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  • Meteora Bentley: dal supergol in un derby al gioco d'azzardo, dalla secchiata a Redknapp all'addio al calcio dei robot

    Meteora Bentley: dal supergol in un derby al gioco d'azzardo, dalla secchiata a Redknapp all'addio al calcio dei robot

    • Remo Gandolfi
      Remo Gandolfi
    E’ il primo febbraio del 2006. Il poderoso Manchester United di Sir Alex Ferguson è ospite del Blackburn Rovers.

    Il Manchester United è all’inseguimento del Chelsea che ha aperto un buon margine al vertice della classifica. Solo i Red Devils e il Liverpool possono ancora sperare di impensierire i “Blues” di Josè Mourinho, di Didier Drogba e di Frank Lampard.

    Di fronte però c’è un Blackburn che si è scoperto affidabile e combattivo e che continua ad alimentare le speranze di un piazzamento tra le prime sei per festeggiare un ritorno in Europa che ad Ewood Park manca da un paio di stagioni.

    Sulla panchina dei “Rovers” siede Mark Hughes, ex-attaccante che proprio con il Manchester United ha giocato le migliori stagioni della sua carriera.

    Sarà un incontro spettacolare, appassionante e tiratissimo.

    Alla fine a spuntarla sarà il Blackburn Rovers.

    Un quattro a tre finale ricco di emozioni e colpi di scena.

    Protagonista assoluto di quell’incontro sarà una giovane ala destra, cresciuto nelle giovanili dell’Arsenal e che proprio il giorno prima ha firmato il contratto che ha trasformato il prestito dai Gunners in un passaggio definitivo.

    Per tutto il match sarà un’autentica spina nel fianco della difesa di Rio Ferdinand e compagni con Patrick Evra che non riuscirà quasi mai ad arginarne l’esuberanza.

    Segnerà una tripletta, la prima che un calciatore riuscirà a segnare al Manchester United dalla nascita della Premier League.

    Il suo nome è David Bentley.

    Per tutti un talento straordinario da sempre.

    Con un solo difetto: che non segna abbastanza.

    … almeno fino a quella sera …


    Sono passati solo sette anni da quella magica notte in cui tutti gli appassionati di calcio hanno fatto la conoscenza di David Bentley.

    Dopo una serie di esperienze che lo hanno portato perfino nella massima serie russa con il Rostov, Bentley è tornato al Blackburn, ora in Championship, la serie cadetta del calcio inglese.

    E’ il primo aprile del 2013.

    Il Blackburn gioca in trasferta a Cardiff.

    E’ un dominio assoluto dei gallesi.

    David Bentley stenta tremendamente a trovare spazi per i suoi proverbiali cross. Nell’uno contro uno è quasi sempre bloccato.

    Nessuno si stupisce più di tanto quando dopo 17 minuti del secondo tempo il manager dei “Rovers” Gary Bowyer lo rimpiazza con David Dunn.

    David Bentley esce dal campo. Scuote la testa in evidente segno di disappunto.

    Non ce l’ha con il mister.

    Ce l’ha con se stesso.


    Al primo della panchina che gli si fa incontro dirà che “Basta. Questa è l’ultima. Io con il calcio ho chiuso”.

    Sembra la classica frase dettata dallo sconforto provocato da una prestazione balorda.

    Invece sarà la sacrosanta verità.

    Quel giorno, a 28 anni, David Bentley giocherà l’ultima partita ufficiale della sua carriera.

    Tornerà al Totthenam nell’estate di quel 2013. E’ svincolato, padrone del suo cartellino e con diverse allettanti possibilità anche se magari non più nel calcio di primissima fascia.

    Ci penserà qualche mese.

    Poi arriva la decisione.

    Definitiva, sorprendente ma coerente con se stesso e con la sua “idea di calcio”.

    “Il mio amore per il calcio è finito. Non per il calcio ma per “questo” calcio. Quando ho iniziato a giocare era tutto diverso. Si faceva gruppo, si usciva insieme a cena o al pub. Negli spogliatoi erano scherzi e battute continue. Adesso hanno tutti il naso su quel fottuto cellulare.

    Devono curare le loro pagine social o leggere quello che giornali, blog e tifosi dicono su di loro.

    Nessuno parla più, nessuno fa più battute o scherzi.

    Finito l’allenamento niente locali o uscite. Ognuno per conto suo.

    In campo mi diverto ancora ma la partita dura novanta minuti … il resto, fuori dal campo, molto di più.

    No mi dispiace, non è più il mio calcio”.

    David Bentley nasce a Peterborough nell’agosto del 1984.

    Le sue qualità sono talmente evidenti che a tredici anni viene reclutato dal settore giovanile dell’Arsenal, ai tempi diretto da Liam Brady.

