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  • Napoli-Juve, Higuain non è Maradona

    Napoli-Juve, Higuain non è Maradona

    • Matteo Quaglini
    Gonzalo Higuain non è Diego Armando Maradona. Il parallelo tecnico non è in discussione anche perché non esiste, e non è nemmeno una questione di classe fuori dal comune, è una tema di paralleli tra i due su carisma e idolatria. Si perché i napoletani che hanno la sensibilità alta e approfondita della strada hanno capito questo assunto, che pur in alcuni momenti hanno cercato di creare, non in questi giorni di polemiche forti e inutili, ma un’estate fa. 

    In quel momento, mentre Higuain viaggiava legittimamente verso Torino per ritrovare le esperienze di Madrid e della Buenos Aires di marca River, il pubblico di Napoli capiva la differenza che corre tra il grande campione che Higuain è e l’idolo che Maradona è stato. Diversità di emozione e di passione. Attenzione non si tratta dell’elogio della nostalgia, e nemmeno della retorica abusata quando non è alta, della figura romantica delle bandiere calcistiche. Si tratta, in primo luogo di capire nella partita Napoli-Higuain che si sta giocando in questi giorni i caratteri più o meno presenti nel ritratto del campione rispetto al cuore della città. E in secondo luogo, di vedere se veramente vale la pena vincerla questa partita nella partita. 

    Higuain ha fatto grandi cose a Napoli sul piano tecnico, ma qualcosa è rimasto a metà. I gesti tecnici, i guizzi, gli attacchi centrali sui cross laterali, tutto bellissimo, tutto concettualmente e tecnicamente perfetto, ma freddo. Di ghiaccio. Per questo i napoletani si sono interrogati per primi, alle iniziali voci di un possibile addio se qualcosa tra loro e l’argentino mancasse, se in fondo, col momento dell’addio che si avvicinava avvertissero l’emozione della fine, tratto dei grandi amori che finiscono lasciando il sogno del ricordo, o se ci fosse solo, la freddezza di una partenza condivisa. 

    La città ha trovato allora la seconda risposta alla sua domanda. E per questo si è sentita abbandonata. Napoli  e il Napoli pur nelle contraddizioni che animano ciascuno di noi, non hanno trovato emozione nemmeno al finale della storia perché Higuain ne è uscito come uno dei tanti che vanno via e non come l’idolo che pur lasciando si butta in un nuovo viaggio, avvincendo per questi i reduci di vecchie gloriose passioni. 

    Maradona andò via nella bufera di un mare che lo lasciò solo e in balia di molti, ma è ricordato sempre perché ha trasmesso emozione. Higuain ha solo segnato un record di 36 reti. Oggi, il grande centravanti gioca per la Juventus e forse per qualcuno è questo il motivo di tanto astio nei suoi confronti. Invece, è la mancanza di emozione che alimenta la critica. A dircelo non è solo la cronaca ma la storia. Negli anni ’60 Sivori e Altafini scesero a Napoli nell’anno delle loro liti con Juventus e Milan, il 1965, e animarono la città con la loro suggestione che li ricambiò con momenti memorabili. Il grande José poi fece il percorso inverso e nel 1975, dieci anni dopo,  tolse uno scudetto al Napoli di Vinicio. Forse qualche critica, qualche impreco per il sosia del grande Valentino Mazzola, ma mai la critica sull’emotività anche e soprattutto in quel momento di piacere negativo. 

    Ecco dunque il punto della contesa dialettica della vigilia, la suggestione. Tutti e quattro sudamericani, tutti e quattro grandissimi ma solo tre emotivi. Di là però c’è sempre un campione che per la sua classe merita rispetto, ammirazione e stima. E che ha legittimamente scelto una strada diversa per arrivare a nuovi traguardi. Le polemiche aspre non servono, la retorica del tradimento nemmeno, perché ciascuno è libero nel scegliere la sua strada e nel fare la sua storia. Senza costrizioni. La controprova, ora che il grande bomber torna, sta nel fatto che è più affascinante giocare Napoli-Juventus che Napoli-Higuain, potete starne certi. 

    @MQuaglini

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