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  • La richiesta di Sarabia: 'Anche i calciatori dovrebbero avere il congedo di paternità'

    La richiesta di Sarabia: 'Anche i calciatori dovrebbero avere il congedo di paternità'

    Ovunque i calciatori vengono visti con una sorta di patina da privilegiati: sono giovani, ricchissimi e hanno il mondo ai loro piedi. Difficilmente viene da pensare che abbiano, soprattutto ad alti livelli, ancora delle battaglie sociali da combattere, che possano lamentare di diritti che gli vengono negati, di avere insomma problemi nella loro patinata vita quotidiana che sono molto più concreti e vicini ai nostri di quanto spesso pensiamo. Di questo ha parlato Pablo Sarabia, fantasista del Wolverhampton e della nazionale spagnola, dove è tornato dopo un anno e mezzo e che, a El Mundo, ha aperto questo vaso di Pandora.

    VITA NUOVA - "I primi mesi in Inghilterra sono andati davvero bene. Ho iniziato a giocare e a fare bene. Ma sentivo che stavano accadendo molte cose su cui non avevo alcun controllo e questo mi sopraffaceva. Erano nati i miei gemelli, una cosa che ha cambiato parecchio la mia vita. Per trasferirmi al Wolverhampton ho viaggiato con mia moglie incinta di otto mesi. Lei è stata coraggiosa, sapevamo che sarebbero arrivati ​​dei gemelli, ma mi ha detto di andare dove potevo essere felice, e a Parigi non ero più felice. Un mese e mezzo dopo sono arrivati ​​i bambini ed è cambiato tutto. I calciatori non hanno il congedo di paternità, i bambini sono nati di martedì, io avevo il mercoledì libero e il sabato già giocavo. La mia capacità di concentrazione era pari a zero e ho dovuto cambiare molte cose: dovevo dormire separato da mia moglie in modo che, se i bambini si fossero svegliati, questo non avrebbe compromesso il mio riposo. Ho apportato modifiche anche all'alimentazione perché quando hai figli vivi per loro. Prima gli dai da mangiare e poi mangi, alcuni pasti saltavano. Riposarsi e nutrirsi bene è molto importante per un atleta che gioca ad alti livelli. Sono due aspetti fondamentali, incidono sul nostro rendimento in campo. Mi sono adattato così tanto ai bambini che ho perso le abitudini che fanno parte del mio lavoro e ho dovuto essere più severo in questo. Questo tipo di condotta, per un atleta professionista, non è salutare. Il corpo è il mio strumento di lavoro, ecco perché è così importante. Di solito mangiavo al centro sportivo dopo l'allenamento, intorno alle 13:30. Ma quando sono nati i bambini, volevo sempre vederli e, naturalmente, aiutare mia moglie, quindi andavo a casa, davamo loro da mangiare e finivamo per mangiare alle 15:00. Ho dovuto cambiare questa cosa. Non potevo cenare dopo aver messo a dormire i bambini, dovevo farlo prima, perché ho bisogno di digerire prima di andare a letto", ha detto Sarabia, portando alla luce dei disagi che raramente vengono raccontati ma che, di certo, in tanti calciatori hanno dovuto affrontare.

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