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  • Nizar, morto per un chilo di banane nella Tunisia che è diventata un lager

    Nizar, morto per un chilo di banane nella Tunisia che è diventata un lager

    • Marco Bernardini
      Marco Bernardini
    Tre giorni di agonia con il corpo devastato dal fuoco. Poi la morte. Proprio ciò che era accaduto, nel lontano 1969, a un giovane studente cecoslovacco il cui nome ancora oggi viene celebrato come quello di un eroe della resistenza e contro ogni forma di dittatura. Un fil rouge lega il destino di Jan Palac a quello di Nizar Issaoui. Entrambi martiri che hanno scelto di uscire dalla scena con il finale dei monaci buddisti suicidi pur di non dover cedere al nemico e a coloro che pretendevano da loro la negazione del loro credo libertario.

    Palac si diede fuoco in piazza Vensceslao, a Praga e da quel giorno i fermenti antisovietici e gli afflati democratici cominciarono a lievitare proprio nel nome e del ragazzo immolato per la libertà. Nizar, ex stella del calcio tunisino, ha scelto la medesima strada infuocata per urlare il proprio dissenso nei confronti di un regime corrotto fino al marciume che ha ridotto la Tunisia al collasso costringendo la gente a fuggire sulle carrette del mare.

    Nizar non è scappato. Si è dato fuoco davanti alla sede della polizia dopo aver protestato contro un venditore ambulante che lo aveva truffato vendendogli un chilo di banane marce ad un prezzo tre volte più alto perché così aveva stabilito il nuovo calmiere imposto dal governo. Il giorno in cui vennero celebrati i funerali di Palac duecentomila persone invasero piazza Venceslao con puntati addosso i mitra dell’esercito cecoslovacco e di quello sovietico. Nel momento delle esequie del campione magrebino, le maggiori città della Tunisia verranno blindate dalle autorità. Ma, come allora, è bene ricordare che il popolo non sarà mai definitivamente vinto.

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