    All’inizio Bentley gioca da attaccante ma ben presto dimostra che le sue caratteristiche principali (tecnica, visione di gioco e soprattutto abilità nei passaggi e nei cross) sono sicuramente più consone ad un centrocampista che ad un uomo da area di rigore.

    All’Arsenal trova Arsene Wenger che lo migliora tantissimo e lo aggrega, quando ha solo sedici anni, ad allenarsi con la prima squadra.

    In quell’Arsenal però trova anche una rosa di calciatori di altissimo livello e nel momento in cui sarebbe pronto per il salto in prima squadra davanti a sé trova gente del calibro di Pires, Ljungberg, Parlour, Reyes e Wiltord.

    Gli “invincibili”, quelli che nella stagione 2003-2004 chiuderanno la stagione imbattuti in Premier League.

    Proprio in quella stagione Bentley farà la sua unica apparizione dall’inizio in campionato, nella partita giocata contro il Portsmouth il 4 maggio.

    Il ragazzo scalpita, le doti ci sono e per farlo crescere l’Arsenal lo cede in prestito al Norwich all’inizio della stagione successiva.

    L’inizio è più che promettente ma un brutto infortunio nel mese di gennaio lo costringe ai box per più di tre mesi. Quando rientra dall’infortunio la situazione del Norwich è già pesantemente compromessa e nonostante l’arrivo di un eccellente attaccante come Dean Ashton e le ottime prestazioni di Bentley le quattro vittorie ottenute nelle ultime sette partite non sono sufficienti a mantenere la categoria.

    Nell’estate del 2005 David Bentley torna all’Arsenal, galvanizzato dalle sue prestazioni in Premier in East-Anglia e desideroso di spazio.

    Chiede ufficialmente il trasferimento.


    All’Arsenal però non hanno nessuna intenzione di liberarsi di lui definitivamente

    Arsene Wenger sa che nel ragazzo ci sono tutte le qualità necessarie per diventare molto presto un elemento importante nella rosa di suoi “Gunners”.

    Così viene ceduto ancora una volta in prestito, questa volta al Blackburn Rovers di Mark Hughes.

    L’impatto di Bentley è di altissimo livello, addirittura aldilà delle più rosee aspettative.

    A questo punto, nel gennaio del 2006, il Blackburn decide di mettere mano al libretto degli assegni trasformando il prestito in un acquisto definitivo. Occorre un milione di sterline tondo tondo ma non c’è nessuno ad Ewood Park che non sia convinto che è e sarà un grande affare.

    La sua prima partita da “nuovo” calciatore dei “Rovers” sarà proprio quella contro il Manchester United raccontata all’inizio.

    Se però le cose in campo vanno finalmente a gonfie vele così non si può dire della vita privata del ventiduenne esterno dei Rovers.

    Ha contratto una terribile dipendenza dal gioco che lo ha portato a giocare compulsivamente … di giorno e di notte.

    Sarà proprio nel periodo al Blackburn che con l’aiuto della fidanzata e di tanti suoi compagni di squadra David riuscirà a sconfiggere il suo personale demone e a ritrovare equilibrio e serenità.

    Al termine di quella sua prima stagione ad Ewood Park arriva un memorabile sesto posto finale che vuol dire il ritorno in Europa dopo due stagioni passate dal Blackburn a flirtare con la retrocessione.

    Al Blackburn rimarrà fino all’estate del 2008, giocando sempre ad altissimi livelli, segnando un buon numero di reti e fornendo soprattutto “assist” a nastro agli attaccanti del team. Nelle ultime due stagioni saranno ben 26 gli assist totali attributi a Bentley, ormai stabilmente ala destra di ruolo.

    In quel periodo arriveranno le convocazioni con la nazionale Under-21 di Stuart Pearce e nel settembre del 2007 farà il suo esordio con la Nazionale maggiore entrando nei minuti finali in un incontro a Wembley contro Israele per la qualificazione agli Europei dell’estate successiva.

    Proprio in quell’estate del 2008, alla soglia dei 24 anni, David Bentley viene acquistato dal Totthenam Hotspurs. La cifra è di quelle importanti: 15 milioni di sterline che al soddisfacimento di determinati parametri inseriti nel contratto possono arrivare fino a 18.

    Ci si attende il salto definitivo, quello spesso più difficile: da eccellente promessa a star assoluta.

    La prima stagione con il Totthenam è discreta ma non certo ai livelli di quelle al Blackburn.

    L’inizio è sconcertante. Juande Ramos, l’allenatore spagnolo che nella stagione precedente aveva risollevato le sorti del club, viene esonerato il 25 ottobre dopo sei sconfitte e due pareggi nelle prime otto partite di campionato. L’arrivo di Harry Redknapp ridà nuovo vigore agli Spurs e dopo meno di una settimana dal suo arrivo arriva il derby del Nord di Londra.

