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  • Chirico: 'Altro che nuova Calciopoli. Agnelli tace mentre è Marotta che sbraita e condiziona la Lega Calcio'

    Chirico: 'Altro che nuova Calciopoli. Agnelli tace mentre è Marotta che sbraita e condiziona la Lega Calcio'

    • Marcello Chirico
      Marcello Chirico
    Siamo alle solite. Quando ci sono di mezzo Juventus e Inter le baruffe sono all’ordine del giorno, in campo e fuori. Stavolta ci si sta azzuffando ancora prima di giocare la partita, a conferma dello scarsa empatia tra i 2 club. Un’avversione  reciproca nata ancor prima di Calciopoli, forse anche di quella partita del 1961 giocata per un tempo e poi sospesa, prima data vinta a tavolino all’Inter, poi rinviata e rigiocata, con Angelo Moratti che per protesta mandò in campo la Primavera.

    Sessantanove anni dopo si sta riproponendo un teatrino analogo, con però sullo sfondo un problema serio come il contagio da Covid19, del quale in tanti si dimenticano quando si tratta di parlare di calcio, a cominciare dai dirigenti delle società.

    La scorsa settimana scrissi in questa rubrica che ero favorevole alle porte chiuse per l’intera Serie A, da qui a fine emergenza, e ribadisco sarebbe stata la scelta più sensata, ovviamente se imposta a tutti i club e non solo ad alcuni, per uniformità di trattamento. Al Nord, così come al Centro e al Sud. L’alternativa era la sospensione, se non addirittura l’annullamento dell’intero campionato. Come pare potrebbe accadere per Euro 2020. Perché se esiste per davvero il rischio di una pandemia da coronavirus, le misure devono essere drastiche.

    Da noi, invece, si litiga e basta. Una baraonda scatenatasi sabato mattina e che sta continuando ininterrottamente in queste ore, senza soluzione di continuità. Del coronavirus interessa relativamente, anche se nei discorsi di facciata tutti ce lo ficcano dentro,ma  l’importante è difendere il proprio particulare.

    Non mi voglio nascondere dietro ad un dito, è evidente che alla Juventus non può che giovare lo spostamento della gara con l’Inter al 13 di maggio, per ovvi motivi tecnici (la squadra non è al massimo della forma) ed economici (incassare 5 milioni di euro senza l’eventualità di dover rimborsare i biglietti).

    Al contrario, c’è chi da sabato pomeriggio sta dando di matto perché Lega Serie A, insieme a Federazione e Coni, con l’imprimatur pure del Governo, hanno deciso di non far più giocare a porte chiuse Juventus – Inter e rinviarla, non interpellando prima - dicono -  tutti i diretti interessati, ma subendo - è la loro tesi - pressioni esterne. Tanto per non sbagliare, sempre dal solito soggetto: la Juve. 

    Posizione immediatamente condivisa da note articolesse dei media e persino da mogli di calciatori. “È  sempre la stessa storia!” Cioè? “Come ai tempi di Calciopoli!”. La parolina da rispolverare ogni volta che qualcosa non va nella direzione in cui qualcuno vorrebbe.

    Mi sorge un dubbio: com’è possibile che una società, l’Inter, possa dichiararsi all’oscuro di una decisione – come dichiarato dal ministro dello sport, Spadafora –  presa collegialmente dai tre principali organi sportivi che regolano il calcio in Italia, quando all’interno del consiglio di Lega siedono due suoi rappresentanti (l’ad Antonello e il dg Marotta) e ne ha uno pure nell’organigramma federale (Marotta)?

    Non solo. Il presidente di Lega Serie A, Dal Pino, ha anche lui detto pubblicamente di avere proposto a Marotta lo spostamento della partita al lunedì e di aver ricevuto picche come risposta. Quindi, una comunicazione è intercorsa. E non posso nemmeno credere che Dal Pino (eletto,tra l’altro, anche coi voti dell’Inter ndr) abbia agito d’imperio sul rinvio, come fosse il dittatore dello Stato di Bananas. “Certe decisioni vanno prese convocando opportune riunioni straordinarie del consiglio di Lega” ha tuonato Marotta.

    Domenica ne è stata fatta proprio una, in conference call. Ovvero, standosene ciascuno a casa propria e utilizzando pc o smartphone. Per prendere una decisione è quindi sufficiente un telefono.

    Il sospetto è che qualcuno non la stia raccontando giusta e ciurli nel manico. Minacciando pure ritorsioni nel caso si tornassero a riproporre le partite a porte chiuse, non essendo state più adottate a Torino per Juve-Inter.
    Perché il nocciolo della questione è tutto e soltanto lì, in un Derby d’Italia che a Milano volevano disputare nel deserto dello Stadium, contro una Juventus già in crisi di gioco e privata pure del sostegno dei propri tifosi. Le condizioni ideali per sperare in un colpaccio.

    Un’occasione andata in fumo, da qui la fibrillazione nerazzurra, che di porte chiuse non ne vuole più sentire parlare.

    Chissenefrega se il focolaio principale del Covid19 è proprio in Lombardia, le porte chiuse Marotta e l’Inter non le vogliono più. Per principio. E anziché ricordare loro il rischio di una sconfitta a tavolino nel caso si rifiutassero di giocare in casa col Sassuolo, il governo del calcio sta provando ora ad anticipare al 9 marzo Juve – Inter. Ovviamente, a porte aperte, come consentito già per la semifinale di Coppa Italia tra Juve e Milan, perché il Piemonte è stata esclusa (per ora) dal novero delle regioni a rischio.

    Soluzione che però non sembra manco questa andare ancora bene all’Inter, né  la nuova data (nonostante il dg interista si fosse espresso a favore qualche giorno fa) né le limitazioni per l’accesso allo stadio, consentito ai non residenti nelle regioni a rischio.

    Il tutto mentre Agnelli tace, Marotta continua a lamentarsi, su radio tv e giornali, ovunque e Zhang attacca frontalmente Dal Pino, eletto pure coi voti del suo club.

    Eppure era passata la tesi che, a forzare la mano e condizionare le scelte della Lega, fossero Agnelli e la Juventus…
     

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