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  • Montenegro: non solo Vucinic e Jovetic

    Montenegro: non solo Vucinic e Jovetic

    • Luca Cassia

    La Repubblica del Montenegro deve il suo nome all’oscurità delle foreste che coprivano le Alpi Dinariche, tonalità cupe come l’egemonia jugoslava (poi serba) spezzata con l’indipendenza nel giugno del 2006. In realtà il futuro calcistico del piccolo paese balcanico non è mai stato così limpido: dopo la vittoria infrasettimanale contro San Marino, il Montenegro è al comando del gruppo H nella corsa ai Mondiali 2014. Dettaglio non da poco considerato che nel raggruppamento fanno parte anche le organizzatrici degli scorsi Europei (Polonia e Ucraina) ma soprattutto l’Inghilterra, seconda con due lunghezze di ritardo dai Hrabri Sokoli, i Falchi Coraggiosi.

    Un déjà vu inquietante per la Nazionale di Sua Maestà, già tormentata dalla presenza montenegrina nelle ultime qualificazioni europee. L’Inghilterra di Fabio Capello racimolò due pareggi a Londra e Podgorica contro la sorprendente rivale, staccando il pass per la fase finale in virtù del vistoso calo di Vučinić e compagni (quattro punti nel conclusivo poker di gare). Il Montenegro, colmo di rimpianti, uscì comunque a testa alta dallo spareggio concesso alla Repubblica Ceca. 
    Bagnato dal Mar Adriatico e con una popolazione che non raggiunge i 700.000 abitanti, dal 2007 il Montenegro è stato introdotto nei circuiti Uefa e Fifa. Cinque anni per guadagnare l’attuale 34° posto nel ranking, un lustro che ha palesato la tradizione calcistica dell’ex Federazione Jugoslava. Il campionato nazionale è di recente formazione e livello mediocre, pretesto che ha spinto alla diaspora gli esponenti più talentuosi. Il pregio dell’allenatore Branko Brnović è stata proprio l’amalgama di interpreti differenti per estrazione di club, dispersi non solo tra i confini europei come nel caso dell’attaccante Damjanović, protagonista in Corea del Sud. Brnović, 45enne ex difensore, condivise natali al Budućnost e trascorsi nella selezione jugoslava con Dejan Savićević, emblema e portavoce della causa del Montenegro. 
    Undici anni dopo il ritiro del Genio, Mirko Vučinić e Stevan Jovetić rappresentano i pezzi pregiati dello scacchiere balcanico e della nostra Serie A. La loro militanza nel Bel Paese scongiura qualsivoglia presentazione, necessaria invece per altri prospetti arruolati tra le fila giallorosse. Nel consolidato 4-4-2 di partenza tra i pali è preferito il portiere Božović, guardiano della rivelazione ungherese Videoton in Europa League. I centrali Baša e il viola Savić conferiscono un mix di esperienza e gioventù, gli eclettici esterni Zverotić (Young Boys) e Volkov (Partizan) sono stati testati da Udinese e Inter. Vukčević, jolly del Blackburn, è il recordman di presenze in Nazionale mentre i mediani Drinčić e Novaković giocano in Russia con Krasnodar e Amkar Perm. L’attacco è il reparto che vanta più alternative, specie se privo dei due intoccabili: si passa dal rodato Delibašić all’intrigante Beqiraj, dall’emergente Kasalica alla promessa Djordjevic, 18enne già accasatosi allo Zenit di Spalletti.
    Un mosaico di nomi sconosciuti ai più ma encomiabili in maglia montenegrina. L’occasione di conoscerli scocca il prossimo 26 marzo, quando il catino di Podgorica accoglierà l’Inghilterra in un revival tutto da gustare.

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