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  • Atalantamania: lo specchio maledetto è infranto dai tiri Mancini

    Atalantamania: lo specchio maledetto è infranto dai tiri Mancini

    • Marina Belotti
    ‘Specchio rotto, sette anni di guai’, si dice. Per la Dea non è andata proprio così, perché con lo specchio rotto, è arrivato un settimo posto di felicità. I cugini rossoneri sembravano aver preso il controllo del match e della classifica, ma proprio tra l’ingenuità di Calabria e la papera di Donnarumma, la Dea è riuscita finalmente a spezzare la maledizione dello specchio.
     
    MAN(O)CINI- Infrangerlo, in questi casi, può portare solo fortuna all’Atalanta. Eppure, da un po’ di mesi a questa parte, la porta avversaria è nemica della Dea. A volte sembra più arduo non centrare la rete che bucarla, ma niente, il gol non arriva. Una maledizione al contrario con cui l’Atalanta si è ritrovata a dover fare i conti persino contro il Cagliari: tira e tira, anche se il match fosse continuato a notte inoltrata, la sfera non sarebbe entrata. E invece ieri, come per magia, tra i mille tiri di Cristante e dei mancini Petagna e Ilicic, spunta colui che mancino lo è solo per onomastica: il difensore che non ti aspetti, il vice-vice di Caldara e Palomino, finora messo in ombra da Meggiorini, spunta e la insacca con dediche annesse. Ma anche lui deve aspettare che l’incantesimo si compia: CalVARese, che a dispetto del nome non ama utilizzare la tecnologia, si decide a chiedere aiuto alla telecamera e solo il suo braccio nega un tocco di mano e manda in visibilio tutto lo stadio.
     
    NON MOLLA MA BARCOLLA- Sì, perché ogni tifoso nerazzurro, prima del centro, stava pensando la stessa cosa: “La dura legge del gol” dettava ancora le sue regole all’atleti Azzurri d’Italia. Il bel gioco c’era, le occasioni in area piccola piovevano a dirotto, ma all’Atalanta mancavano diottrie da entrambi gli occhi. Troppe volte Cristante ha tirato senza inquadrare la porta o col solo scopo di mettere alla prova l’abilità di Sorrentino. Davvero il Bryan nerazzurro, capocannoniere di stagione, alla fine dei giochi è stato il migliore in campo? Troppi errori, troppi gol da fare sbagliati, troppe esultanze soffocate nella maglia. Sudata sì, perché non ha mai mollato, ma alla fine contano i tre punti e la Dea ha barcollato troppo prima di arraffarli. In una delle più semplici partite casalinghe: con il Chievo che faticava ad ogni ripartenza e sventava da sé le invasioni sotto la Nord. La Dea si è sentita protetta da certe beffe dell’ultimo minuto? Sbagliato.
     
    PRENDE LE MISURE- Perché sono tanti i match in cui la squadra bergamasca, dai e dai, a fine match si è ritrovata a raccogliere i pezzi. Non quelli di uno specchio rotto, ma di undici uomini che hanno corso e dato tutto per avere niente in mano al triplice fischio. Nessuna vera punta in campo, ci pensa il Caldara della situazione a buttarla dentro perché la testata di Cristante, recidivo e dalla zucca dura, per l’ennesima volta non avrebbe superato il varco. È quindi necessario che la Dea prenda le misure della porta sui rigori, sui tiri dal limite, dalla destra e dalla sinistra, perché il prossimo avversario è un Crotone contro cui sarà severamente vietato sbagliare. Il sogno di rincorrere l’Europa resta reale e vincere di misura facendo la Juve della situazione non è fattibile: è un rischio troppo grande, che nemmeno Gasperini se la sente di correre. Intanto, il mister ispirato ci ha azzeccato un’altra volta, lanciando l’ennesimo giovane talento a risolvere la partita. Sarà perché si chiama Gian anche lui?

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