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    Di Francesco: 'I miei errori li ho pagati tutti, Roma-Barcellona 3-0 l'inizio del declino'

    Di Francesco: 'I miei errori li ho pagati tutti, Roma-Barcellona 3-0 l'inizio del declino'

    L’allenatore del Frosinone, Eusebio Di Francesco, ha raccontato la sua rinascita in una lettera pubblicata da ‘Cronache di spogliatoio’. Dopo 3 esoneri e due anni di inattività, la caduta si è arrestata in questa stagione, dove a Frosinone ha costruito insieme alla società una squadra giovane e arrembante, al 10° posto in Serie A.

    MOMENTO NEGATIVO - "A volte mi colpevolizzo più di quanto dovrei. I miei errori li ho pagati tutti. Più di così, credo non fosse possibile. Mi hanno dato del finito, del bollito. Gli ultimi 5 anni sono stati schifosi. Ho avuto troppe delusioni. E anche io ho deluso. Ci sono tante componenti che fanno la fortuna e la bravura di un allenatore: io non sono stato né bravo, né fortunato. Sicuramente, non nelle scelte: sono andato nei posti giusti ma nel momento sbagliato".

    IL DECLINO - "Roma-Barcellona 3-0 è stata la notte più bella, ma l’inizio della mia discesa. Dopo quel giorno, sono stato alla Sampdoria e dopo 2 partite, volevo dimettermi. Sono durato fino alla settima giornata per rispetto del mio staff, ma poi non ce l’ho fatta più: mi sentivo prigioniero come uomo. A Cagliari avevo iniziato bene, era arrivato anche il rinnovo, ma poi qualcosa si è rotto. Abbiamo deciso di rescindere. A Verona è stata l’esperienza peggiore, finita dopo 3 giornate. E poi, per due anni, sono rimasto a casa. Senza una squadra, senza poter allenare".

    ETICHETTE - "Ho sentito dire: «Di Francesco? Ma va, è finito». Dentro di me, ho sempre saputo di non dover dimostrare niente a nessuno. Soltanto a me stesso, una semplice cosa: che ero ancora in grado di fare questo lavoro. Inconsciamente, sono nati i dubbi. Non tanto legati alle capacità, ma piuttosto di saper ancora trasmettere le mie idee a un gruppo, di saperlo gestire. Tutti hanno aperto la bocca. A me piace soltanto ascoltare le critiche delle persone che stimo. Del resto, della massa, non me ne frega niente".

    PRESENTE - "Ho anche pensato di lasciare il calcio. In questo momento, però, ho una serenità addosso devastante. Il mio Frosinone sta andando bene, ma non sto facendo niente di diverso da quando il Sassuolo volava o la Sampdoria andava a picco. Certamente, ho imparato".

    RIMONTA A CAGLIARI - "Cagliari-Frosinone, vincevamo 0-3 a 20 minuti dalla fine. Abbiamo perso 4-3. Che batosta! Anni fa, sarei stato un fiume in piena. Ma non sarebbe stato giusto. Sono rientrato negli spogliatoi, ho contato fino a 10 e ho detto poco o niente. Sono rimasto zitto per un giorno e mezzo e i ragazzi hanno subito quel mio silenzio più di tante parole. Poi ci siamo parlati e due giorni dopo abbiamo passato il turno in Coppa Italia. Un ragionamento costruttivo per ciò che sto vedendo ancora adesso. Psicologicamente potevamo restare scioccati".

    BERARDI - "Ciò che io posso dire di lui, è che è un grande lavoratore. Un professionista esemplare. Ho sentito parlare di lui come un problema per un allenatore: in realtà, è solo e soltanto una risorsa. Non ha vizi, pensa solo alla famiglia. È un ragazzo chiuso, ma se gli entri dentro ti dà l’anima. È un lavoratore. Come me. Ho questo carattere e mi verrebbe innaturale comportarmi diversamente. Sembro debole? Chissenefrega. Non mi interessa ostentare. Solo essere apprezzato nel contesto in cui lavoro".
     

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