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  • Lo Zingaro e lo Scarafaggio, il romanzo delle scommesse: soldi, minacce e gare truccate

    Lo Zingaro e lo Scarafaggio, il romanzo delle scommesse: soldi, minacce e gare truccate

     

    E' da oggi in libreria ''Lo Zingaro e lo Scarafaggio'', il romanzo sul calcioscommesse. Un racconto, basato sugli atti processuali delle procure di Cremona e Bari, sulle deposizioni della giustizia sportiva e sulle dichiarazione di Ilievski, il capo della banda degli Zingari.
     
    Calciatori che svendono talento e poesia, criminali che comprano partite e sogni, trattano il pallone come fosse cocaina, girano per i ritiri delle squadre italiane come fossero sale da biliardo, organizzano incontri notturni, tirano fuori le pistole, spaventano. E alle volte si spaventano. Il calcio che smette di essere epica o più semplicemente divertimento e diventa la quinta azienda italiana, uno dei più importanti business mondiali. Un giro che parte dai grattacieli di Singapore, passa dalla Bulgaria, dall'Ungheria e dalla Macedonia e arriva in Italia. Nel campionato di calcio che una volta era il più bello del mondo. Un posto dove - direbbe Hristyan Ilievsky, il capo della banda degli Zingari, il super latitante del calcioscommesse che abbiamo intervistato per Repubblica nel marzo scorso - "se due feriti e un morto vanno bene allora, figuriamoci a noi".
     
    E' da oggi in libreria (edito da Mondadori) "Lo Zingaro e lo Scarafaggio", il romanzo sul calcioscommesse scritto da Marco Mensurati e Giuliano Foschini: un racconto, basato sugli atti processuali delle procure di Cremona e Bari, sulle deposizioni della giustizia sportiva e sulle dichiarazioni di Ilievski. La cronaca di come il gioco più bello del mondo sia diventato il gioco più sporco del mondo tra l'indifferenza colpevole di chi aveva il dovere l'obbligo di controllare e il silenzio dei tifosi, che guardano a questa storia come quei figli che vegliano per settimane il cadavere della mamma morta, pensando che prima o poi possa resuscitare: girano la testa, rimuovono, il dolore è troppo grande.
     
    In fila una dietro l'altra ci sono le storie di Marco Paoloni, Beppe Singori, Carlo Gervasoni, Andrea Masiello. Ma soprattutto ci sono le parole di Ilievsky che, dopo aver girato per i campionati minori sceglie l'Italia per il grande salto: "Io non trucco partite, compro informazioni" spiega il capo degli Zingari. "In Italia da sempre, soprattutto al termine del campionato, si organizzano partite per motivi sportivi, le squadre si aiutano per retrocessioni, promozioni, un pareggio a te, una vittoria a me, sono accordi tra società e giocatori. Noi arriviamo e cerchiamo di comprare le informazioni. Il problema siamo noi e sono loro? Chi è il cattivo?". E' la cultura del "due feriti e un morto", oppure di quella "legge sportiva non scritta secondo la quale se ad entrambe le squadre serve un punto, per giunta a fine campionato, difficilmente il risultato sarebbe stato diverso dal pareggio" teorizzata dall'allenatore del Napoli, Walter Mazzarri, davanti a un pm (esatto, davanti a un pm) tra l'indifferenza più assoluta. Dell'opinione pubblica, ma non dei mercanti del calcio che grazie a quella cultura hanno guadagnato milioni di euro.
     
    I quattro "sfigatelli", come venivano raccontati all'inizio di questa storia dai dirigenti del calcio italiano, hanno poi dimostrato di essere una perfetta macchina criminale da soldi. Emblematica è la storia di Wilson Perumal, uomo sveglio, che prima di finire in una galera finlandese (dove ha cominciato a collaborare con la giustizia) per vent'anni di mestiere ha scommesso. Su tutto, dal cricket al tennis, passando per il calcio e il basket. Ha comprato una squadra di calcio in modo da poter disporre direttamente dei suoi risultati, corrotto sportivi, ricattato giocatori. Ha organizzato in Bahrein l'amichevole con il finto Togo, mandando in campo undici attori al posto di undici nazionali togolesi, dimostrando come per fare soldi c'è una maniera migliore che alterare una storia. Basta scriverne il plot. Di sana pianta. E' quello che è successo poco più di un anno fa. A febbraio del 2011 una società orientale, con interessi economici in Turchia, si presenta alla Fifa per conto di un agente russo proponendo due amichevoli ad Antalaya, A proporle è Anthony Santia Raj, un affarista di Singapore amico di Perumal. L'affare si conclude. Il 9 febbraio del 2011 si giocano Estonia-Bulgaria e Lituania-Bolivia. Lo stadio è vuoto, praticamente zero spettatori. Eppure l'organizzazione era perfetta, contando di alberghi cinque stelle per le squadre. La prima gara finisce 2-2. La seconda 2-1. Sette gol, sette rigori. E soprattutto qualche decina di milioni di euro vinti sugli over. Dalla Russia e dalla Turchia arrivano puntate stellare: soltanto su Estonia-Bulgaria si giocano 5 milioni di euro, prevedendo il 2-2, l'over e i gol. Le partite erano state truccate. Come? I complici  -  sospettano ora i magistrati - erano gli arbitri ungheresi di seconda serie trovati dalla finta società orientale e mandati in campo con il preciso mandato di fare terminare le partite come aveva previsto l'organizzazione. E così è stato. Uno di quegli arbitri qualche tempo prima aveva diretto Argentina-Boliva under 20 finita1-0 grazie a un rigore concesso dopo 10 minuti di recupero. Il fatto che sulla vittoria bianco celeste nei minuti finali ci fosse stato un giro importante di scommesse è l'ennesima appendice di questo romanzo spacciato per realtà. 

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