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  • Laziomania, Inzaghi oramai supplica: 'Marco, non perdiamo oggi'

    Laziomania, Inzaghi oramai supplica: 'Marco, non perdiamo oggi'

    • Luca Capriotti

    Lazio terza, tutto in una frase: "Marco, non perdiamo oggi".  E non è una certezza: è quasi una supplica quella di Simone Inzaghi catturata dai microfoni a pochi minuti dalla fine di un Udinese-Lazio faticoso, a tratti straziante, commovente. Una specie di delirio di impotenza: la Lazio non sa vincere, non ce la fa, non ha le gambe e la testa e l'alimentazione e quello che volete voi. Nell'estate afosa di Roma in queste ore se ne sono sentite di tutti i colori: Lotito che fa interrogatori a destra e sinistra, toast all'avocado, ma non era meglio la pasta asciutta, e poi risse con i camici bianchi (ma non erano i nostri angeli?) e smentite e scuse e accuse. Tutto in un mese, manuale di come rovinare una stagione. "Marco, non perdiamo oggi", la smisurata preghiera di Inzaghi in un anno fantastico trasformato in una zoppicante via Crucis verso un posto Champions. Non basta il cuore di Udine.


    VIA CRUCIS - E a pochi giorni da quella che doveva essere la sfida delle sfide, la scalata dell'Olimpo, la Lazio spopolata e confusa si ritrova in un personale Golgota. E a portare la croce i veterani: Marco è Parolo, che salva come può, come fa Strakosha, decisivo in almeno un paio di occasioni. Questa Lazio anche fatta di anime perse: qualcuno riconosce Immobile? Ancora una volta immerso in una dissoluta incapacità di buttarla dentro. La Pietà biancoceleste: Luis Alberto che prova imbeccate (pure lui ha un gol fallito clamoroso sul groppone) con la faccia cupa, Immobile che è tutto costernazione, non so cosa mi stia succedendo, una specie di scusatio petita da tutti perpetua. Un rosario di sofferenza: i tifosi chiedono personalità, ma qui è tutta una smorfia, un parlare piano, senza avere nemmeno le forze, quasi, di ribattere ad un caso beffardo (con Adekanye molto, per dire). Non basta il cuore.

    MESTA CONSAPEVOLEZZA - A pochi giorni dalla partita contro quelli che vincono sempre arriva una Lazio che non vince mai. Trasformata in altro rispetto all'armata invincibile che fu: qui non mancano solo le gambe, ma pure una coesione rabbiosa, la personalità vera di un fuoriclasse che si carica tutti, qui manca un Salvatore e ci sta solo la via della croce a tormentare gli astanti. Manca la rabbia del leader: Parolo, non ce ne voglia, è un bravissimo ragazzo, ma è un Don Abbondio, Luis Alberto è Don Chisciotte che scopre di non essere quel cavaliere che avrebbe voluto, Immobile sembra un mulino a vento che forse - in un mondo passato - è stato gigante. Delirio di impotenza, un frullare di sbattimenti che non portano a nulla, un corri corri sempre un po' fuori sincro, sempre lento, sempre con la lingua di fuori: questa Lazio sembra nata stanca appena scende in campo. "Marco, questa non la perdiamo". A 7 minuti dalla fine: questo è realismo nel fango, non è mentalità vincente, non è orgoglio, non è rabbia. E' solo consapevolezza mesta di un fatto: questa Lazio non sa più vincere, ma come si perde se lo ricorda benissimo. Ed è una memoria di cui si farebbe volentieri a meno, a pochi giorni dalla Juventus.

    p.s. Rasento l'ovvio se dico che servirà l'ennesimo miracolo di una stagione miracolosa?


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