Caos Decreto Crescita, trattativa Calcio-Governo: ecco cosa sta succedendo
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Calcio e Decreto Crescita cammineranno ancora a braccetto, ma con qualche dovuta modifica nel sistema. La notizia che si è diffusa in tarda mattinata ha allertato parecchi addetti ai lavori, anche perché a un certo punto sembrava quasi che la manovra dovesse definitivamente sospendere tale agevolazione, togliendola dalla disposizione dell’intero universo calcio. E in effetti è proprio così che l’aveva pensata la commissione, prima di trovare pareri discordanti da parte della classe politica, maggiormente elastica verso l’argomento. Per questo motivo si è reso utile istituire un tavolo di trattativa che accompagnerà il dl nei successivi 60 giorni, quando giunto in camera avrà incontrato i giusti correttivi che, si spera, metteranno tutti d’accordo, mondo del calcio e politica.
RISCHIO AUTOGOL - Sono circa 130 i milioni di euro che il calcio risparmia potendo contare sul decreto crescita, una somma di tutto rispetto. Ma soprattutto, è anche grazie alla suddetta manovra che la Serie A riesce ad avere ancora appeal verso alcuni calciatori, altrimenti attratti da altri lidi. E in un momento come questo, in cui il movimento calcistico arabo insidia con i petrol dollari la competitività e la bellezza del nostro campionato (le varie offerte al ribasso dei broadcaster ne sono il candido esempio), fare a meno del decreto crescita sarebbe un po’ come farsi autogol.
ISTUTUZIONE DEI PARAMETRI - E allora qual è la soluzione? Quello che il mondo del calcio chiede al Governo è molto semplice: «Lasciateci usufruire del decreto crescita per i calciatori ritenuti di interesse». Insomma, quelli che con la loro presenza aiutano a dare linfa all’intero movimento, come è stato per Lukaku o come potrebbe essere in futuro per un eventuale ritorno di De Zerbi, per esempio. Parametri su cui bisognerà lavorare e che probabilmente terranno conto delle presenze che un calciatore avrà stabilito in un campionato o con la maglia della propria nazionale. Manovra che potrebbe penalizzare qualche giovane, ma d’altronde, se l’Italia vuole tendere la mano ai propri talenti è un compromesso che si può accettare. Un compromesso che però, almeno secondo quanto diffuso dall’Ansa, sembr tutt’altro che scontato se invece ad emergere sono le indiscrezioni provenienti attualmente dal mondo politico. LA NOTA ANSA - La volontà politica "condivisa" all'interno del governo si tradurrà, come confermano più fonti dell'esecutivo, in uno dei decreti legislativi che accompagnano la manovra. In attesa del testo definitivo, si sa che sarà una norma che introduce restrizioni ai vantaggi anche per altre categorie di lavoratori, senza però più estenderli a quelli dello sport. Come spiegano le stesse fonti, porrà infatti fine al regime di vantaggi fiscali del decreto crescita per i lavoratori dello sport. Una legge che negli ultimi anni ha rappresentato per le società di calcio di Serie A un forte fattore di attrazione per stelle provenienti da campionati stranieri. La norma ha fino ad ora consentito alle società di garantire, a parità di costo, ingaggi più alti a giocatori con 2 anni di residenza fiscale all'estero che risiedono in Italia altrettanto tempo. In sostanza, non viene tuttora tassato il 70% della base imponibile del reddito, e addirittura il 90% al Sud. A beneficiare della misura che il decreto nominava "Rientro dei cervelli" sono stati e sono ancora anche professionisti di altri settori. Già in passato alcuni tentativi di stretta sullo sport sono falliti. E anche questa volta, nelle ore successive al Consiglio dei ministri che ha varato la manovra e il decreto legislativo in questione in materia di fiscalità internazionale, non è stato subito chiaro se per i lavoratori dello sport sarebbero rimaste "invariate le disposizioni già previste" (quelle appunto del decreto crescita). La novità - che comunque non si applicherà ai contratti già in essere - ora rischia di complicare i piani di mercato di molti dirigenti del calcio italiano in vista anche della finestra di gennaio. Le agevolazioni fiscali originarie, hanno comunicato sia Palazzo Chigi che Mef, varranno ancora invece per ricercatori e professori universitari, che godono di esenzione al 90%. All'indomani del Consiglio dei ministri, fonti di governo hanno chiarito che l'esecutivo guidato da Giorgia Meloni "è compatto" sulla "contrarietà alle agevolazioni per i calciatori". Per le altre categorie di "lavoratori impatriati", ossia dipendenti o autonomi che trasferiscono la propria residenza fiscale in Italia, i vantaggi restano ma da gennaio con requisiti più stringenti. Come spiegato nel comunicato di Palazzo Chigi, "potranno beneficiare di una riduzione della tassazione del 50 per cento, entro un limite di reddito agevolabile pari a 600.000 euro, i lavoratori in possesso dei requisiti di elevata qualificazione o specializzazione che non risultano essere già stati residenti nel nostro Paese nei tre periodi d'imposta precedenti al conseguimento della residenza". I benefici sono a fronte dell'impegno a mantenere la residenza fiscale in Italia per almeno 5 anni, altrimenti i lavoratori dovranno restituire le agevolazioni, pagando gli interessi.