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  • Mihajlovic: 'Sono ancora qua e sono incazzato con la squadra'. I medici: 'Non è ancora finita' VIDEO

    Mihajlovic: 'Sono ancora qua e sono incazzato con la squadra'. I medici: 'Non è ancora finita' VIDEO



    L'allenatore del Bologna, Sinisa Mihajlovic (foto Ansa) ha reso alcune dichiarazioni sulle proprie condizioni di salute in una conferenza stampa, in compagnia dei medici dell'Ospedale Sant'Orsola che lo hanno assistito negli ultimi mesi: "Prima di tutto ringrazio tutti per essere qui e per avermi dimostrato grandissimo e sincero affetto in questi mesi di malattia”. 

    PARLA DZEMAILI - Nella sala stampa del centro sportivo di Casteldebole hanno fatto irruzione a sorpresa i calciatori del Bologna, con Mihajlovic che ha scherzosamente detto: "Non dovevano essere in campo? Fanno di tutto pur di non allenarsi!". A cui ha risposto, a nome della squadra, Blerim Dzemaili: "Dire che ci sei mancato è poco, volevamo farti questa sorpresa anche se sappiamo che non sei molto contento con noi per l'ultima partita. Volevamo solo dirti che siamo molto contenti di averti qui". 



    GENTE MERAVIGLIOSA - Mihajlovic ha poi ripreso la parola: "È un'altra dimostrazione di affetto e vicinanza nei miei confronti. L'ultima volta che ci siamo sentiti era il 13 luglio, ho pensato che fosse giusto ritrovarci insieme ai medici. In questi 4 mesi difficili ho conosciuto al Sant'Orsola medici straordinari, infermieri che mi hanno curato e sopportato: so che ho un carattere forte, difficile ma loro sono stati meravigliosi con me. Li ringrazio tutti di cuore, anche per la vicinanza alla mia famiglia. Sono stati tutti fondamentali, senza di loro non avrei fatto quello che ho fatto. Passo la parola ai medici che devono tornare a salvare altre vite". 



    PAROLA AI MEDICI - Successivamente, ha preso la parola il dottor Michele Cavo, dell'Istituto di Ematologia del Sant'Orsola:  "È il primo giorno che parlo con la stampa e lo faccio per espresso desiderio di Sinisa. Il mio silenzio era legato alla necessità di essere totalmente cauti e prudenti nei confronti della malattia. La storia che raccontiamo oggi, quella di Sinisa, si può declinare per tutti i pazienti dell'Istituto. Oggi riannodiamo la pellicola e torniamo indietro di 4 mesi, quando abbiamo dovuto fare una serie di accertamenti per ricalibrare esami sostenuti per altri motivi. La diagnosi ricevuta è quella di una leucemia acuta mieloide: vuol dire che un particolare tipo di globuli bianchi vanno incontro ad un processo di arresto della loro maturazione e proliferano senza controllo. Questo porta il midollo osseo a perdere la sua capacità di produrre globuli e piastrine. Nell'arco di pochi giorni abbiamo effettuato una serie di accertamenti per identificare se queste cellule tumorali producessero proteine per tracciarne il loro identikit. Inoltre c'era da capire se c'erano alterazioni e se 30 geni, quelli più coinvolti di solito, avessero o meno delle mutazioni. Un evento che non è innescato da fattori esterni ma si realizza perché più eventi genetici trasformano il DNA del paziente. Fare tutto questo percorso è utile, perché ci dà delle conoscenze relative alla biologia della malattia e perché ci permette di scegliere terapie mirate. Nel caso di Sinisa questo processo ci ha consentito sin dall'inizio di avere certezza che il suo percorso avrebbe previsto il trapianto se avessimo trovato un donatore compatibile. L'approccio è stato classico, fatto di farmaci chemioterapici in due cicli. Il primo ciclo è durato più di 30 giorni, il secondo è stato più breve. In tutto 43 giorni perché noi utilizziamo farmaci efficaci ma stupidi, che non riconoscono cosa è buono e cosa è cattivo. Questo vuol dire che per uccidere tutte le cellule tumorali abbiamo dovuto uccidere le cellule residue e così il midollo osseo era sospeso dalle sue funzioni. Il risultato dopo il primo ciclo è stato molto positivo: l'obiettivo era di far sparire le cellule tumorali e stabilizzare il midollo osseo. Nel secondo ciclo abbiamo ripetuto la stessa storia ma più breve. Siamo partiti subito con la ricerca del donatore più compatibili, prima nell'ambito dei familiari e poi allargando il raggio d'azione nei registri dove poi l'abbiamo trovato. Esattamente un mese fa abbiamo effettuato il trapianto, necessario per consolidare la situazione. Sinisa mi ha detto di voler chiudere oggi un cerchio aperto quattro mesi fa e dal suo punto di vista è legittimo; dal nostro però quel cerchio non è ancora chiuso".