    Partita che entrerà di diritto nella storia della Premier e dove Bentley farà qualcosa che lo consegnerà alla leggenda del club: un magnifico gol da quasi quaranta metri in uno dei derby del Nord di Londra più spettacolari della storia.

    Nella seconda parte della stagione però Bentley inizia a perdere di protagonismo.

    Le sue prestazioni non sono come nelle attese e la contemporanea comparsa sulla scena di Aaron Lennon finiscono per relegarlo sempre più spesso in panchina.

    Nella stagione successiva le sue apparizioni in prima squadra si riducono ulteriormente. Solo quindici le sue presenze in campionato a testimoniare un calo di rendimento evidente quanto inatteso. E’ ormai la riserva di Lennon ed è ormai conclamato che di Bentley, al Totthenam, considerando anche la cifra spesa e l’ingaggio, sarebbero felici di disfarsene.

    Dopo due sole presenze nei prima 5 mesi della stagione successiva Bentley accetta il primo di una lunga e infruttuosa serie di prestiti.

    Birmingham, West Ham, il Rostov nella Prima divisione russa e poi un nostalgico ritorno al Blackburn nel 2013, con il club di Ewood Park inguaiato nei bassifondi della Championship la serie cadetta inglese.


    ANEDDOTI E CURIOSITA’


    Al termine della sua seconda stagione al Blackburn Rovers, chiusa con un mediocre decimo posto, sono sempre più insistenti le voci che vogliono David Bentley in un grande club. Non è un segreto che Sir Alex Ferguson sia un suo grande ammiratore. In lui (e non è il solo) vede il “nuovo” David Beckham e le affinità tra i due sono effettivamente tante..

    A quel punto però David compie un atto importante di lealtà e di riconoscenza verso il club che lo ha consacrato ai vertici del calcio inglese firmando un rinnovo di contratto.

    Come detto fu proprio nel suo periodo al Blackburn che David Bentley riuscì a vincere la sua dipendenza dal gioco d’azzardo.

    “La prima cosa a cui pensavo quando mi svegliavo alla mattina era quella di scommettere su qualcosa. Ho fatto un periodo dove piazzavo oltre 100 puntate al giorno. Era una cosa folle, pazzesca. L’unico momento in cui riuscivo a non pensarci era quando avevo un pallone tra i piedi”.

    Risolti i suoi problemi personali arrivano le convocazioni per la Nazionale Under-21, nella quale Bentley giocherà otto partite segnando quattro reti.

    Ma proprio con l’Under-21 accadrà un altro controverso episodio nella breve ma intensa carriera di questo talentuoso centrocampista.

    Nel giugno del 2007, al termine della sua seconda stagione con i Rovers, Bentley viene convocato da Stuart Pearce, manager della Nazionale Under-21, per le finali dei campionati europei di categoria che si dovranno disputare a breve in Olanda.

    David Bentley rifiuta la convocazione adducendo come motivazione la stanchezza per la lunga stagione appena terminata.

    Stuart Pearce non la prende affatto bene, criticando la scarsa passione di Bentley per il calcio e soprattutto per la Nazionale del suo Paese.

    David Bentley non ha tutti i torti. Con il Blackburn qualificato per l’Intertoto e con il primo match in programma il 22 di luglio (a meno di un mese dal termine degli Europei) teme di non avere abbastanza spazio per recuperare prima della nuova stagione.

    Quando pochi mesi dopo, nel settembre del 2007, Bentley farà il suo esordio con la Nazionale maggiore saranno in tanti i tifosi che si ricorderanno di questa sua scelta e la sua entrata in campo al posto di Shaun Wright-Phillips sarà accolta con una salva di fischi...

    Dopo un discreto inizio fu proprio al Totthenam che la carriera di Bentley iniziò a complicarsi. Harry Redknapp, manager degli “Spurs”, iniziò ben presto a preferirgli come esterno destro di centrocampo il giovane e velocissimo Aaron Lennon relegando sempre più spesso Bentley in panchina.

    Ma per molti osservatori c’è stato un momento preciso in cui si è di fatto chiusa l’avventura di David Bentley con il club di White Hart Lane.

    E’ il 5 maggio del 2010.

    Il Totthenam è in trasferta all’Etihad contro il Manchester City.


    E’ la penultima partita della stagione e tra le due squadre c’è in ballo il quarto posto, utile per conquistare un posto nei preliminari della prossima Champions League.

    Il Totthenam si presenta con un solo punto di vantaggio sul Manchester City di Roberto Mancini che deve necessariamente vincere per superare i rivali in classifica.

    La partita è tiratissima ed equilibrata.

    Tevez e Crouch andranno entrambi vicinissimi al gol ma sarà proprio il “lungagnone” del Totthenam a segnare il gol decisivo ad una manciata di minuti dal termine.

