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  • Bologna:|Le capriole di Gillet

    Bologna:|Le capriole di Gillet

    SI FIDA di un Bologna che sta nascendo attorno all’idea guida dell’esperienza: «Gente che mastica serie A da anni di solito non sbaglia». Freme nell’attesa del raduno come se fosse la vigilia del suo primo giorno di scuola: «Dopo die anni di Bari ho tanta curiosità di conoscere i miei nuovi compagni». Fissa l’obiettivo di squadra: «Quaranta punti il prima possibile». Quanto al suo, spiega Jean Francois Gillet, «viene dopo quello del Bologna, perchè in carriera ho sempre ragionato così: se le cose funzionano nel tuo club, il resto viene da sè». A pochi giorni dal via della sua nuova avventura, Gillet racconta Gillet. Riflessioni, speranze, stato d’animo del portiere chiamato a non far rimpiangere predecessori illustri come Francesco Antonioli, Gianluca Pagliuca ed Emiliano Viviano.

    Gillet, è un passato che pesa?
    «Bologna a livello di portieri è abituata bene. So che la gente si aspetta tanto da me, ma al confronto col passato non penso. Tra i pali porterò quello che faccio da sempre».

    Agilità da gatto e, dicono, grande tranquillità.
    «La storia del gatto nasce dalla ginnastica artistica. Da piccolo l’ho praticata per dieci anni. Sbarre, anelli e corpo libero hanno dato elasticità ed esplosività al mio fisico».

    Poi c’è la calma olimpica.
    «Fa parte del mio carattere. In campo non sono uno che urla: parlo e cerco di trasmettere soprattutto tranquillità».

    Gillet, Portanova, Antonsson: un bel manipolo di over trenta in difesa.

    «Mettere insieme gente che fa la serie A da anni o che ha esperienza internazionle alle spalle è una bella garanzia per una squadra che deve salvarsi».

    Bisoli pensa alla salvezza e al bel gioco. E lei?
    «Io penso ad arrivare il prima possibile ai 40 punti. Poi vediamo se potremo fare altri ragionamenti».

    Difficile stabilire gli obiettivi con la squadra ancora in fase di costruzione.
    «Questo riguarda tutti, non solo il Bologna. Anche il calcio, a livello economico, vive un momento di sofferenza. Ed è giusto che una società guardi anche ai bilanci, oltre che all’aspetto tecnico, come sta facendo il Bologna in questo mercato».

    Oggi si raduna l’Inter e Viviano cerca ancora una porta.

    «La troverà, perchè è uno dei più bravi. Non penso che resti all’Inter, anche perchè per conservare il posto in Nazionale ha bisogno di giocare».

    A proposito: lei ha scelto Bologna anche per non uscire dal giro della sua Nazionale?
    «No. Per me la Nazionale (prima convocazione nel 2009, ndr) è stata solo la ciliegina sulla torta. La torta per me conta di più: ed è la mia squadra di club. Se va bene quella, io sono un uomo felice».

    Quindi nell’ultimo anno lei è stato un uomo profondamente infelice...

    «Il Bari era attrezzatissimo per fare la serie A, ma siamo incappati in una stagione disastrosa. A livello di colpe non salvo nessuno».

    L’attaccante più difficile da fermare?
    «Eto’o. Sposta la palla da un piede all’altro in una frazione di secondo, scatta e tira quando meno te l’aspetti. Un incubo per un portiere».

    Il rossoblù che freme dalla voglia di conoscere?
    «M’incuriosisce Ramirez. A Bari, in campionato, con noi fu devastante. Tutto il Bologna quel giorno giocò una partita perfetta, ma lui aveva una marcia in più».

    Trentadue anni per un portiere è l’età di mezzo.

    «Io sto bene, di fisico e di testa. Questo mestiere mi piace e mi diverte».
    Ragiona così anche Antonioli, che di anni ne ha 42. Lei si vede tra i pali per altri dieci anni?

    «Magari! Antonioli è un martello, non sbaglia un colpo. Un portiere deve essere lucido e capire il momento in cui invece di portare dei benefici comincia a fare danni.Lì deve sfilare i guanti. Spero di accorgermene quando succederà».
     


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