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  • Da Giampaolo ad Andreazzoli, è il fallimento del bel gioco: si salva solo Sarri

    Da Giampaolo ad Andreazzoli, è il fallimento del bel gioco: si salva solo Sarri

    • Luca Fazzini
    La ricetta per vincere? Facile a dirsi, meno a farsi. O forse nemmeno a dirsi. Perchè nessuno ha ancora scoperto codici e chiavi per arrivare con certezza al risultato. È il bello del calcio, vario e imprevedibile nonostante il passare degli anni e l'evoluzione dell'attività. La Serie A, tuttavia, si conferma campionato in cui il bel gioco non basta. Chiacchiere da bar si mischiano ad analisi approfondite e tattiche. Fazioni che si creano e opinioni contrastanti: tanti, probabilmente, ricorderanno ancora i diverbi di Allegri lo scorso anno in tv. "Giocare bene e poi arrivare secondi, non è roba che fa per me. Nel calcio ci sono le categorie, chi vince, chi non vince e chi non vince mai. Se non vinci mai, ci sarà un motivo". Parole chiare, firmate dall'ex tecnico della Juve nella conferenza stampa dell'ultimo anno.

    GIAMPAOLO E ANDREAZZOLI A PICCO - Eppure, tanti hanno coltivato il sogno di arrivare alla vittoria tramite il bel gioco. Risultati altalenanti, ma una cosa è certa: l'Italia fatica ad esaltare l'estetica del gioco. E a dirlo non è un'opinione personale, ma sono i numeri. Milan e Genoa ci hanno provato: nuovo progetto, inversione di tendenza e voglia di rilanciare i club tramite maestri della tattica. Giampaolo da una parte, Andreazzoli dall'altra. Avventure partite in pompa magna ma interrotte dopo le prime difficoltà, e un gioco nemmeno visto, fino agli esoneri insindacabili e piogge di critiche. Poca flessibilità, concetti estremamente filosofici e poco inculcati nelle menti dei giocatori: troppo brutto, per essere vero, il Milan di Giampaolo, il cui gioco non solo non era bello, ma era proprio assente. Delle prime pagine e degli elogi estivi rimane solamente un lontano ricordo, così come delle positive esperienze con Sampdoria ed Empoli. 

    E ANCHE FONSECA CI RIPENSA - Da Pegli a Bogliasco: pochi chilometri di distanza, stesso esito. Eusebio Di Francesco si era presentato all'urlo di: "questa squadra ha una mentalità, dobbiamo creare sempre gioco". Risultato? Un tracollo. Sette partite, sei sconfitte, 16 gol subiti e solo 4 fatti: un bottino che ha inevitabilmente relegato i blucerchiati all'ultimo posto in classifica. Lo stesso vale per la Roma, dove Fonseca si era presentato così: "Per me è importante difendere lontano dalla porte, il miglior modo per difendere è tener palla. Vincere non basta, voglio che la mia sia una squadra dominante, che abbia il possesso palla e giochi nella metà campo offensiva". Principi già un po' rivisti, perchè la sua Roma, nelle ultime uscite, ha mostrato una netta involuzione (dettata sì dagli infortuni, ma non solo) e un possesso palla sterile. E occhio al Sassuolo, dove lo spumeggiante gioco di De Zerbi ha sin qui portato numeri zemaniani: 14 gol fatti, 16 subiti e quart'ultimo posto. 

    VINCE SOLO SARRI - Escludendo l'Atalanta di Gasperini, che gioca un calcio unico in Italia, basato soprattutto sulla corsa e l'intensità, l'unico a sopravvivere - eccezion fatta per la scialba prova di ieri sera - è Maurizio Sarri. Meriterebbe un discorso a parte, che tenga in considerazione anche il valore della rosa. La rivluzione estiva, però, sta funzionando: le tracce di Sarrismo nel gioco bianconero sono sempre più evidenti. Gioco divertente unito a una marcia vincente: la Juve funziona. Ma il bel gioco, in quest'inizio di stagione, è stato un fallimento.

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