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  • L'amore per la Roma, la 'pizza' in faccia per la Lazio: addio maestro Morricone

    L'amore per la Roma, la 'pizza' in faccia per la Lazio: addio maestro Morricone

    • Furio Zara
      Furio Zara
    La colonna sonora di molti italiani rimanda direttamente al genio di Ennio Morricone, maestro assoluto, musicista e compositore che ha segnato in maniera definitiva la nostra memoria collettiva lasciando - con sue le musiche ad accompagnare decine e decine di film - una traccia pulsante di emozioni che scavalla le generazioni e appartiene a tutti. Morricone si è spento ieri, aveva 91 anni, era da giorni ricoverato in una clinica di Roma per la rottura del femore: da “C’era una volta in America” a “Mission”, da «Per un pugno di dollari” a “Nuovo Cinema Paradiso”, dai film di Sergio Leone a quelli di Quentin Tarantino il suo lascito è enorme e inestimabile. Vogliamo qui ricordarlo nella prospettiva calcistica di un romano verace, tifosissimo della Roma fin dall’infanzia, fin dai tempi della scuola, frequentata con un amichetto che sarebbe diventato un compagno di avventura nella vita: Sergio Leone (che invece era laziale). Andavano all’Olimpico insieme e - per compiacerlo - Leone si mischiava con i tifosi giallorossi. La cosa andò avanti per parecchi anni. Una volta - durante un derby - Leone si alzò ed esultò come un forsennato ad un gol della Lazio. Al che Morricone ci rimase di sasso e scherzosamente (ma chissà poi quanto) disse all’amico: «Da oggi in avanti a vedere la Roma con te non ci vengo più».

    Il battesimo però avvenne ancora prima, al Campo del Testaccio, accompagnato da suo padre. «Avevamo un posto in piedi dietro alla porta, ero a pochi metri da Guido Masetti…- ha raccontato Morricone al sito ufficiale della Roma qualche anno fa - quel giorno in porta c’era lui mi sembra di ricordare, era un Roma-Juventus 1-0». Quella partita - nel racconto di Morricone - servì a «cancellare una macchia». Era successo infatti che il futuro compositore, cominciata la prima elementare, si era dichiarato tifoso della Lazio, ma senza un motivo particolare. In quella classe c’erano tanti bambini rifossi della Lazio, e così Ennio si era accodato. «Aho, sei laziale anche tu?», gli avevano chiesto. E lui: «Certo che so’ laziale!». Appena lo seppe il padre gli volle parlare. «Mi hanno detto che tifi Lazio», gli disse. E il piccolo Ennio rispose: «Sì, ai miei compagni ho detto che tifo Lazio». Ma non era molto convinto neppure lui. Tanto che la risposta del padre - Ma non ti vergogni?» - seguito da «una pizza» in faccia, servì a fugare ogni dubbio. «Ci pensai un po’ su e diventati subito romanista», spiegò Morricone al magazine ufficiale del club, «La Roma».

    Il suo idolo era Giacomo Losi, il «Core de Roma», quindici anni in giallorosso dal 1955 al 1969, 455 presenze totali e 2 sole reti, terzo romanista di ogni epoca dopo Francesco Totti e Daniele De Rossi. Di Losi Morricone apprezzava il coraggio, la lealtà, lo spirito indomito; tutte le qualità che ne fecero una leggenda giallorossa. In quell’intervista Morricone ricordava anche un Roma-Juventus 2-1 del 1993 come «una delle partite più belle a cui ho assistito». Quella volta la Roma - allenata da Boskov - vinse in rimonta, dopo che la Juve del Trap era passata in vantaggio con un gol di Roby Baggio. Di Giannini e Hassler i gol dei giallorossi. Era un tifoso tranquillo, non si agitava. Nel libro “Ennio un maestro”, nella conversazione fra Tornatore e Morricone su musica e cinema, emerge questo ricordo calcistico: «Mi arrabbio quando la Roma sbaglia, ma sono un tifoso composto, quando la Roma segna resto seduto, nemmeno allo stadio mi lasciavo andare. Chissà, il mio era una specie di pudore». Morricone ebbe anche un ruolo ufficiale nella consulta di «romanisti doc» creata nel 1991 dal presidente della società Giuseppe Ciarrapico. Tra gli altri c’erano anche Antonello Venditti, Lando Fiorini, Ornella Muti, Loretta Goggi, Lorella Cuccarini, Gigi Proietti.

    Tra le centinaia e centinaia di colonne sonore ce n’è anche una molto particolare: è l’inno ufficiale dei Mondiali del 1978 in Argentina, i Mondiali dei generali nel paese sotto dittatura, il torneo dietro il cui sipario si celavano le torture e gli assassinii, le morti e i desaparecidos. A Morricone quell’inno non piaceva nemmeno tanto. Da perfezionista quale era, non gli sembrava un prodotto riuscito. Decisamente più soddisfacente invece era il risultato ottenuto per l’inno ufficiale di Milano-Cortina 2026 scritto con Mogol, opera che di fatto chiuderà la straordinaria carriera di uno dei più grandi compositori dell’ultimo secolo di musica.

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