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  • L'incredibile racconto di Oriali sul trasferimento di Baggio al Bologna nel ricordo di Gazzoni

    L'incredibile racconto di Oriali sul trasferimento di Baggio al Bologna nel ricordo di Gazzoni

    Pubblichiamo per gentile concessione del Corriere dello Sport/Stadio, una bella intervista di Claudio Beneforti a Gabriele Oriali ex direttore sportivo del Bologna nel ricordo di Giuseppe Gazzoni, scomparso due giorni fa, e del travagliato rapporto tra Roby Baggio e Mister Ulivieri.

    Lele (Oriali) mi consenti di rendere pubblico l’sms che mi hai inviato venerdì alle 9,30 dopo una mia  telefonata?

    «Certo».

    “So già che è morto il Pres, lo consideravo un fratello maggiore e parte della mia famiglia. Ci sentiamo più tardi, ora non me la sento”. E mi hai telefonato alle 15.

    «Ero troppo scosso, ti chiedo scusa, è come se se ne fossero andate una parte fondamentale della mia vita professionale e una parte di me. Tra l’altro ho anche un grande rammarico...».

    Quale?

    «A fine gennaio ero già in stazione a Milano per raggiungere Bologna, io e Carlo Pallavicino avremmo dovuto pranzare a casa di Gazzoni. Ma mentre stavo per salire sul treno, Carlo mi ha chiamato per informarmi che il Pres aveva qualche linea di febbre, e così abbiamo dovuto rimandare l’incontro».

    Qual è l’ultima volta che hai parlato con Gazzoni?

    «Poco prima di quel giorno, volevo ringraziarlo per avermi mandato un dvd sui miei meravigliosi 4 anni a Bologna. Gazzoni è sempre stato un grandissimo signore. Tra l’altro non devi dimenticare una cosa»...

    Magari quella che da direttore sportivo arrivavi dalla Solbiatese?

    «Sì. Dove avevo fatto bene, ma il Bologna era il Bologna. Gazzoni avrebbe voluto che firmassi un triennale, ma io gli dissi: la cifra la metta lei, a me va bene tutto, a patto che il contratto sia annuale. Mi chiese il perché e gli risposi che prima di legarci a lungo avrei voluto verificare se tra me e lui sarebbe potuta nascere una buona alchimia, senza la quale è impossibile costruire le vittorie. In quell’occasione decidemmo anche di andare a parlare con Renzo Ulivieri».

    Con l’Ulivo ti trovasti in un ristorante appena fuori dal casello di Barberino del Mugello.

    «Era a Vicenza in serie B, e non ero sicuro che accettasse la nostra proposta. Invece Renzo dimostrò subito il suo entusiasmo e allora un paio di giorni dopo lo portai a cena a casa di Gazzoni. E ti raccomando quello che venne fuori...».

    In che senso?

    «Le idee politiche di Renzo e quelle del Pres le conosci bene, sai quanto sono diverse per non dire addirittura opposte. Durante la cena si tirarono più di una battuta, ma tutti e due avevano capito che dovevano passare sopra a queste loro preferenze e che contava solo il ritorno del Bologna in serie B».

    In poche parole, poco importò a Gazzoni che tu gli avessi portato il diavolo in casa.

    «Hai capito, e lo capirono da subito anche il Pres e Renzo, essendo due persone estremamente intelligenti. Per entrambi la politica è sempre stato il presupposto per mangiare insieme e fare due risate. Ti ricorderai, vero, quando Ulivieri invitava Gazzoni a cena e gli metteva davanti la statuetta di Lenin per provocarlo da maledetto toscano. Tutte le settimane io e un giocatore andavamo a casa di Renzo per fare gruppo e ogni giovedì io mi ritrovavo a cena fuori con Gazzoni per parlare di quello che era stato e che avrebbe dovuto essere fino alla domenica»

    E intanto tra te e Gazzoni continuava l’idillio.

    «Anche se da novembre cominciava a starmi addosso per quanto riguarda il contratto. Tra l’altro nel frattempo mi erano arrivate alcune proposte da squadre di serie A. Io dicevo al Pres che doveva fidarsi di me, ma fino a quando non misi il nero su bianco non ebbe pace. E quella volta firmai per tre anni».

    Perché avevi cambiato idea rispetto a pochi mesi prima?

