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  • Chiesa al centro del villaggio azzurro: un gol dal passato e una promessa per il futuro

    Chiesa al centro del villaggio azzurro: un gol dal passato e una promessa per il futuro

    • Furio Zara
      Furio Zara
    Il gesto di questa settimana è il gol di Chiesa, proprio perché è un gol alla Chiesa. O meglio: è uno di quei gol che faceva Federico quando - prima dell’infortunio che gli ha tolto di mezzo praticamente una riga sull’almanacco - pensavamo tutti che fosse la perla più brillante nel panorama italiano della sua generazione. Il pallone ricevuto a cinquanta metri dalla porta avversaria, l’innesco del contropiede, il campo aperto - ah, la meraviglia del campo aperto: pane per i denti di Chiesa - la fuga in solitudine, la finta, l’avversario che ci casca, il leggero spostamento per decentrarsi e infine il diagonale, di sinistro, sul palo opposto. Un colpo da biliardo, alla vecchia maniera.

    UN GESTO TECNICO DI ASSOLUTO VALORE - Quando c’era Chiesa al centro del villaggio azzurro. Oggi quello stesso villaggio richiede una restaurazione, l’Italia che si è classificata terza nella Nations League è una nazionale che naviga in una terra di nessuno, tra una pattuglia di giovani che hanno necessità di giocare/giocare/giocare (e sbagliare, e fare esperienza) e qualche reduce pronto al passo d’addio. Chissà se Mancini avrà voglia di ripensarla, questa squadra. Quel che è certo è che Chiesa sta tornando il giocatore che avevamo apprezzato, uno dei pochi calciatori italiani - ricordate, si diceva così - con un profilo internazionale, uno da Premier, o da Bundesliga. “E’ stato un anno difficile - ha detto Federico - e questo gol mi ripaga di tante amarezze”. Lui di anni ne ha venticinque. E siamo nell’età - per davvero - dell’ora o mai più. Ha sempre e solo giocato in Serie A, sette stagioni tra Firenze e Torino, poco meno di quaranta gol, che non sono tanti per un attaccante (una media di poco meno di sei a stagione) ma che - negli ultimi due campionati, causa infortuni e prolungate assenze - si sono ridotti. Due quest’anno, due l’anno scorso. In Nazionale le presenze sono 42 (ha debuttato cinque anni fa, nel marzo del 2018) e i gol cinque. Ma di questa squadra Chiesa può essere il collante tra il nuovo e il vecchio, può fare da capitano ai vari Frattesi, Dimarco, Raspadori, Buongiorno, Gnonto e poi Tonali, Barella, forse Zaniolo, un misto di absolute beginners e zoccolo duro di un’Italia che deve rifarsi il look. Tirando giù il sipario su questa lunga stagione, Federico Chiesa ha dato l’appuntamento alla prossima annata. Come succede a teatro, quando gli attori salutano la platea e consegnano un arrivederci a chi li sta applaudendo. E gli applausi, oggi più che mai, suonano non tanto come un riconoscimento, ma come una promessa per il futuro.

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