    Quando arriva il triplice fischio finale esplode la gioia di calciatori e tifosi degli Spurs.

    I microfoni di Sky sono tutti per Harry Redknapp, manager degli Spurs.

    Mentre questi sta rispondendo alle domande del cronista alle sue spalle arriva David Bentley insieme ad alcuni compagni di squadra.

    Il secchio d’acqua gelata svuotato sulla testa di Harry Redknapp sarà tutt’altro che gradito dal Manager degli Spurs.

    Nei sei mesi successivi Bentley giocherà solo due partite con il Totthenam prima di iniziare quella lunga serie di “prestiti” che di fatto gli toglieranno la gioia e la passione per il gioco del calcio.

    “Redknapp non mi ha mai detto nulla in merito a quell’episodio … anche perché da quel giorno non mi ha praticamente più parlato !” ricorda oggi Bentley con un sorriso.

    Sarà lo stesso Redknapp diversi anni dopo ad ammettere che “trovai fuori luogo quella cosa. Una totale mancanza di rispetto verso il proprio allenatore. Una cosa che io non mi sarei mai sognato di fare da calciatore con uno dei miei manager”.

    Proprio la mancanza dello spirito di gruppo, l’atmosfera e la complicità del periodo a Blackburn è citato spesso da Bentley come causa principale del suo “disinnamoramento” per il calcio.

    “Eravamo una squadra di amici. Nessuna primadonna, nessuna star ma tutti disposti a sacrificarsi in campo per i compagni e a condividere tanto tempo insieme fuori dal campo.

    A 29 anni David Bentley farà una scelta radicale, ma consona con il suo carattere estroverso e desideroso di “vivere” la vita al massimo.

    Si trasferirà con la moglie e i suoi tre figli a Marbella, in Spagna, dove aprirà prima un ristorante di successo e poi altri locali (wine bar e pub).

    In seguito la sua attività si espanderà anche in Inghilterra dove con due soci d’eccezione (Raheem Sterling del Manchester City e Alex Oxlade-Chamberlain del Liverpool aprirà un altro ristorante a Londra, zona Woodford Green.

    I ricordi di alcuni dei grandi nomi con cui David Bentley ha diviso campo e spogliatoio.

    “Dennis Bergkamp quando ero poco più di un ragazzino all’Arsenal con il sottoscritto fu fantastico. Sempre pieno di consigli e disponibile. E un giocatore incredibile.

    “Amavo Arsene Wenger. E’ stato probabilmente il manager migliore che io abbia mai avuto. Con lui negli spogliatoi c’era un’atmosfera fantastica. Ricordo che mi diede letteralmente del “coglione” quando decisi di andarmene dai Gunners. Con il senno di poi avrei potuto aspettare un poco di più ma dopo l’esperienza a Norwich avevo troppa voglia di giocare da titolare”.

    E infine la sua versione sulla sua rinuncia a giocare gli Europei Under-21 con l’Inghilterra.

    “Fu probabilmente in quella circostanza che iniziai a farmi delle domande sul calcio e su tutto quello che c’era intorno. Chiamai Stuart Pearce per comunicargli personalmente che dopo 60 partite giocate in quella stagione ero davvero a pezzi. Lui al telefono non mi disse nulla di particolare, sembrò capire e accettare la mia decisione. Il giorno dopo mi trovai attaccato da lui su tutti i giornali. Fece addirittura un paragone tra il sottoscritto e i soldati impegnati in Afghanistan. Ci rimasi malissimo. Avrei potuto dire che ero infortunato (come mi consigliarono al Blackburn) ma avevo preferito dire la verità. E questo era il risultato …

    Il calcio ? “Non lo guardo quasi più. Sembrano robot. Tutti uguali, tutti compiti e “precisini” e quando parlano dicono tutti le stesse cose”.

    Per David Bentley l’amore per il calcio, per “questo” calcio, è proprio finito.

    Lui, l’ultimo “maverick” del calcio britannico, capace di inventare un soprannome per Fabio Capello (Il Postino Pat, celebre personaggio dei cartoni animati in UK), di andare di nascosto alla società ad un concerto dei Kings of Leon, venire “beccato” a ballare a torso nudo e prendersi una salatissima multa, di scappare dal ritiro della nazionale inglese dove Fabio Capello proibiva il consumo di Ketchup … e andare con qualche compagno a mangiare al Mc Donald’s o di presentarsi ad un allenamento con il Totthenam con maglia, calzoncini e calzettoni … e degli stivali della UGG ai piedi ! … prima ovviamente di venire cacciato dal campo dal suo “amico” Harry Redknapp.

    La vita, quella vera, con l’adorata e bellissima Kimberley (sono insieme da quando David aveva 15 anni e lei 13) e i loro tre figli, è iniziata dopo il calcio e a quanto pare il David Bentley imprenditore è addirittura meglio del calciatore.

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