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  • Cari fratelli giallorossi

    Cari fratelli giallorossi

    Cari fratelli giallorossi, chi di voi darebbe anche un solo istante di una vita da romanisti per qualche settimana di ebbrezza per l’effimera vetta della terza squadra della capitale?
    Chi scambierebbe i propri simboli, campioni del mondo, romani e romanisti, gente che non ha mai vestito altra maglia che questa, con globe trotter che hanno schizzato di qua e di là come palline di un flipper e che s’improvvisano sbiadite bandiere?
    Chi preferirebbe guardarsi indietro e vedere il braccio alzato nel saluto romano per festeggiare un goal invece del dito in bocca del nostro capitano?


    Chi di voi sarebbe andato allo stadio a tifare contro i propri colori solo per procurare un danno ad altri , arrivando a minacciare i giocatori se non avessero perso e offrendo uno spettacolo che ha offeso tutti i veri appassionati di calcio?
    Questo per dire che nel derby si affrontano non solo due squadre, ma due modi di vivere il calcio e guardare alla vita.
    Noi tifiamo i nostri colori, sempre e comunque. Noi viviamo per noi stessi, il nostro essere romanisti ci basta e ci appaga nella buona e nella cattiva sorte. Loro vivono di rancori e di rimpianti. Anche nei momenti di maggiore esaltazione, quando potrebbero gioire, invece di festeggiare serenamente scaricano vagonate di livore contro di noi, senza mai comprendere l’ironia dei nostri sfottò (a me ne hanno dette di tutti i colori - terrone era il complimento più leggero - per aver osato scherzare sulle origini del loro tifo).
    Noi siamo sereni anche per loro.
    Fuori dal campo affrontiamo questo derby con spirito gandhiano, non violento, vivendo l’antagonismo come una rivalità insopprimibile che però non può e non deve mai diventare insulto, gesto violento, cattiveria.
    Anzi, noi, da bravi cristiani, siamo convinti che prima o poi anche su di loro scenderà la luce giallorossa. Ognuno di noi ha una missione: un amico, un parente, un conoscente da redimere. Li avversiamo senza odio, ma con l’amore di chi sa di essere dalla parte giusta.
    In campo scenderemo con tutti i nostri acciacchi, gli errori commessi, le crisi di nervi, la somma ingiustizia subita con la squalifica del Capitano, ma i nostri ragazzi, anche quelli che non sono nati qui, sono ormai romani e romanisti.
    Ad aver paura sono gli altri.
    La lupa non fugge davanti all’aquila. L’azzanna. Soprattutto se è affamata.


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