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  • Coni, la politica delegittima Malagò: e chi dice che sia sbagliato?
Coni, la politica delegittima Malagò: e chi dice che sia sbagliato?

Coni, la politica delegittima Malagò: e chi dice che sia sbagliato?

  • Pippo Russo
    Pippo Russo
Sono pochi i casi in cui non è esagerato parlare di cambiamento epocale. Il passaggio dalla Coni Servizi alla società Sport e Salute è uno di questi casi. Perché rivoluziona lo sport italiano nelle istituzioni su cui si regge, ma soprattutto ridisegna l'equilibrio fra il mondo dello sport e il mondo della politica.

Con un drastico ridimensionamento del Coni, il cui ruolo da Leviatano sul sistema sportivo italiano non ha pari al mondo. Questa è la fotografia della situazione. Quanto al giudizio sulla bontà o meno di questo cambiamento, è bene allontanare il tentativo di esprimersi in modo affrettato o – peggio ancora – di farlo a partire da pregiudizi ideologici o appartenenze politiche.

Si tratta di un cambiamento troppo grande, che certamente comporta dei rischi e produrrà delle crisi di rigetto. Esattamente come succede in ogni caso di mutamento che proceda non per aggiustamenti ma per cambio di regime. Soltanto quando la nuova macchina dello sport italiano sarà entrata in funzione, e avrà prodotto i primi effetti, si potrà valutare se sia valsa la pena intraprendere un percorso così incerto. Fino a allora possono essere registrate soltanto opinioni accademiche, e prese di posizione da parte di soggetti portatori d'interesse.

E in fondo, questa situazione è stata riprodotta abbastanza fedelmente nel corso dell'iniziativa di presentazione tenuta nella giornata di ieri all'Acqua Acetosa. Al di là della superflua presenza del ministro dell'Interno (per una volta privo di divise), si è assistito a un dibattito interessante non soltanto in termini di contenuti, ma anche per il messaggio che ne è sortito riguardo alla reazione che il mondo dello sport sta avendo nei confronti di questo mutamento.

È così emerso che le federazioni sportive siano molto meno preoccupate di quanto lo sia il presidente del Coni, Giovanni Malagò. Che infatti sarebbe il principale sconfitto di questo passaggio, il soggetto che verrebbe a subire la più clamorosa diminuzione di potere. È stato uno spettacolo vedergli prendere la parola ieri, mogio mogio, mentre si faceva forza per non urlare che questa rivoluzione gli fa schifo.

Ancor più curioso è stato vederlo così dimesso di fronte a un sottosegretario della Lega (Giancarlo Giorgetti, principale motore di questo passaggio che rivoluziona lo sport italiano), lui che al tempo in cui venne sorprendentemente eletto presidente del Coni teneva ben altro atteggiamento nei confronti dello stesso partito. Ricordate le intercettazioni telefoniche in cui si sentiva Malagò fare pressioni su Roberto Maroni attraverso la portavoce dell'allora presidente della Regione Lombardia, Isabella Votino (LEGGI QUI)? Diceva di valere “il 5% del PIL” e di avere “5 milioni di tesserati”. Meglio non chiedergli cosa valga adesso, perché significherebbe infierire.

Ci si trova dunque al cospetto di un passaggio rivoluzionario. Una sfida che a nostro parere va affrontata senza pregiudizi. E senza impuntarsi su quel rischio di commistione fra sport e politica che adesso qualcuno teme. Si tratta di timori mal posti. Innanzitutto perché un rapporto fra sport e politica c'è sempre stato, e chi nega ciò è semplicemente in malafede. Qualche considerazione in più merita l'argomento di chi teme che un controllo più diretto dello sport da parte dello stato (e dunque dei governi in carica) possa portare a una strumentalizzazione. A tale, legittima obiezione rispondiamo che in molti paesi sviluppati esiste un consolidato potere di controllo e indirizzo da parte dello stato (e dei governi in carica) sul mondo dello sport. E i risultati sono positivi o negativi a seconda delle stagioni politiche e del clima culturale, non certo a causa di un vizio di sistema.

Infine, c'è da dire qualcosa a proposito di un argomento da “politica politicante”: ossia, che la maggioranza in carica voglia fare un uso politico dello sport attraverso questa riforma. Essendo fra coloro che non hanno votato né questa maggioranza né il principale partito di opposizione, rispondiamo che un'iniziativa coraggiosa sullo sport italiano – e per “coraggiosa” intendiamo “svincolata da qualsiasi signoraggio del Coni” – avrebbe potuto e dovuto essere lanciata dai governi precedenti. Se non lo hanno fatto, e nemmeno pensato, è un difetto loro. Non tutte le riforme dei governi che non ci piacciono sono giocoforza delle cattive riforme. In particolare, questa va seguita e testata. Il tempo dirà se sarà avrà prodotto uno scatto in avanti o dei danni peggiori rispetto alla situazione che pretendeva di migliorare.

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