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  • Il Bayern passeggia sulle macerie del Barcellona: squadra indegna di Messi, ora rischia una rivoluzione senza Leo

    Il Bayern passeggia sulle macerie del Barcellona: squadra indegna di Messi, ora rischia una rivoluzione senza Leo

    • Giancarlo Padovan
      Giancarlo Padovan
    Una mattanza (8-2), non una partita. Meno che mai un quarto di finale della Champions League. Il Bayern Monaco vola in semifinale dove, presumibilmente, affronterà il City di Guardiola, e si candida da subito alla vittoria finale della competizione. Il Barcellona, invece, subisce la più clamorosa umiliazione della sua trionfale storia recente. Per trovare una sconfitta così clamorosa bisogna risalire al 1946 contro il Siviglia in Coppa del Re. Molte teste voleranno, a cominciare da quella dell’allenatore Quique Setien, ma non è escluso che anche Messi ritenga indegna del suo valore una squadra che finisce seppellita di gol, annichilita e martoriata, con la testa bassa e un’incapacità congenita nel produrre manovre in continuità.

    La reazione c’è stata solo dopo il primo gol di Müller (3’), ma il pareggio (7’, autogol di Alaba) non solo è durato poco, ma è venuto da un atteggiamento sventato della difesa bavarese, sempre altissima e, nella circostanza, incapace di correre all’indietro. Alaba, poi, è stato protagonista di un  infortunio goffo e decisamente evitabile. E’ vero che il Barcellona, nel giro di tre minuti, cioé dal 7’ al 10’ ha avuto due occasioni clamorose (Suarez, solissimo, che tira addosso a Neuer e un palo di Messi), ma è altrettanto vero che dopo si è spenta la luce e i catalani hanno subìto tre gol in meno di dieci minuti: prima ha segnato Perisic, gran diagonale su assist di Gnabry in pressione solitaria; poi lo stesso Gnabry servito da Goretzka e, infine, di nuovo Thomas Müller grazie ad un cross di Kimmich.

    Ma da cosa è disceso tanto dominio del Bayern? Prima di tutto dalla forza fisica debordante. In secondo luogo dal pressing ultra offensivo. E per terzo elemento dalla condizione fisica brillantissima. Poi, è ovvio, ci sono anche le qualità tecniche, ma per giocare un calcio ad altissime frequenze bisogna stare bene con la testa e con le gambe. Se a questa considerazione aggiungiamo che il Bayern ha vinto praticamente sempre, cioè prima della pausa per il Covid e dopo e adesso, dobbiamo concludere che questa squadra non ha sbagliato nulla nella fase della preparazione. Dalla fine della Bundesliga a oggi è passato più di un mese, ma i bavaresi non solo non hanno perso il ritmo partita, ma lo hanno pure incrementato. Tanto, tantissimo, sta facendo l’allenatore Hans Dieter Flick, 55 anni, esordiente in Champions, ma con un campionato e una Coppa di Germania già vinte. Parlare di triplete non è azzardato, come evidentemente non è stato un azzardo lanciare nella mischia uno che finora aveva fatto prevalentemente il vice (ha guidato solo l’Hoffenheim). Se non è bravo di suo, ha certamente imparato bene.

    Che cosa sa fare questo Bayern? Praticamente tutto. Attaccare con tanti uomini, creare superiorità numerica sulle fasce, commettere pochissimi errori nei passaggi. E, soprattutto, recuperare palla in avanti con il gegenpressing attuato da Klopp. Così facendo qualche rischio si corre in difesa, sia perché si gioca con tantissimo spazio dietro le spalle, sia perché a volte si deve difendere uno contro uno, cioè a sistema puro, come fa l’Atalanta. E’ stato così - cioè nell’uno contro uno ben sfruttato - che Suarez (57’) è tornato a segnare fuori casa. Ma è stato un lampo, il 2-4 ha resistito poco visto che Davies, uno degli esterni bassi più forti al mondo, ha stracciato due volte Semedo sull’out di sinistra (destra per il Barcellona), è andato fino alla linea di fondo, ha fatto ancora un passo e poi ha scaricato per Kimmich in mezzo all’area. Tocco di prima e gol del 5-2 che merita una chiosa a parte. Il Bayern, nella circostanza, ha portato due terzini nell’area avversaria, uno per l’assist e l’altro per il gol.

    Da lì in avanti è stato un supplizio per il Barcellona e una passeggiata per il Bayern che non si è fermato né con Lewandowski (82’), né con il neo entrato Coutinho, che a fine anno rientrerà al Barcellona, autore di una doppietta. Coutinho, tanto per capire le eccedenze, nel Bayern è una riserva e questo spiega quanto la rosa sia vasta e competitiva. Messi non è esistito, Vidal - dal primo minuto al posto di Griezmann - ha saputo solo protestare. Busquets, un tempo baluardo davanti alla difesa, è un calciatore buono per la Cina o le Americhe, Piqué ha difeso poco e male, ter Stegen ha spesso cominciato l’azione mettendo in difficoltà i compagni. Dove era stato eretto un grande Barcellona ora ci sono solo macerie. E ripartire sarà durissima. A maggior ragione se Messi, dopo una disfatta del genere, decidesse di andarsene. Magari all’Inter.







    @gia_pad

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