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  • Matthaeus, il leader dell'Inter dei record compie 60 anni

    Matthaeus, il leader dell'Inter dei record compie 60 anni

    • Furio Zara
      Furio Zara

    Per i tifosi nerazzurri l'immagine di Lothar Matthaus - che oggi compie 60 anni - rimanda ai giorni di gloria dello scudetto dei record. C’è lui che prende la rincorsa per battere una punizione. San Siro è una bolgia colorata di nerazzurro. Il Trap in panchina freme, ci sono sette minuti da giocare e solo una vittoria consegnerebbe all’Inter la certezza matematica del tricolore. L’arbitro Gigi Agnolin ha appena fischiato una punizione a favore dell'Inter. Siamo al limite dell’area. Va alla battuta l'altro tedesco in forza ai nerazzurri, Andy Brehme. Il pallone sbatte sulla barriera. Ma la distanza non è regolamentare. Così Agnolin fa ripetere il tiro. Stavolta Lothar prende il pallone, si avvicina a Brehme e gli fa: tiro io. Ok, tira tu. Ci sono sei giocatori in barriera, Ale Bianchi è l'unico nerazzurro lì in mezzo, a dare fastidio. Il tiro di Matthaus è secco, potente, definitivo. Traiettoria che viaggia a cinquanta centimetri da terra, supera la barriera e batte Giuliani. Nel primo tempo aveva segnato Careca, pareggio di Berti con tiro deviato da Fusi, gol decisivo di Lothar. 28 maggio 1989, Inter-Napoli 2-1, mancano 4 giornate alla fine del campionato e arriva il 13° scudetto per l'Inter, quello dei record (58 punti in 34 partite, era una A a 18 squadre e con 2 punti a vittoria) dopo un campionato comandato dall'inizio alla fine. 

    I suoi 60 anni Lothar li ha vissuti da guerriero. Un gladiatore, in campo e fuori. Un capotribù, un leader, uno che indicava la strada e chiamava la truppa a seguirlo. Nel suo palmarès in nerazzurro: lo scudetto dei record (1988-89), la Supercoppa italiana (1989) e la Coppa Uefa (1990). Un quadriennio con il 10 sulle spalle, 153 presenze e 53 reti complessive in Italia. Ma ha vinto anche 7 campionati e 3 coppe di Germania con il Bayern Monaco, dove aveva maturato spessore internazionale dopo gli inizi con il Borussia M'Gladbach. E - soprattutto - ha alzato da capitano della Germania Ovest (all'epoca si chiamava ancora così anche se il Muro era caduto quasi nove mesi prima) la Coppa del Mondo, dopo aver battuto l'Argentina di Maradona nella finale del Mondiale 1990, allo stadio Olimpico di Roma. 

    Matthaus approda a Milano nel 1988. Si mette subito sul piedistallo, in posa per la storia. Al primo anno piazza il botto e si prende lo scudetto. E’ l’Inter guidata dal Trap. Nomi di quella squadra: Zenga, Serena (capocannoniere del campionato con 22 gol), l'argentino Ramon Diaz, Nicolino Berti al massimo del suo splendore, la coppia di marcatori - anche della nazionale azzurra - formata da Bergomi e Ferri. Uno squadrone destinato a occupare un posto di rilievo nella memoria collettiva del popolo nerazzurro. 

    Matthaus ha avuto una vita sentimentale assai agitata. Cinque le mogli, a decine le avventure. L’ultima moglie - Anastasia Klimko - qualche anno fa disse di aver scoperto chi era su internet. Ci sta. E’ nata quando Lothar sedeva a un tavolo con Ernesto Pellegrini per firmare il contratto che l'avrebbe legato all'Inter. 

    Da allenatore non ha lasciato tracce memorabili, proprio no. Ha allenato nel primo decennio del 2000, dal Rapid Vienna al Partizan (ha vinto il titolo serbo-montenegrino), dalla panchina della nazionale ungherese a quella della Bulgaria, con tappe persino in Brasile e in Argentina. In patria non è molto amato, soprattutto a Monaco, dove ha speso gran parte della sua carriera (12 anni, in due tranche: 1984-1998 e 1992-2000). Anzi - caso più unico che raro - è uno delle pochissime leggende del Bayern Monaco (408 presenze e 100 gol) che non è mai riuscito a lavorare per il club bavarese. 

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