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Laziomania: Manifesta debolezza, contro le big è Lazio-materasso
È difficile capire, analizzare, spiegare la solita e stranota sconfitta della Lazio contro la Juventus. Difficile perché con un ingresso così molle, demotivato, con tutta questa manifesta debolezza addosso la Lazio avrebbe fatto fatica con chiunque.
Mentalmente la Juve ha annichilito la Lazio dallo spogliatoio. Nel tunnel. La squadra di Inzaghi ha subito immediatamente una pressione spaventosa, quando l'unica speranza era pressare la Juve con una forza uguale e contraria. Una Lazio Materasso. Lo stesso su cui si è dormito per larghi tratti nella ripresa, in totale controllo Juventus.
Forza che non c'era: potrebbe quasi sembrare che mentalmente la dirigenza di Formello abbia costruito una squadra debole di testa, che non riesce mai ad osare, non riesce mai a reagire, non riesce a raccogliere la sfida insita nell'affrontare una squadra superiore. La palla diventa avvelenata, chi tocca la scarica veloce, senza pensarci.
La classifica dice altro, che la Lazio vince, gioca, si diverte, ma le gare con le grandi fanno quasi parte di un altro campionato, dove la Lazio fa la vittima immolata sull’altare della fame. Degli altri.
Questa squadra debole mentalmente può riuscire a rimanere piuttosto in alto ma non riesce mai a sfidare squadre più forti. Ha il complesso Leicester del secondo anno, senza aver battuto tutti l'anno prima. Tutta la pesantezza della debolezza fa ciabattare la squadra, quando dovrebbe andare oltre.
Oltre le proprie sicurezza, oltre la propria forza.
Come se avesse una natura impiegatizia: timbra, la Lazio, ma non dá mai qualcosa di più, non supera mai oltre i propri limiti. Problem solving sul curriculum della Lazio: non pervenuto.
La voce che cerca di andare oltre la comprensibile e abituale delusione ci spiega che la partita si è messa subito troppo male per permettere ad Inzaghi di attuare il suo piano (che doveva essere piuttosto offensivo), e alla Lazio di costruire qualcosa di decente.
Forse non c'è niente da capire, analizzare, spiegare. Forse è solo una squadra con una debolezza mentale genetica, insita, rappresentata perfettamente da Felipe Anderson, che doveva ingegnare, inventare, scoprire le falle juventine, e ha solo inseguito, e anche piuttosto mollemente. Che si è nascosto sempre quando l'asticella si alzava. La retorica delle assenze vale poco. È retorica, diamoci un taglio, non è da noi, non diamo ascolto, non crediamoci davvero. Anche a noi piacerebbe giocarci le nostre chance nella vita sempre al meglio. Ma la sfida è giocarcela a gambe tagliate, respiro corto, faccia a terra.
L'asticella non la alza forse nemmeno la stessa dirigenza che al giorno 23 di mercato non ha concluso nulla, senza nemmeno un minimo correttivo. Perfino la Juve ha corretto, ha acquistato, ossessionata dalla voglia di vincere.
Questa squadra con le grandi dimentica identità e valori dati per acquisiti. Non ha ossessioni, questa Lazio ha piccoli vizi e piccole virtù borghesi, e nel calcio, a costo di essere scontati, l'ossessione di vincere sempre, è tutto. L'ossessione di superare l'altro soprattutto se è più forte: anzi, a maggior ragione se è più forte.