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  • Moratti ha le visioni: sogna Messi all'Inter con Baggio e Guardiola, ma poi...

    Moratti ha le visioni: sogna Messi all'Inter con Baggio e Guardiola, ma poi...

    Moratti, voglia di fuga tra visioni e sigarette: a Marsiglia l'ultimo atto.
    Due domeniche fa si era rabbiosamente fumato una Moratti dopo l'altra. Venerdì scorso, aspirando a una rivincita che pareva scontata, ha finito per lasciare lo stadio anzitempo, senza il nobiliare distacco che fu di Gianni Agnelli, bruciando anzi di borghese stizza. Scena madre che produce un ultimo atto: domani a Marsiglia, o la va o la spacca. Ma vorrebbe tanto non essere costretto a cacciare l'allenatore, anche perché, come gli accade da due anni, non sa con chi sostituirlo. Se Claudio Ranieri è all'ultima spiaggia, Massimo Moratti è Schettino a venti metri da riva e procede con la stessa lucidità. Nessuno che gli urli: "Torni a bordo, cazzo!". Per carità. Se prende un gommone e sparisce nella notte sono tutti sollevati, perfino i bambini che ormai invocano Telefono NerAzzurro.

    E l'annus horribilis dell'ultimo presidente puro, il solo che non abbia veramente altro a cui pensare se non al suo Subbuteo. Al confronto, le delusione della stagione scorsa sono sì stelle morte, ma ancora luminose: vinse la coppa del nonno (come Mancini chiamava l'Intercontinentale), fece arrabbiare il Milan con Leonardo e per un po' gli morse perfino la coda. Che questa dovesse essere un'annata peggiore lo si è capito dal ciapanò d'estate, quando la panchina dell'Inter sembrava arroventata dal sole a punto che nessuno voleva sederci sopra.

    Troppo è cambiato nella vita di Moratti. Un tempo inseguiva i suoi pallini (Mancini, Mourinho) fino a che riusciva a comprarli e con loro a vincere qualcosa. Adesso guarda la pallina girare finché si ferma su una casella a caso, con il nome del prossimo allenatore. Lui fa una smorfia disgustata. Osserva inorridito l'acconciatura di Gasperini o l'alone di sudore sulla camicia di Benitez. Annusa guai e li ottiene. In un'altra epoca era circondato da consiglieri affamati che, come broker inseguiti dal toro a Wall Street, gli urlavano: "Compra! Compra!". E lui portava a casa di tutto: da Centofanti a Ronaldo, da Quaresma e Sneijder. Ora lo assediano contabili a dieta sussurrandogli minacciosi: "Vendi! Vendi!".

    Lui molla Eto'o, che era stato l'affare della sua vita. E passi. Ma quando a gennaio cede Thiago Motta siamo ai saldi. Il Milan gli compra Muntari con un voucher di Groupon, lo ricicla e ci vince una partita che lo tiene in corsa scudetto. In cambio, nel centrocampo dell'Inter spuntano Palombo e Poli. Aggiungi Pazzini là davanti e hai ottenuto una bella fetta di Sampdoria 2010-2011. Non esattamente un modello aspirazionale.

    Moratti è un visionario, ma si tratta di definizione a doppio taglio: per un po' hai una visione, alla fine hai le visioni. Attualmente chiude gli occhi e vede Guardiola, tutore di Baggio, con Messi centravanti. Poi li riapre e ci sono il Sor Fettina che urla e Castaignos che sputacchia. Il tempo non fa prigionieri.

    Solo qualche anno fa Moratti era il volto umano del calcio, un po' fuori posto a un congresso di iene, ma capace di sopravvivere e qualche volta guidare il branco. Poi è rimasto indietro e se lo stanno trascinando. Ha continuato a pensare che tutta la faccenda potesse restare un'aziendina a conduzione familiare, con la moglie a capo del marketing, mentre intorno gli altri creavano stadi e holding. Poiché nel suo manuale di strategia il miglior attacco è la difesa, invece di puntare alla conquista dello scudetto 2012, ha cercato di mantenere quello del 2006, un'altra epoca. Andarsene a partita aperta è segno di superiorità, farlo a partita chiusa è una dichiarazione d'inferiorità. Nel primo caso si accetta qualuque destino, nel secondo ci si arrende all'unico possibile.

    E ora Marsiglia, crocevia dell'improbabile. Negli ultimi mesi l'Inter ha portato il suo presidente sulle montagne russe: morta, risorta, sprofondata sotto terra. Gli ha prodotto ulteriori solchi sulla maschera di amarezza che indossa. E un giramento di testa che non propizia la messa a fuoco della realtà. Quello che invoca è soltanto una proroga, la possibilità di andare avanti rinviando le decisioni sbagliate a un momento più giusto. Di tutti i sogni di gloria gli resta quello di un pareggio in Francia. E', anche questo, il suo lato umano: prega per rinviare l'esecuzione di una condanna che sente, più ancora che ingiusta, inutile: "Fà che non sia la fine irrimediabile". Purtroppo, come noto, capita che a Marsiglia si spengano le luci.


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