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  • Fiorentina, l'ex Socrates: il Brasile non lo ha dimenticato

    Fiorentina, l'ex Socrates: il Brasile non lo ha dimenticato

    • L.C.

    «Era molto più che un derby, molto più che la partita decisiva per lo scudetto: celebravamo un uomo speciale, un simbolo. E un calciatore fenomenale». Leandro Castan, 27 anni, difensore della Roma ed ex Corinthians, si emoziona nel ricordare quella domenica: la sfida contro il Palmeiras, il 4 dicembre 2011 allo stadio Pacaembù, poche ore dopo la morte di Socrates, iniziò con tutti - tifosi e giocatori - a salutarlo a pugno chiuso. «Quel gesto lo decidemmo nello spogliatoio», racconta Castan al quotidiano La Repubblica. «E vincemmo il titolo brasiliano, realizzando il suo desiderio: morire nel giorno in cui il Corinthians tornava a essere campione». Socrates Brasileiro Sampaio de Souza Vieira de Oliveira se ne andava, causa cirrosi epatica, da 57 anni di una vita in cui era riuscito a mischiare calcio e politica, medicina e scrittura, impegno sociale e musica. Giocatore di Corinthians e Fiorentina, Flamengo e Santos, ma soprattutto del Brasile con cui disputò due mondiali (1982, 1986). Gol, birre, sigarette e colpi di tacco. «Un libertario, il più originale tra i calciatori brasiliani», riassume sorridendo nella sua casa di San Paolo Juca Kfouri, 63 anni, scrittore e amico di Magrao, come il "dottor" Socrates veniva chiamato anche quando gli eccessi alcolici avevano ormai gonfiato il suo fisico asciutto. Oggi, sulle gradinate del vecchio Pacaembù, i tifosi del Corinthians di lui dicono che «è stato il Che Guevara del calcio». Paolo Marconi, 33 anni, leader della torcida, "Gavioes da Fiel": «Nel suo nome l' estate scorsa abbiamo manifestato contro sprechi e ingiustizie in occasione della Confederations Cup». L' eredità di Socrates è anche questa. «Aprì le porte del calcio all' arte e alla politica, alla filosofia e alla società, lasciando un segno che oggi viene riconosciuto dai ragazzi», dice Washington Olivetto, 62 anni, nel suo ufficio da direttore della più importante agenzia pubblicitaria del Brasile. Merito della Democrazia corinthiana (1982-83): concetto, anzi claim a cui contribuì Olivetto: «Con Casagrande, Wladimir e gli altri compagni, accompagnò il popolo a chiedere libere elezioni, di fatto accelerando la fine della dittatura militare». Insieme a Lula, che molti anni dopo, avrebbe offerto la carica di ministro dello Sport a Socrates, ricevendo un gentile rifiuto: «Non sono fatto per stare nelle istituzioni, rimango un ribelle». E ribelle è l' immagine trasmessa nel tempo, dalla democrazia corinthiana. «Ogni cosa veniva discussa e votata nello spogliatoio: dagli orari degli allenamenti alle scelte del club. Io all' epoca non capivo, pensavo bastasse giocare a pallone», riflette il 54enne Antônio José da Silva Filho, rimasto per tutti Biro-Biro. Una piccola folla lo assedia per un autografo, nelle strade di Brooklyn, come chiamano questo quartiere alla periferia sud di San Paolo. «Se sono diventato famoso lo devo a Socrates». A quattro ore di auto dalla megalopoli paulista, un altro ex compagno di squadra (Corinthians, nazionale), spiega invece il "tacco di Dio". «Era il suo gesto tecnico preferito, gli permetteva di passare il pallone velocemente nonostante fosse alto più di un metro e 90: non il fisico ideale per un centrocampista». Juninho Fonseca ha 55 anni e il ruolo di coordinatore delle giovanili del Botafogo di Riberao Preto: il club in cui Socrates iniziò la carriera da calciatore, la città in cui studiò da medico. «In realtà giocava pochi minuti a partita, diceva che gli bastava: un gol, un passaggio smarcante. Poi, lunghe pause. Però era un leader, in campo e fuori». Anche nel Mondiale del 1982, quando «il miglior Brasile di sempre» perse contro gli azzurri. «Nello spogliatoio c' era chi chiedeva di giocare in modo più speculativo contro l' Italia, ma Socrates pose fine alla discussione, da capitano: "Siamo il Brasile e giochiamo all' attacco"». All' attacco della vita anche dopo il calcio, Socrates si divise tra televisioni, giornali, bar e progetti mai realizzati: dalla clinica ortopedica per atleti al teatro. Fino al libro che forse diventerà autobiografia postuma, curata dalla terza e ultima moglie, Katia Bagnarelli. Per pubblicarla serve l' autorizzazione dei sei figli ancora non pervenuta. Arriva invece il ricordo dei fratelli: Sostenes, che lavora con il più "piccolo" della famiglia, Rai, ex calciatore di San Paolo e Psg, nella fondazione Gol de Letra. «Aveva una personalità fuori dal comune ed è rimasto uguale a se stesso fino alla fine. Tra gli eccessi del suo carattere, vizi compresi. Sempre sorridente, allegro: gli piaceva perdersi, tra parole, idee, amici e locali di questa città». Come la "Mercearia", bar travestito da libreria nel cuore del quartiere di Vila Madalena e gestito da Marcos Benuthe, 56 anni: «Veniva qui per incontrare gli scrittori: non è un posto da calciatori, ma d' altronde lui non era solo un calciatore». E indica con un sorriso la copertina del disco inciso da Socrates, appesa sopra il bancone. Poco più in là Michelli Provensi, 23 anni, modella e scrittrice, aggiunge: «Socrates? Un artista prestato al calcio e un simbolo di libertà che dura nel tempo. Non l' ho mai visto giocare, ma il giorno in cui morì ero allo stadio. Con il pugno alzato»

     

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