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    Lecce: dall’inizio sorprendente al punto più basso, passando dagli alibi, termina il rapporto con D’Aversa

    Lecce: dall’inizio sorprendente al punto più basso, passando dagli alibi, termina il rapporto con D’Aversa

    • Stefano Gennari

    Dopo I fatti avvenuti al termine della gara Lecce - Verona, l'U.S. Lecce comunica di aver sollevato dall'incarico l'allenatore Roberto D'Aversa”: è con questa premessa che la società giallorossa si congeda dall’ormai ex tecnico con cui ha iniziato questa stagione, la seconda consecutiva del Lecce in Serie A, che però rischia di scivolare dalla quasi metà classifica iniziale alla zona rossa di cui D’Aversa come aveva i suoi meriti prima, ha le sue colpe ora, sino il suo ultimo “colpo di testa”. È doveroso partire dalla fine, come si legge dalla nota di stamane del Lecce, da un gesto da condannare a prescindere dall’entità, in una giornata iniziata male e finita peggio da cui consegue la naturale fine del rapporto: tra decisioni di campo e gesto extra-campo bisogna dire che D’Aversa si è segnato il destino con le sue stesse mani.


    Esaurita la doverosa premessa, torniamo su quanto accaduto sul terreno di gioco nei novanta minuti del Via del Mare, tra l’altro chiamato a raccolta dallo stesso allenatore che in conferenza stampa aveva annunciato una “vittoria a tutti i costi” che, invece, dall’approccio alla partita è parso l’esatto contrario. Anche la formazione iniziale fa presagire un Lecce tanto arrembante quanto spregiudicato riproponendo Gonzalez e Oudin come mezzali che erano stati bocciati in più occasioni non garantendo equilibrio, tanto da lasciare il povero Ramadani a rincorrere gli avversari. Detto fatto il gol del Verona nasce da un centrocampo incapace di fare filtro a due passaggi in verticale dei gialloblu che danno a Folorunsho la possibilità di sistemarsi il pallone per il tiro poi sfortunatamente deviato da Baschirotto. La reazione del Lecce è più per inerzia e rabbia che per accorgimenti tattici e di uomini, con occasioni che nascono da errori del Verona o casualmente dai lanci lunghi dalla difesa non trovando sbocchi nel centrocampo, non è un caso che Pongracic abbia refertato ben 21 palloni alti verso l’attacco! Infatti, Banda e Almqvist si sono trovati nella maggior parte dei casi spalle alla porta o costretti a giocare da soli non avendo opzioni di passaggio senza poter essere imbeccati in profondità per sfruttare le loro qualità. Gli accorgimenti che apporta D’Aversa sono ancor di più incomprensibili: i cambi di Dorgu per Gallo, migliore in campo non solo ieri ma da un po’ di tempo, e Sansone per Banda lasciando in campo un abulico Oudin spostato poi sull’esterno, ruolo in cui a Lecce non ha mai inciso se non fatto peggio di quanto stesse già facendo dal primo minuto. Cambi che nel complesso hanno causato confusione e sterilità, tanto che negli ultimi venti minuti non si registra più alcuna azione pericolosa del Lecce. Il quadro diventa chiaro: la squadra non è più capace di offendere, è confusa e non segue più un allenatore ormai in confusione.

    Ma come si è arrivati a tutto questo? Il matrimonio tra D’Aversa e il Lecce era iniziato nel migliore dei modi con le prime cinque giornate da imbattuti e i meriti del mister nell'aver portato ben nove gol dalla panchina fruttando diversi punti. Dalla sfida di Milano con l’Inter a quella interna con gli stessi nerazzurri si è trovato a sfidare praticamente avversarie della parte sinistra della classifica alternando prestazioni buone e negative con nel mezzo un mercato di gennaio che gli ha fatto perdere Strefezza senza che vi sia stato alcun sostituto adeguato, quantomeno utilizzabile nel breve periodo. Problema superabile cercando di trovare soluzioni tattiche diverse, anche per la sterilità delle ali offensive a disposizione e fuori forma, piuttosto che restare ancorato al proprio dogma tattico. Meriti e alibi che sono tramontati con la sconfitta contro il Verona, in cui è palese la sua confusione e l’aver perso di mano la squadra che con il nuovo allenatore dovrà ripartire dalle cose semplici e dalla mente lucida per proteggere una situazione che stava diventando difficile ma non irreparabile.
     


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