevono, e a quegli allenatori favorevoli alla sospensione delle partite. Non deve essere così semplice operare un distinguo, visto che in tanti a Bologna sarebbero caduti nell’errore di interpretare quei cori come discriminazione razziale: dai telecronisti Rai – che li hanno ripetutamente stigmatizzati come tali durante la loro telecronaca – allo speaker dello stesso stadio Dall’Ara, il quale ha invitato i sostenitori rossoblù a smetterla, con ogni probabilità sollecitato da qualche dirigente del Bologna FC preoccupato di incappare in sanzioni disciplinari. Li ha interpretati come razzisti pure Marco Bernardini, che dirige con me il Bianconero.com, ed essendo un collega di specchiata obiettività e parecchio sensibile a tematiche di questo tipo mi stupisco davvero abbia potuto fraintendere il senso di quei coretti stupidi.

Però, a leggere ed ascoltare le spiegazioni di quelli che capiscono sempre più degli altri, sembra ci sia stata una colossale cantonata: secondo loro, nessuno di noi ha capito niente. E qualcuno ha portato come prove le giustificazioni della stessa tifoseria felsinea, ovvero degli autori di quegli ululati: quei cori – hanno spiegato i tifosi - erano indirizzati all’intera squadra della Juventus, non solo a Kean (però, guarda la beffarda casualità, sono partiti non appena ha toccato il primo pallone proprio lui). Tesi condivisa pure dal giudice sportivo, che non ha preso nessun provvedimento nei confronti del Bologna, non avendo ricevuto alcuna segnalazione al riguardo da parte degli ufficiali federali presenti al Dall’Ara. Quelli – per la cronaca – che coi loro report fecero squalificare più volte il JStadium anche solo per un bisbiglio all’indirizzo di Balotelli, giocatore bersagliato di insulti pure in altri stadi, e mai sanzionati. La chiamano “giustizia sportiva”.

L’hanno vinta i buonisti, i garantisti a singhiozzo. Quelli che, quando a Cagliari venne platealmente insultato Matuidi, non si accorsero di nulla e non sprecarono nemmeno una parola, essendo probabilmente quella volta  troppo concentrati sul rigore non dato ai sardi per il fallo di mano di Bernardeschi piuttosto che sull’episodio razzista. Così come si guardarono bene dal sollevare un caso su Benatia quando, durante un’intervista in diretta ai microfoni della Rai, si sentì chiaramente qualcuno apostrofarlo “marocchino di m…!” (a proposito: l’indagine condotta poi all’interno dell’azienda di Stato, quali esiti ha avuto? Tutto insabbiato?).

Non ce l’ho coi bolognesi e la loro città, perché ne conosco la simpatia e ne apprezzo la grande cultura, so solo che una parte di loro detesta la Juve al punto tale da augurare alla squadra uno schianto con l’aereo (ricordate il Tosco su Radio Bologna International?), oppure si appostano nei pressi dello stadio e prendono a sputi e calci il pullman bianconero quando arriva al Dall’Ara (Antonio Conte lo raccontò, con dovizia di particolari, in una conferenza stampa). Per questo credo poco alla versione “faceta” di quei cori uditi sabato scorso.

Ma ce l’ho soprattutto coi soliti doppio pesisti, quelli che pure sul razzismo riescono a fare distinguo, che sono riusciti ad inventarsi  la barzelletta dei “buuu” scherzosi  (“l’hanno spiegato gli stessi tifosi”, come no) per minimizzare quanto avvenuto a Bologna. L’ho già scritto in altre occasioni, e per altri argomenti, ma vale pure – e soprattutto – stavolta : per favore, non prendeteci per il culo. Grazie.

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