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  • Chievo:|Un passo indietro

    Chievo:|Un passo indietro

    Sofferta. Difficile da giocare e figurarsi da raccontare. Brutta partita, difficile anche trovare aggettivi più efficaci di questo. Proprio brutta, una delle peggiori edizioni del Chievo, mai visto quest'anno così giù di corda, al punto da resuscitare persino un Bari palesemente in panne, come raccontavano le sue ultime 5 sconfitte. Tolto Alvarez, che cosa resta della splendida macchina da gioco di Ventura? Niente. Non a caso Sorrentino poteva pure starsene in poltrona, non sarebbe cambiato niente. Il guaio è che anche Gillet, dall'altra parte, non s'è dovuto inventare prodezze. Poca roba il Chievo di ieri, incapace di costruire tre azioni degne di questo nome, con troppa gente fuori condizione e qualche «tradimento» inatteso. Come quello di Kevin Constant, ad esempio. La controfigura del giocatore ammirato col Cesena, la brutta copia di quello (non) ammirato a Firenze. Ma tutto il Chievo ha fatto non uno, ma due passi indietro rispetto a Firenze, dove pure non era stato bellissimo. Fino a complicarsi terribilmente la vita e a meritarsi, purtroppo, i fischi della gente. Succede anche nelle migliori famiglie.

    PELLISSIERDIPENDENTI ? La domanda è inevitabile, ma prima di dare la risposta scontata (certo, il Chievo è Pellissierdipendente, ci mancherebbe...) ci sta un'altra considerazione. Non può bastae neppure l'assenza del grande capitano, insostituibile, per giustificare una serataccia così. Sarebbe stata dura anche per lui, far diventare oro palle sporche, palle storte, palle lunghe, palle corte. Un mezzo disastro, con tre-quattro assenti ingiustificati, risposte purtroppo negative per Pioli. Male Granoche, che non riesce a uscire dal tunnel nel quale s'è cacciato. Un tunnel senza via d'uscita, verrebbe da dire. El Diablo corre, s'impegna, sgomita, lotta, ma non la spunta mai. Idem, ieri sera, anche Moscardelli. Nè in mezzo al campo, ci sono state risposte migliori. Fuori dalla partita l'enigmatico Constant, che ha cercato senza mai trovarle, le giocate altre volte incantevoli che aveva mostrato. E' partito male e arrivato peggio, sbagliando anche le cose più semplici. E come lui, sullo stesso livello, l'uomo che dovrebbe accendere la luce, cioè Bogliacino. Lento, involuto, macchinoso, mai in grado di proporsi per quelle che sono le sue qualità tecniche. E quando ti mancano le punte e i due centrocampisti di qualità, dove vuoi andare?
    UN COPIONE SCONTATO. Il match è corso via così, su binari prevedibili e scontati. Poco Bari pochissimo Chievo, che pureavrebbe dovuto, se non altro per il fattore campo, metterci qualcosa in più. Pioli ha provato pure a rimescolare le carte, fuori Moscardelli e Constant, dentro De Paula e Marcolini. Col «vecchio» centrocampista (piano a chiamarlo vecchio) in grado di prendere per mano la squadra e di suscitare qualche rimpianto. Sua l'unica fiammata di una ripresa malinconica, senza lampi e senza colori, fredda e uggiosa come la serata del Bentegodi. Nè vale un rimpianto, l'ultima palla, un contrasto tra Parisi e Cesar, tamponato in qualche modo a due passi da Gillet. Gervasoni ha fatto proseguire e probabilmente ha avuto ragione. Così come è da capire chi alla fine s'è lasciato un po' andare, con fischi che il Chievo raramente ha sentito. Ma è anche vero che raramente è stato così poco «se stesso». Il problema vero in fondo, al di là del risultato e di un'altra occasione sprecata, è proprio questo. Capire perchè, questa involuzione, questa flessione, queste certezze diventate improvvisamente incertezze. Sulla strada di Genova e del vecchio amico Mimmo.


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