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  • In cerca di normalità, Trump spinge per il ritorno in campo degli atleti

    In cerca di normalità, Trump spinge per il ritorno in campo degli atleti

    • Pippo Russo
      Pippo Russo
    Stanco di vedere repliche in tv. Fra un attacco alla Cina e uno scontro frontale con l'OMS, intervallato dai continui contrasti coi governatori degli stati, Donald Trump non perde di vista lo sport. Non tanto perché ne sia appassionato, quanto perché la ripresa delle competizioni sarebbe uno dei segni più tangibili del ritorno alla normalità. E per un presidente che nel rapporto col Covid-19 ha avuto fin dall'inizio un problema di principio di realtà, il “feel good factor” generato dalla ripresa dell'attività sportiva costituirebbe un elemento di supporto in termini propagandistici. Per questo vuole che i canali televisivi tornino a trasmettere eventi in diretta anziché dare fondo ai materiali d'archivio. E soprattutto pressa affinché i tifosi affollino di nuovo gli impianti sportivi, riattivando quel clima di festa che è un antidoto per qualsiasi allarme sociale. E in vista della campagna per la rielezione Trump ha un forte bisogno di mettere al più presto fine al clima d'opinione allarmato più che al virus stesso.
    Proprio l'esigenza di rivedere i tifosi negli impianti è stata il motivo conduttore di una conference call tenuta il 4 aprile 2020 da Trump coi commissioner delle leghe professionistiche, coi dirigenti delle federazioni nazionali e con altri soggetti coinvolti nel processo decisionale che porterà alla riapertura dell'attività sportiva d'alta competizione.

    Come ha riferito Espn, il presidente Usa ha sollecitato i dirigenti a riprendere quanto prima. E in particolare ha auspicato che il ritorno in campo della NFL avvenga secondo i tempi previsti dal calendario, cioè a settembre. Una prospettiva che in termini di calendario potrebbe anche non escludersi, ma che certo non può essere azionata soltanto perché il volere presidenziale va in quella direzione. La risposta dei commissioner, durante e dopo la conference call, è stata tiepida. Certo non in linea con l'atteggiamento mostrato poche ore dopo da Trump, durante il successivo briefing con la stampa. Inoltre il presidente ha anche compiuto una grave mancanza non convocando per la conference call la commissioner della National Women Soccer League (NWSL), Lisa Baird. Non l'ennesimo gesto di sessismo (al meeting telefonico era infatti presente anche Cathy Engelbert, commissioner della WNBA) da parte di un presidente che su questo versante non si è fatto mancare nulla, ma piuttosto un nuovo episodio della guerra fra Trump e il calcio femminile Usa, esplosa a margine dei mondiali vinti in Francia dalla nazionale la scorsa estate.

    Ma al di là delle polemiche con i singoli settori dello sport Usa, rimane il fatto che da parte degli organizzatori l'atteggiamento sia distaccato. Rafforzato in ciò dal sostegno dei governatori degli stati, che anche su questo fronte vanno in direzione opposta rispetto al presidente. E proprio perché ha riscontrato un'accoglienza tanto distaccata Trump è tornato alla carica nei giorni scorsi. Quando ha affermato di averne abbastanza di vedere in tv partite di baseball giocate 14 anni fa. Perciò ha provato una nuova manovra di avvicinamento con commissioner e proprietari di franchigia, coinvolgendo alcuni di loro in un panel convocato per studiare le manovre di riavvio dell'economia Usa. Basterà? Al momento sembra di no, ma certamente Trump non demorde. Del resto non sembrano mancargli volontà e tempo. Specie quest'ultimo, se davvero ha da buttarne per vedere partite di baseball di 14 anni intanto che il paese si dibatte nell'emergenza da Covid-19.
    @pippoevai

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