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  • La lezione di Ranieri, il signore della panchina

    La lezione di Ranieri, il signore della panchina

    • Alberto Polverosi
      Alberto Polverosi
    Raccogliamo al volo, e con grande piacere, l’invito del lettore “Meeelooo” che, in un post sulla partita fra Lazio e Bologna, ha scritto: “Non c’entra niente con la Lazio ma dico, un bell’articolo su Sir Claudio Ranieri lo vogliamo fare? Grande allenatore e soprattutto grande uomo, non solo ha vinto contro Lazio e Atalanta ma l'ho anche visto andare a rialzare un suo giocatore che rotolava in campo per perdere tempo. Che dire!? Un signore”. Firmato, appunto: Meeelooo. Anche noi siamo Meeelooo. Ranieri è un grande allenatore, come dice la sua carriera, e un grande signore come chi scrive può testimoniare. Non ha ricevuto dalla critica quanto avrebbe meritato e il motivo è molto semplice: non è un personaggio. Non spacca, non divide, non fa discutere, non è televisivo. Ranieri passa per un uomo tranquillo e lo è, ma la tranquillità non è sinonimo di morbidezza né tanto meno di debolezza come taluni pensano.

    Quando arrivò alla Fiorentina, uno dei tanti punti alti della sua carriera, tolse la fascia di capitano ad Effenberg perché aveva preso l’abitudine di rientrare sempre in ritardo dai suoi viaggi in Germania; quando passò al Valencia, mise in un angolo la vecchia guardia, che si era adagiata, lanciò i giovani e li portò al successo; quando ha allenato la Roma, per ribaltare un derby ha tolto Totti e De Rossi alla fine del primo tempo e quel derby l’ha vinto. Già, a Roma per denigrarlo lo chiamavano il “minestraro” e a Firenze all’ultima giornata gli fecero uno striscione: “Ranieri facci l’ultima magia, sparisci”. Il calcio è questo e Ranieri lo sa.

    Continua a vincere giocando un calcio semplice, equilibrato, organizzato ed efficace. Non vince con effetti speciali, ma facendo le cose sensate. Allena da 34 anni e chi vede le sue squadre coglie subito l’equilibrio. Possono esserci giocatori scarsi, ma non c’è mai un giocatore fuori posto. Anche lui ha sbagliato qualche scelta (in Grecia come ct ha fallito), ma le sue vittorie e le sue imprese sono decisamente superiori a quelle di molti suoi colleghi acclamati dalle folle. Le riassumiamo per chi ha poca memoria.

    Dopo due anni di apprendistato col Vigor Lamezia e il Campania Puteolana va in Serie C a Cagliari, dove lo porta il suo mèntore Carmine Longo: promozioni a catena dalla C alla A, con salvezza in A e vittoria della Coppa Italia di C. E’ lui a far acquistare al club sardo Fonseca e Francescoli. Va al Napoli nel 91-92, è il primo anno del dopo-Maradona e arriva 4° (l’anno prima, con Diego, il Napoli era arrivato 8°), alla seconda stagione Ferlaino lo licenzia perché aveva difeso la squadra. Passa alla Fiorentina in Serie B, va in testa al campionato alla prima giornata e conquista la promozione con largo anticipo, vince la Coppa Italia e la Supercoppa Italiana, prima squadra non vincitrice del campionato a conquistarla, peraltro a San Siro contro il Milan. In Coppa delle Coppe viene eliminato in semifinale dal Barcellona di Figo e Ronaldo pareggiando 1-1 al Camp Nou, nella memorabile serata in cui Batistuta segna e col ditino sulla bocca fa zittire i 100.00 catalani in tribuna, solo perché un assurdo arbitro tedesco ferma Robbiati che sta entrando da solo in area: fischia la fine della partita... Si trasferisce all’estero, a Valencia, coppa Intertoto e Coppa del Re, con una indimenticabile vittoria in semifinale: 6-0 al Real Madrid. E’ Ranieri a costruire la squadra che Cuper porterà per due volte in finale di Champions League. Resta in Spagna e sbaglia la stagione all’Atletico Madrid. Va in Inghilterra, al Chelsea che non ha ancora Abramovich come proprietario. Ha una fantastica intuizione: fa acquistare Lampard che resterà legato a vita a Ranieri. Perde la Champions nella semifinale con il Monaco e siamo già al 2004. Si fida dei suoi amici di Valencia, ci torna e commette un errore. E’ il 2005 e si ferma per un anno. Per molti ha chiuso con la panchina e a pensarci ora viene da ridere.

    Torna in Italia perché lo chiama Ghirardi a Parma dopo la 21a, quando la squadra è diciannovesima e disperata: Ranieri chiude il campionato al 12° posto rilanciando uno straordinario Pepito Rossi. Lo ingaggia la Juve appena tornata in A e Claudio la trascina subito al 3° posto, in zona-Champions. L’anno dopo, in un ambiente negativo nei suoi confronti, viene esonerato a due partite dalla fine quando la squadra è di nuovo in Champions. Torna a casa, a Roma, perde lo scudetto per due punti anche perché i tifosi laziali...inducono la loro squadra a perdere all’Olimpico contro l’Inter. Quel secondo posto è comunque il miglior piazzamento, insieme a quelli di Garcia, dell’ultimo decennio giallorosso. Mezza stagione sbagliata all’Inter e di nuovo all’estero, al Monaco, in  Ligue 2. Lo riporta subito in Ligue1 e l’anno dopo conquista la zona-Champions. Vorremmo sorvolare su Leicester perché lì usciamo dal calcio ed entriamo nella leggenda con una Premier vinta da una squadra che avrebbe dovuto salvarsi. E l’anno dopo a Leicester hanno il coraggio di licenziarlo... Resta all’estero, un campionato al Nantes, un’altra mezza stagione negativa al Fulham e il ritorno alla Roma per sistemare i problemi della squadra. Infine la Samp, con la salvezza di un anno fa e i 9 punti attuali con le vittorie di Firenze, contro la Lazio e a Bergamo. Può bastare?

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