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  • Milanmania: l'onore delle armi è dei perdenti, il Milan come una provinciale

    Milanmania: l'onore delle armi è dei perdenti, il Milan come una provinciale

    • Andrea Distaso
    Passata la notte, dopo ore e ore (?) di riflessioni notturne e magari qualche incubo (sicuramente non più spaventoso degli errori difensivi che hanno spianato la strada a Mandzukic e Pogba), i tifosi del Milan si saranno fatti un'idea più chiara e maggiormente aderente alla realtà sulla partita contro la Juve di ieri sera. Poche storie, basta appellarsi all'orgoglio (dov'era questo contro Chievo, Atalanta e potremmo continuare) o alla consolazione di aver tenuto testa per un'ora ad una Juve col freno a mano tirato.

    COME UNA PROVINCIALE - Davvero la squadra rossonera si è ridotta ad un qualunque club di media-bassa classifica che può al massimo coltivare l'ambizione di uscire dal campo, al cospetto della Juve, con l'onore delle armi e gridare alla sfortuna per i miracoli di Buffon? Questo non è (più) Milan. Siamo onesti: in quanti credevano realmente nel miracolo contro una formazione clamorosamente meglio attrezzata e chi davvero ritiene che gli uomini di Allegri si siano espressi al massimo delle proprie potenzialità? Nessuno, se si sa guardare una partita oltre il risultato e soffermandosi con un po' più di attenzione ai dettagli. La Juve ha deciso a proprio piacimento, come del resto fa da qualche settimana, quando abbassare e alzare i ritmi della partita. Finchè il Milan ha avuto la forza di spingere, ha segnato e creato qualche problema ai campioni d'Italia, ma alla lunga l'inferiore cifra tecnica dei rossoneri è emersa. 

    AMBIZIONE E PROGRAMMAZIONE - Sia ben chiaro, Mihajlovic ha delle responsabilità (come tutti) sull'andamento troppo altalenante di questa stagione, ma ancora una volta ha detto una verità, nella conferenza stampa pregara, e chi di dovere dovrebbe ascoltarlo. Da questa Juventus bisogna solo imparare e trarre spunto. Il che, tradotto in termini pratici, vuol dire ripartire da un progetto e un'idea che sia portata avanti negli anni, senza continui stravolgimenti. La Jue dei due settimi posti pre-Conte aveva comunque posto le fondamenta costruendo un reparto difensivo oggi tra i migliori in Europa (Buffon-Barzagli-Bonucci-Chiellini), affidando le chiavi del centrocampo a Marchisio e con un attacco all'epoca (Matri, Quagliarella, Vucinic, Giovinco e Del Piero) mica tanto superiore a quello del Milan di oggi. Poi, certo, sono arrivati i Pirlo e i Vidal in una sola estate, ma senza una base forte e la pazienza e la fiducia di una società compatta nulla sarebbe stato possibile. Milan-Juve ha detto anche questo, altro che la sfortuna e l'onore delle armi.
     

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