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  • Agnelli non ha ucciso nessuno! Ha perso contro il Palazzo del potere e pagherà, ma tutti sanno che va abbattuto

    Agnelli non ha ucciso nessuno! Ha perso contro il Palazzo del potere e pagherà, ma tutti sanno che va abbattuto

    • Marcello Chirico
      Marcello Chirico
    Tre anni e 4 mesi d’inibizione. Che significa fuori dal mondo del pallone. È quanto dovrà starci Andrea Agnelli, appena condannato all’esilio dalla solita giustizia sportiva per non aver accettato il patteggiamento sulle questioni plusvalenze e stipendi riguardanti la Juventus. Milleduecento giorni circa, più 60mila euro di multa, che finiranno nelle casse della FIGC insieme ai 716 mila pagati dalla sua ex società. Grazie alla Juve la federazione si sta arricchendo.

    Andrea Agnelli è ricorso al TAR per tentare di farsi togliere la squalifica, decisione legittima, soprattutto perché finora nel calcio italiano nessuno aveva ricevuto una punizione così pesante. Nemmeno giocatori accusati di essersi venduti delle partite. Paolo Rossi, tanto per fare un esempio, per il calcio scommesse degli anni 80 di anni di squalifica se ne prese 2 (e nel parallelo processo penale venne pure assolto).

    Agnelli di sicuro non è esente da colpe, e la prima che gli va imputata e l’aver creduto di poter fare qualsiasi tipo di operazione finanziaria in nome del “così fan tutti” ritenendo che, con quel cognome lì, ogni artificio gli fosse concesso, e che mai e poi mai Consob, Covisoc, men che meno la Federazione, si sarebbero permessi di contestargliele. Vedi la montagna di plusvalenze, per le quali non esiste nemmeno una normativa federale che le regoli.

    È stato spericolato oltre ogni limite ed ha pagato dazio. Immemore di quanto già accaduto al proprio club nel 2006, quando tutti telefonavano ai designatori e taluni facevano richieste ben peggiori di quelle di Moggi, eppure chi pagò più di tutti fu proprio la Juventus essendo, per “sentimento popolare”, considerata da sempre la Regina del Male, come tale quella che deve pagare. Sempre. A quanto pare, la lezione ad Agnelli non è servita e ci è ricascato: ci ha rimesso di nuovo il club, sta pagando dazio lui in prima persona.

    Dopodiché, quando aveva capito che il cugino Elkann non gli avrebbe più elargito altri aumenti di capitale, ha provato a fare l’azzardo più grande: spodestare la UEFA mettendo in piedi la SuperLega, un torneo multimiliardario alternativo e più ricco della Champions. Quando organizzi un colpo di Stato devi però essere certo di portarlo a buon fine, altrimenti ci rimetti la pelle. E così è stato. Perché ha scatenato contro di se il potere costituito dei tiranni istituzionali di Nyon, di molti governi europei e - ovviamente - della Federazione nostrana. I 3 anni e 4 mesi di condanna per lui e la penalizzazione, più multa ed esclusione dalle coppe europee per la Juve, sono la conseguenza di quel golpe fallito. Perché organizzato malissimo.

    Premesso tutto ciò, Agnelli non può essere messo alla pari di un delinquente comune. Ha peccato di arroganza e superominismo, ha sfidato il potere, però adesso non deve essere trattato come un mafioso stragista. Ha sbagliato, ma non ha ucciso nessuno, tanto meno rovinato il calcio. Voleva cambiarlo e non c’è riuscito, perché i signori del pallone il cambiamento non lo vogliono, in quanto significherebbe per loro perdita di potere. Un potere assoluto e totale che nemmeno uno che si chiama Agnelli è riuscito a scalfire, tanto per renderci conto di quanto sia radicato.

    Ci sta tentando con meno irruenza ma tanta pervicacia, e più tattica, pure Giraudo: vedremo se lui ci riuscirà. O se sarà la Corte Europea a modificare i rapporti di forza, anche se difficilmente burocrate mangia burocrate. Una cosa però è certa: il Palazzo, che sia quello di Nyon o di via Allegri, va abbattuto. Come accadde per la Prima Repubblica, ne serve una Seconda pure per il pallone. Agnelli lo aveva capito, per questo è stato sbranato.

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