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Immobile è davvero una grande punta?

Immobile è davvero una grande punta?

  • Antonio Martines
Qual è il vero valore di Ciro Immobile? Una domanda che potrebbe sembrare irriverente e inopportuna ai tifosi della Lazio, ma non a quelli della Nazionale, che ogni volta che lo attendono fiduciosi ad una prova decisiva, si ritrovano puntualmente delusi. Come nella sua ultima partita, dove ancora una volta l'oggetto della discordia è il suo digiuno in uno 0-0 novembrino, esattamente come un anno fa e sempre a San Siro, anche se per fortuna, l'amarezza non è la stessa di un anno fa, perché quello contro la Svezia fu un disastro di proporzioni storiche, che costituirà per sempre una delle peggiori macchie nella storia del tricolore azzurro, mentre quello contro il Portogallo costituisce solo una delusione, legata soprattutto al fatto che nel corso della partita non si è riusciti a concretizzare la gran mole di gioco espressa. Mancini qualche tempo fa pronunciò la famosa frase “non ho un attaccante che segna”, una frase che li per li sembrava il classico stimolo provocatorio lanciato urbi et orbi,che però evidentemente non arrivò a farsi ascoltare dalle orecchie giuste, e le orecchie giuste non potevano essere che quelle di Ciro Immobile, l'attaccante che al di là di ogni discorso, oggi come oggi, è il più importante attaccante del nostro panorama nazionale, con buona pace dei vari Balotelli, Belotti, Lasagna e via discorrendo.

Proprio per questo motivo è giusto criticarlo, proprio per questo motivo non sono accettabili errori come quello commesso nei primi minuti della partita contro il Portogallo. Un errore oltreché tecnico, soprattutto psicologico, perché quella palla ribattuta dal portiere sul tiro di Insigne, meritava solo di essere messa dentro e si trattava di un'occasione più difficile da sbagliare che da realizzare. Ritorna quindi la domanda proposta all'inizio: qual è il vero valore di Immobile? Quello che possono apprezzare con grande soddisfazione i tifosi laziali ogni domenica da ormai due stagioni a questa parte, oppure quello deludente e impalpabile che sta caratterizzando la sua esperienza in azzurro? Teoricamente potremmo aggiungere alle delusioni internazionali anche le esperienze in chiaroscuro a Dortmund e Siviglia, ma li il discorso va molto circostanziato, perché quel Borussia era a fine ciclo e la Westfalia si dimostrò per lui un ambiente fin da subito ostile e totalmente alieno.

Discorso diverso quello che si ebbe invece in terra andalusa alla corte del Siviglia, dove nonostante l'ambiente fosse sicuramente più congeniale alle sue caratteristiche umane, comunque non seppe ritagliarsi lo spazio che avrebbe potuto meritare, in parte perché non era in cima alla lista dei pensieri di Emery, in parte perchè anche in quell'occasione  dimostrò poca grinta nel sapersi giocare quelle poche carte che aveva disposizione. E qui arriviamo dunque al punto principale del problema, e cioè al fatto che evidentemente questo giocatore, pur avendo ampiamente dimostrato di essere in possesso di una caratura tecnica di livello abbastanza alto, non è però in possesso di quella cattiveria e di quella personalità, necessarie per poter emergere soprattutto in quelle partite internazionali da dentro o fuori. Un limite non da poco per un giocatore che pure è stato capace di diventare per due volte capocannoniere in Serie A (13/14 e 17/18) e una volta in Europa League, proprio la scorsa stagione, Un limite che cozza soprattutto con quella media di 0,75 gol a partita, frutto di ben 60 reti in 80 partite con la maglia della Lazio, a dimostrazione del fatto che forse in questo giocatore c'è soprattutto un blocco, una qualche forma di insicurezza che però si manifesta solo ed esclusivamente nelle occasioni più importanti.

Immobile deve trovare il coraggio e la forza di spingersi più in là, evitando il rischio di adagiarsi in quella zona comfort che sta rischiando di diventare la sua Lazio, e lo deve fare soprattutto ricordandosi che se è arrivato fin qui, lo deve soprattutto a se stesso, come in quell'occasione in cui da ragazzino ebbe il coraggio di dire bruscamente a sua madre - che gli chiedeva che cosa ci facesse li - di andarsene via e di non mettergli strane idee in testa, dopo che era andato a trovarlo per il suo compleanno a Torino. Una risposta di carattere per un ragazzino appena adolescente, una risposta che gli consentì di diventare un calciatore professionista, una risposta che questa volta dovrà dare soprattutto a chi pone dubbi sul suo reale valore.

@Dragomironero

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