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  • L'eterno ritorno di Sinisa, mister esonero affetto da pareggite acuta

    L'eterno ritorno di Sinisa, mister esonero affetto da pareggite acuta

    • Giancarlo Padovan
    E’ davvero sorprendente che un allenatore mediocre come Sinisa Mihajlovic trovi ancora posto sulle panchine della Serie A italianaDelle nove esperienze intraprese nel nostro calcio, ben quattro si sono concluse con un esonero e quelle portate a termine hanno prodotto un risultato modesto (si va dal settimo al nono posto)  nonostante le squadre affidategli fossero di buona qualità. Parlo di Fiorentina, Sampdoria e Torino. 

    Il primo esonero fu a Bologna, dove è tornato, e risale alla stagione 2008-2009. Se adesso Mihajlovic subentra a Filippo Inzaghi, allora sostituì Arrigoni con esiti desolanti: quattro vittorie, otto pareggi, nove sconfitte, media di meno di un punto a partita. Lasciò a Papadopulo che salvò la squadra. A Firenze lo mandano via dopo dieci partite della seconda stagione (la prima la chiude al nono posto) a sèguito della sconfitta interna con il Chievo, il 7 novembre 2011. Anche in questo caso il bilancio è magro: tre vittorie, tre pareggi, quattro sconfitte. Arriva Delio Rossi, cacciato a sua volta, perché dopo una sostituzione prende a pugni Ljajic, serbo come Sinisa, ma questa è solo una coincidenza.
    Con il Milan, nella stagione 2015-2016, l’esonero che forse fa più male perché oggettivamente il meno giusto. Mihajlovic aveva già conquistato la finale di Coppa Italia, però il 9 aprile perde in rimonta dalla Juve. Siamo alla trentaduesima giornata e il campionato ha detto quasi tutto. Berlusconi però non ci sente e chiama Brocchi, il suo protetto, per le ultime sei. Quel Milan perderà anche la finale di Coppa e Brocchi finirà prima in Cina (vice di Capello) e poi al Monza (di nuovo con Berlusconi e Galliani). Un derby di Coppa è fatale a Sinisa anche poco più di un anno fa (4 gennaio 2018). Il problema, però, non è l’eliminazione perpetrata dalla Juventus, ma il decimo posto in classifica dei granata e la sola vittorie nelle ultime otto gare di campionato.

    In Mihajlovic prevalgono due caratteristiche: dura poco (ha iniziato e concluso solo tre campionati con la Fiorentina, la Sampdoria e il Torino) e pareggia molto. Troppo. Su 245 panchine collezionate in serie A ha pareggiato 92 partite (il 37 per cento), ne ha vinte 82, perse 71. Un mediocre assoluto, come tutti quelli affetti da “pareggite”. Si sa, infatti, che il valore del pareggio è stato deprezzato dalla stagione ’94-’95 quando i tre punti per la vittoria hanno imposto un altro modo di pensare e giocare al calcio. La maggioranza degli allenatori sa che gli obiettivi si raggiungono con la vittoria e che i pareggi rappresentano una mezza sconfitta. Mihajlovic, forse suo malgrado, sembra rimasto indietro e, forse sarà per questa ragione, che il suo gioco speculativo non incontra il favore del pubblico tifoso.

    Stranamente, però, la critica ufficiale non osa criticarlo. Anzi il nome di Mihajlovic è spesso associato alla grinta e alla combattività, allo spirito di sacrificio e alla durezza degli allenamenti (che, dopo qualche sconfitta particolarmente sanguinosa, non esita a collocare ad orari antelucani) quasi fossero valori superiori, il marchio di una qualità popolare, quindi largamente condivisa. Non spacca il fronte neppure il fatto che le sue uscite pubbliche siano spesso sgradevoli (come dimenticare il suo attacco di misoginìa quando rifiutò la risposta a Mikaela Calcagno, definendola sprezzantemente “presentatrice”) o del tutto censurabili. Sulla sua amicizia con Zeljko Raznatovic, altrimenti detto Arkan, ex capo ultrà della Stella Rossa e criminale serbo nelle guerre della Jugoslavia, sono stati scritti addirittura pezzi in lode della sua, di Mihajlovic intendo, fedeltà e coerenza.

    Nella poco luminosa carriera di Mihajlovic non poteva mancare l’incarico di c.t. della Nazionale serba. Un altro flop. Infatti, dopo aver lasciato a casa Ljajic perchè non cantava l’inno, la squadra non riuscì a qualificarsi per la Coppa del Mondo del 2014. In quel caso, Mihajlovic non fu esonerato. Ebbe la bontà di dimettersi per tornare nel campionato italiano, l’unico sempre disposto  ad aprirgli le porte.    

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