    NON E' FINITA - A completare il discorso ha provveduto la dottoressa Francesca Bonifazi: "Per fare un trapianto occorre un donatore. La donazione ha tre caratteristiche: è volontaria, gratuita, anonima. Il trapianto non è un intervento chirurgico, ci tengo a sottolinearlo. Oggi possiamo dire che le cellule hanno attecchito ed è stato un passo fondamentale; inoltre ad oggi non ci sono complicanze cliniche. Il decorso post trapianto è stato regolare. Ma occorre cautela: i primi 100 giorni sono molto delicati, il sistema immunitario è ancora molto fragile. Il ritorno alla vita normale di Sinisa avverrà gradualmente, valuteremo di volta in volta se ci sarà la possibilità di essere presente. Non c'è una tempistica definibile per considerare passata la malattia: il bollino del guarito viene dato dopo 5 anni".

    Ha concluso la conferenza stampa lo stesso Mihajlovic, visibilmente commosso quando ha parlato della propria famiglia: "Voglio ringraziare tutti quelli che hanno avuto un pensiero per me. Mi sono sentito molto protetto e voluto bene, sentendomi come parte di una famiglia. Poi volevo ringraziare tutti i tifosi e soprattutto i tifosi del Bologna che mi hanno fatto sentire come un fratello. Ringrazio anche la società in tutte le sue componenti perché sono stati unici, sin dal primo momento, non hanno mai messo in dubbio la mia permanenza qui. Grazie anche ai miei amici più stretti, uno particolare e più sentito alla mia famiglia. Mia moglie è stata tutti i giorni con me e mi ha dimostrato di essere fortunato: forse è l'unica persona al mondo che ha più palle di me. I miei figli sono la mia vita e quando c'era il problema di trovare un donatore hanno accettato di fare subito tutti gli esami del caso".

    IL MESSAGGIO - "Voglio dire a tutte le persone malate gravemente che non c'è da aver paura, di piangere e di soffrire. Non si deve mai perdere la voglia di vivere. Non mi sono mai sentito un eroe per quello che sto facendo. Sono un uomo forte, con tutta la sua fragilità. E queste malattie non le puoi vincere solo con il coraggio, servono le cure. Prendo diciannove pastiglie al giorno, ma le prendo. Perché il mio obiettivo era uscire dall'ospedale, la mia chiusura del cerchio, il dormire a casa mia e non stare sempre in ospedale. Ora non parliamo più della leucemia di Mihajlovic, ma di Mihajlovic l'allenatore del Bologna. Più il tempo passa più riprenderò le forze, ho perso 21 chili. Spero che dopo questa esperienza di uscire come un uomo migliore perché nella vita precedente la pazienza non era il mio forte ma oggi devo averla per forza. Guardo tutto in un'altra maniera, prendere una boccata d'aria diventa una cosa bellissima".

    SONO INCAZZATO - Poi Mihajlovic ha parlato anche del momento della squadra: "Vi devo dire che sono incazzato nero per i risultati, per il gioco, per l'atteggiamento. Da adesso in poi bisogna dare il 200% e abbiamo già cominciato: dobbiamo riprendere la normalità e fare punti. Chi non si rimette in carreggiata avrà dei problemi con me. Sono convinto che presto rivedremo il Bologna che siamo abituati a vedere. Un'altra cosa: quando sono uscito dall'ospedale mia moglie ha postato una foto con una frase di Ramazzotti 'più bella cosa non c'è' ed era molto azzeccata. Oggi voglio usare una frase di Vasco: 'eh già, io sono ancora qua'. Andrò avanti per la mia strada. Quando torno in panchina? Spero contro il Milan o l'Atalanta. In cosa cambierò? Mi sono promesso di arrabbiarmi di meno, ma proprio non ce la faccio. Var? E' una cosa utile. Sono le regole che mi lasciano perplesso, ci vuole un ingegnere nucleare per capire qual è la posizione giusta per valutare il fallo di mano. Panchina d'Oro? Il premio lo accetterei solo per quello che ho fatto col Bologna. Se me lo danno per la mia malattia non mi interessa".

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