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Lukaku e Neymar imparino da Dzeko: lezione di professionalità ai mercenari

Lukaku e Neymar imparino da Dzeko: lezione di professionalità ai mercenari

  • Alberto Cerruti
    Alberto Cerruti
Un milanista che sogna di andare all’Inter e invece potrebbe rimanere nella Roma. Non è un indovinello ma l’identikit di Edin Dzeko, centravanti giallorosso dal passato sicuro e dal futuro incerto. Cresciuto ammirando in tv il suo idolo Shevchenko, il giovane Edin sperava di indossare la maglia rossonera e ci stava riuscendo quando Galliani lo aveva contattato ai tempi del Wolfsburg. L’affare però non andò in porto e Dzeko si è dovuto accontentare di continuare a segnare con la maglia del Manchester City, prima di arrivare a Roma. 

Acclamato e contestato in base al numero dei gol segnati o sbagliati, Dzeko non si è mai né esaltato, né arrabbiato, per i volatili umori dei tifosi giallorossi. In campo e fuori si è sempre dimostrato un grande professionista, oltre che un grande giocatore. Nell’era dei “falsi nove” è stato un “falso dieci” perché si è dimostrato un centravanti che sa giocare davanti alla porta, ma anche qualche metro più indietro per mandare in gol i compagni. Un attaccante completo che piace a tutti gli allenatori e ricorda, fatte le debite proporzioni, un grandissimo campione il cui cognome incominciava per D e finiva per 0 come il suo: Di Stefano, la leggenda del Real Madrid, squadra contro la quale guarda caso Dzeko ha segnato il suo ultimo gol in maglia giallorossa. 

Ultimo in ordine cronologico, ma forse non in assoluto perché ogni giorno che passa diventa sempre più difficile, anche se non impossibile, il suo passaggio all’Inter. La Roma è disposta a cederlo se trova un sostituto, ma soprattutto lui ha dato la sua parola all’Inter, affascinato dal progetto di Conte e dalla prospettiva di tornare a giocare in Champions League. Fin qui nulla di strano, perché sono tanti i giocatori che si impegnano verbalmente con un’altra quadra, quando sanno di non essere incedibili. 

La vera e grande differenza, però, tra Dzeko e tanti altri suoi colleghi è la serietà professionale, perché malgrado tutto quello che si dice da settimane, il bosniaco si allena, gioca e segna come se dovesse rimanere sempre alla Roma. E addirittura lo ha fatto con la fascia di capitano, davanti al proprio pubblico con il rischio di essere contestato. Un vero professionista si comporta così, onorando il proprio contratto fino all’ultimo secondo per rispetto di chi lo paga e dei tifosi. Una bella lezione di stile al suo compagno di squadra Nzonzi, che invece non gioca sapendo di essere in partenza e ad altri stranieri più famosi. Basta pensare a quello che sta combinando Neymar, in rotta con il Psg, oppure ai capricci di Griezmann che non si è nemmeno presentato al raduno con l’Atletico Madrid. 

Grandi giocatori, ma anche grandi mercenari, come Lukaku che essendosi promesso all’Inter non si è più fatto vedere dal Manchester United, o come Kalinic che due anni fa non si presentò al raduno della Fiorentina, con un certificato medico, come un bambino che non vuole andare a scuola, perché il Milan stava per tesserarlo. In un mondo in cui tutti pensano quasi esclusivamente al denaro, applausi a Dzeko quindi, che si rivela una piacevolissima eccezione. Grande professionista in campo e fuori. Un piccolo Di Stefano che a 33 anni onorerà sempre fino all’ultimo giorno la maglia che indossa, a prescindere dai colori. Giallorossi o nerazzurri, lo sapremo presto.

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