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  • Lewis e Palmer, perché il City vince anche sui giovani: i segreti dell'Academy e un esempio per l'Italia

    Lewis e Palmer, perché il City vince anche sui giovani: i segreti dell'Academy e un esempio per l'Italia

    • Federico Albrizio
    Haaland stravince il duello con Nunez, De Bruyne dimentica la delusione mondiale e torna a illuminare come se fare lui, Guardiola batte ancora Klopp. Tanti i temi regalati dalla vittoria del Manchester City sul Liverpool in Coppa di Lega, ma ce n'è un altro che ha fatto sorridere i tifosi dell'Etihad Stadium: i Cityzens vincono anche sui giovani. Titolari nella sfida di giovedì sera Rico Lewis e Cole Palmer, rispettivamente terzino classe 2004 e attaccante classe 2002: più che brillanti, i due hanno dimostrato di poter già reggere il livello e hanno fatto capire ancora una volta perché su di loro conti Guardiola, che a fine partita ha celebrato con parole anche forti la loro prestazione, in particolare quella di Lewis definito MVP dell'incontro ("Sono impressionato. Oggi abbiamo il privilegio di dire che questo ragazzo sarà incredibile per il prossimo decennio, siamo fortunati ad averlo al City"). Risorse fresche, interne e a costo zero. Viene da dire una novità per una squadra che dal 2016, dall'arrivo di Pep Guardiola, ha speso quasi 1,3 miliardi di euro (1,277)

    PROGETTUALITA' - Eppure non è una casualità, ma l'ultimo esempio di un percorso avviato quasi un decennio fa sul settore giovanile. Il punto di svolta lo ha segnato il lancio dei nuovi impianti per l'Academy del City, un investimento iniziale da oltre 250 milioni di euro che ha messo a disposizione delle giovanili e anche della prima squadra una struttura che ha preso come modello il centro sportivo del Milan (Milanello) per poi superarlo e creare qualcosa di unico a livello globale: 16 campo regolamentari di cui 12 dedicati allo sviluppo delle abilità dei ragazzi tra 8 e 12 anni; impianti di coaching, strutture per l'istruzione, servizi medici, posti letto e strutture per i genitori; uno stadio per l'Academy, la squadra femminile e la comunità con una capacità di 7.000 persone; e ancora la possibilità di formare ogni settimana oltre 450 giocatori di tutti i livelli di età, il 75% dei quali dalla zona di Greater Manchester; tre palestre separate, sei pezzi d'acqua e campi personalizzabili, sono solo alcuni dei dettagli di un progetto mastodontico. "Create the future" il messaggio scritto sui muri dell'impianto e lanciato fin da subito ai giovani, molti dei quali prelevati a suon di milioni anche da altri vivai per avere fin da subito un piatto ricco: Kelechi Iheanacho, José Pozo, Oliver Ntcham, Jason Denayer, Rony Lopes, Brahim Diaz e Jadon Sancho per citarne alcuni. Cresciuti e ceduti, un approccio che poi è stato ridiscusso: perché dare via giovani promettenti? Perché non continuare a formare i migliori e portarli fino alla prima squadra? E così si spiega la svolta che, soprattutto negli ultimi tre anni, sta portando il City a sfornare a ripetizione campioncini. Phil Foden è stato l'apripista, ora Lewis e Palmer si stanno muovendo seguendo le sue orme e con loro anche James McAtee, classe 2002 soffiato allo United e già paragonato a David Silva. Un percorso graduale sfruttando tutte le risorse messe a disposizione dalla struttura sportiva del club: le giovanili passando dai vari gradi, dall'under 18 all'under 21 fino all'under 23, la seconda squadra che più avvicina i ragazzi al modus operandi dei grandi. Il risultato? I giocatori più qualitativi sono pronti per il salto in prima squadra non solo dal punto di vista fisico o tecnico-tattico, ma soprattutto da quello mentale: reggere "la pressione del livello degli avversari" ha sottolineato Guardiola nell'esaltazione di Lewis contro il Liverpool.

    E IN ITALIA? - I soldi hanno il loro peso sul mercato e sono il fattore principale che ha costruito la potenza del City, negarlo sarebbe illogico. Ma investirli sui giovani in modo efficiente non è scontato e il City è riuscito a dare un esempio da seguire al resto d'Europa e all'Italia, specie in questo periodo storico in cui il mancato ricambio generazionale si fa sentire e dalla Nazionale Mancini lamenta il poco spazio che i talenti azzurri hanno in Serie A. Un ritardo che si può imputare a diversi fattori e non solo al solito tema della mancanza di coraggio da parte dei club, più attenti al risultato sportivo che alla reale maturazione dei ragazzi, nonostante qualche società abbia avuto un cammino più virtuoso di altre in questo senso nell'ultimo periodo. Un altro aspetto da non trascurare riguarda la strutturazione stessa del percorso di crescita che si può garantire ai giocatori all'interno del club, dove il salto di livello tra Primavera e Prima squadra resta ancora abissale, tant'è che la maggior parte dei prospetti finisce a girovagare in prestito tra Serie B o C per poi fare difficilmente ritorno nel massimo campionato. Fondamentale quindi porre uno step intermedio, la seconda squadra che solo la Juventus ha lanciato, e gli ultimi sviluppi indicano fortunatamente passi avanti da questo punto di vista, con diversi club tra cui Milan e Roma interessati a seguire le orme dei bianconeri. Per cambiare la situazione serve dunque un passo avanti da parte di istituzioni e club, ma una fetta di responsabilità resta pur sempre in mano ai giocatori e, soprattutto, a chi li assiste. Capita anche che difendere gli interessi del giocatore, siano economici o in termini di minutaggio immediato, prevalga su una visione a lungo termine e precluda possibilità future all'interno del club. Non a caso, a lanciare il monito era stato Guardiola circa un mese fa parlando proprio di Lewis e del lavoro dell'Academy del City: "Non regaliamo presenze, non gioca perché è tifoso del City e viene dall'Academy. Deve meritarselo dal primo giorno di allenamento ma abbiamo visto che ha qualcosa di speciale. La nostra Academy sta facendo un lavoro fantastico partendo da Sancho, Brahim Diaz, Foden, McAtee, Palmer... Ci sono davvero tanti giocatori di talento e i ragazzi che vogliono restare qui, lottando per un posto, ne avranno la possibilità. Se però non hanno pazienza e ascoltano più i loro agenti che quello che può essere il futuro qui, allora possono andarsene". Club e istituzioni quindi, ma anche procuratori e giovani stessi: quattro componenti che il City ha messo d'accordo per realizzare un lavoro unico al mondo. L'Italia è pronta a seguire?

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