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  • Inter, la dura scalata di Dimarco: i due colpi di scena che hanno cambiato la sua carriera

    Inter, la dura scalata di Dimarco: i due colpi di scena che hanno cambiato la sua carriera

    • Pasquale Guarro
    Quanto lontani sono quei tempi in cui l’Inter non era per niente convinta che Dimarco potesse esprimersi ad alti livelli. E quanto è vicino quel giugno del 2023, mese e anno in cui la Uefa ha inserito l’esterno nella Top 11 dei migliori calciatori della Champions, competizione che ha visto i nerazzurri finalisti contro il City di Guardiola. Non è una critica, ma un dato di fatto, perché nella vita e nel lavoro l’impegno e il sacrificio potrebbero anche non risultare sufficienti e una buona dose di fortuna è ciò che serve per raggiungere ambiti traguardi, o almeno per farlo nei tempi giusti. Chissà quanto si sarà mangiato le mani Setti, presidente del Verona che avrebbe potuto riscattare Dimarco per 7 milioni di euro e che invece decise di non procedere, rispedendo il calciatore al mittente. Dimas, così lo chiamano i compagni, aveva lavorato per un’intera stagione  con Juric, crescendo come terzo di difesa e questo aspetto spinse Inzaghi a ragionare con prudenza sul calciatore. 

    QUANDO SEI INCUDINE - Pur di tenersi stretta l’Inter, Dimarco si rese disponibile nel proseguire da difensore anche in nerazzurro, mascherando l’avversione verso quel tipo di impiego. Ma c’è un tempo in cui sei incudine e un tempo in cui sei martello, e questo è un principio che Dimarco ha dimostrato di saper seguire. Dopo i primi mesi di integrazione nel gruppo è iniziato il silenzioso lavoro ai fianchi di Inzaghi affinché il tecnico iniziasse ad avanzare il suo raggio d’azione ma la presenza di Perisic rallentava in qualche modo questo processo. E qui arriva il secondo colpo di fortuna della carriera di Federico Dimarco: a seguito di un lungo temporeggiare, dopo aver preso consapevolezza dei vari problemi di Gosens, Ausilio e Marotta decidono di offrire a Perisic il rinnovo alle cifre richieste dal croato, ma a quel punto Ivan il terribile, offeso e risentito, scelse di cedere alla corte di Conte e del Tottenham, dopo essersi sfogato davanti alle telecamere al termine della finale di Coppa Italia vinta ai danni della Juventus con una sua doppietta: “Non si aspetta l'ultimo momento, con i giocatori importanti, non si fa così, lo dovete sapere”. Pochi giorni dopo l’Inter ufficializza quello che sarebbe stato l’addio che avrebbe poi concesso a Dimarco di ereditare quel posto che aveva sempre bramato. 

    CHE FEELING - Da qui in avanti finisce la fortuna e iniziano i meriti, partita dopo partita Dimarco cresce in consapevolezza e inizia a plasmarsi con il resto della squadra fino a diventarne indispensabile per quel suo modo unico di interpretare il ruolo. Una naturale evoluzione resa possibile anche grazie all’intesa nata con Alessandro Bastoni, che lavora alle sue spalle. I due si muovono come due dita della stessa mano, si intuiscono, si lasciano spazio e quando Bastoni prende campo, Dimarco abbandona la corsia laterale per aggredire lo spazio in mezzo al campo, decidendo in base al momento e alla disposizione avversaria se attaccare la profondità o se agire tra le linee, come ha fatto ieri sera contro l’Empoli, quando ha colpito di prima intenzione dalla zolla che solitamente appartiene a un trequartista. Non c’è niente di casuale, è tutto istinto, lavoro e intelligenza. E in supporto arrivano anche le statistiche ieri rese pubbliche da Opta: sono 4 gli esterni di difesa nerazzurri che negli ultimi 20 anni hanno preso parte a più di 10 reti. In cima c’è Maicon con 17, segue Hakimi con 15 e chiudono la classifica Nagatomo e Dimarco a quota 11, con l’italiano che però ha ancora qualche partita a disposizione per migliorare il record. Quanto è cresciuto Federico Dimarco!

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