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  • Le scuse di Kessie per non tornare in Italia: perché il Milan lo giustifica?

    Le scuse di Kessie per non tornare in Italia: perché il Milan lo giustifica?

    • Cristiano Ruiu
      Cristiano Ruiu
    Sono trascorsi oltre 20 giorni da quando il Milan ha fatto sapere attraverso i “giornalisti” e i media “vicini” alla società che Franck Kessiè non sarebbe rientrato in Italia a causa del blocco dei voli e delle frontiere chiuse. All’epoca si parlava di ripresa degli allenamenti il 4 maggio, motivo per cui era necessario che coloro che avevano trascorso il “confinamento” fuori dai confini (già paradossale nei termini) dovessero rientrare 14 giorni prima di tale data e osservare il periodo di quarantena.

    Il Milan, come tutti gli altri club, non poteva e non può imporre la convocazione ai suoi dipendenti dal momento che ancora si attende una disposizione definitiva del Governo Italiano sulla ripresa o meno dei campionati e delle attività agonistiche. Comunicazione che potrebbe arrivare proprio mentre stiamo scrivendo. Nonostante la facoltatività della convocazione tutti i giocatori del Milan si trovavano regolarmente a Milano 14 giorni prima del 4 maggio. Tutti tranne 2: Ibrahimovic e Kessiè. Il primo, che per inciso dovrebbe rientrare oggi, da Stoccolma ha fatto sapere che sarebbe rientrato solo nel momento in cui avesse avuto la certezza della ripresa del campionato. Decisione e presa di posizione discutibile, ma schietta e sincera. Dall’altra parte invece abbiamo assistito alle scuse, non possiamo chiamarle in altro modo di Kessiè.

    Ci hanno fatto sapere per 20 giorni e continuiamo a leggere sui principali giornali italiani che Kessiè non può rientrare dalla Costa d’Avorio perché hanno chiuso tutti gli aeroporti, non ci sono voli, le frontiere sono chiuse e nel paese africano c’è una situazione di grande emergenza che rende impossibile qualsiasi spostamento. Tutte balle. Balle clamorose. E ancora più clamoroso è che in questi 20 giorni tutti i giornalisti che hanno scritto pedissequamente ciò che gli ha verosimilmente comunicato la società non abbiamo fatto uno straccio di verifica sulle informazioni ricevute. Se lo avessero fatto avrebbero scoperto che in Costa d’Avorio ci sono stati 1667 contagi e 21 decessi su oltre 25 milioni di abitanti. Per loro fortuna una situazione emergenziale molto diversa da quella che abbiamo vissuto e stiamo vivendo in Europa, in particolar modo in Italia. Tanto è vero che il presidente Ivoriano Alassane Ouattara ha già revocato le misure restrittive applicate a fine marzo.

    In tutta la Costa d’Avorio dalla scorsa settimana sono aperti bar, ristoranti e addirittura le scuole. Fa eccezione solo la regione della capitale, Abidjan, dove la riapertura di tutte le attività  è prevista per questa settimana. In Costa d’Avorio esistono 4 aeroporti internazionali, senza contare tutti gli scali dei voli privati che spesso vengono utilizzati da calciatori, politici e personaggi in vista. I 4 scali per i voli di linea non sono stati chiusi tutti, come scrivono i giornali, ma tutto il traffico aereo è stato concentrato nel più grande, l’Aeroporto Felix Houphouet Boigny che non ha mai e dico mai smesso di collegare la Costa d’Avorio con il resto dell’Africa e del mondo. Naturalmente il traffico aereo è  diminuito drasticamente a causa della chiusura delle frontiere, ma sono rimasti garantiti i collegamenti per coloro che dovevano lavorare o rientrare nel loro paese di residenza. Con “residenza” si intende il paese dove un cittadino vive e dove ha un permesso di soggiorno per lavorare, come accade con Kessiè e con tutti i calciatori stranieri che militano in Italia. Le frontiere sono chiuse per tutti, sono chiuse per chi vuol fare le vacanze o per chi vuol fare la spesa, ma non sono chiuse per rientrare al proprio domicilio.

    Per questo le ambasciate di tutti i paesi del mondo, inclusa ovviamente l’Italia, hanno garantito a tutti i loro cittadini la possibilità di rientrare nel rispettivo domicilio. Laddove non basta l’auto certificazione le ambasciate forniscono permessi ad hoc e addirittura danno assistenza logistica per il viaggio del rientro. In alcuni casi, la Farnesina ha addirittura organizzato voli di linea per consentire a cittadini italiani o a residenti in Italia di poter tornare al loro domicilio. Proprio ieri un giornale sportivo ha scritto che Kessiè sarebbe tornato al Milan quando la Costa d’Avorio avrebbe riaperto le frontiere. Bene, al momento, Ouattara ha aderito al protocollo di alcuni stati dell’Africa centrale che per timore della seconda ondata di contagi hanno fissato la riapertura dei confini il 26 marzo 2021. Quindi, secondo questa attendibile notizia, Kessiè non tornerà in Europa per un anno? Ma lo sa questo giornale che l'altro ieri sera alle 19.50 (ora locale) dall’Aeroporto Boigny di Abidjan è decollato un volo di linea della Brussels Airlines con destinazione Bruxelles? Era pieno di lavoratori che dovevano andare in Europa o Europei che dovevano rientrare. Perché non poteva prenderlo Kessiè? Ma soprattutto perché il Milan e gran parte della stampa sportiva italiana vanno avanti con la “storiella” dei voli e delle frontiere?

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