    «Perché avevo capito che quel Bologna avrebbe potuto fare grandi cose. Credimi, gli unici scontri, per modo di dire, li avevo solo con Renzo. Che a un certo punto mi chiese di portargli Di Carlo del Vicenza, sembrava per lui una questione di vita o di morte. Puoi immaginare quante me ne disse quando acquistai Andrea Bergamo, che poi è diventato uno dei suoi orfanelli».

    E in tutto questo Gazzoni?

    «Ci diceva che dovevamo fare noi e che l’importante era che non gli creassimo problemi. Non scordarti che dopo la promozione in B, andammo in serie A e che il primo anno di A demmo spettacolo. Ecco, per essere precisi, dopo il suo innamoramento per Carletto Nervo, a metà della serie B partecipò alla trattativa per Giorgio Bresciani. Lo volle per avvicinarci ancora di più alla promozione e fu proprio Bresciani a regalarcela con la rete segnata negli ultimi attimi contro il Chievo. Ricordi l’Ulivo quella domenica?».

    Ricordo che sembrava Belzebù.

    «Belzebù, bravo, che con il suo cappottone blu correva per il campo, nonostante ci fossero 35 gradi».

    A proposito di Ulivieri, cosa facesti tu e la Gazza quando vi chiese di essere lasciato libero per andare alla Fiorentina?

    «Io gli dissi subito no, che sarebbe rimasto come ero rimasto io nonostante le proposte che avevo ricevuto. Renzo si incazzò e allora andai a chiedere il parere del Pres».

    E il Pres cosa ti disse?

    «Che avrei dovuto decidere io. Una volta che gli feci sapere che sarebbe stato troppo rischioso per il Bologna liberarlo, il Pres mi guardò serenamente e a voce bassa esclamò. «Lele, non preoccuparti, vedrai che Renzo se ne farà una ragione. E se poi non se la farà, pazienza».

    Bene, e voi per premiarlo nell’estate successiva gli avete portato Baggio.

    «Non correre troppo. Te la racconto bene. Incontro Ulivieri e mi chiede un calciatore con certe caratteristiche tecniche e fisiche».

    Che non sono quelle di Baggio, vero?

    «Ti sei risposto da solo. Cinque minuti più tardi mi chiama nel suo ufficio Gazzoni».

    Per chiederti cosa?

    «Mi domanda: Lele cosa ne pensa se portiamo Baggio a Bologna? Baggio è Baggio, del Bologna parlerebbero in tutto il mondo. Io gli dico che per certi versi ha ragione, ma gli ricordo anche qual è l’idea di Renzo. Passano un paio di giorni e mi richiama nel suo ufficio».

    E tu hai già capito tutto...

    «Sì. Mi dice che devo accompagnarlo a Milano per trattare Baggio con Galliani. Prima incontriamo il Milan poi Vittorio Petrone. La trattativa è molto complicata ma io vedo la luce negli occhi del Pres».

    E due giorni dopo ecco che arriva l’intesa.

    «A quel punto gli dico: Gazzoni mi faccia la cortesia di informarlo lei Renzo. E Gazzoni per la prima volta mi si rivolge con il tono duro: mi dispiace Oriali, glielo deve dire lei, rientrando nei suoi compiti. La pago anche per questo».

    E tu come glielo hai detto?

    «Con tutte le cautele del caso. Renzo abbiamo preso un giocatore. Non ti posso raccontare quello che disse, ma immaginai quello che sarebbe potuto succedere di lì a poco».

    Anche perché un paio di sere dopo c’era un’amichevole contro l’Inter al Dall'Ara.

    «Ulivieri e la squadra arrivarono da Sestola e subito Renzo mi disse: scendo dal pullman, puoi scommettere che domani non ci risalgo».

    Quella fu la notte dei lunghi coltelli.

    «Andammo a mangiare una pizza vicino allo stadio poi lo accompagnai a casa e rimasi con lui fino alle cinque del mattino. Ero convinto che la mattina dopo non si sarebbe presentato al campo. Arrivò anche il presidente, avvertendo il pericolo, ma per fortuna l’Ulivo aveva cambiato idea».

    Lele, dimmi, come visse poi il presidente quei tre giorni terribili dopo l’esclusione di Baggio contro la Juve.

    «Rimase in via Barontini, mentre io persi qualche chilo, chiuso com'ero nel mio ufficio mentre fuori c’erano tutte le televisioni del mondo, compreso Striscia la notizia. Capii che la situazione era drammatica, feci parlare i giocatori sia con Renzo che con Roby. A un certo punto, d’accordo con il Pres, decisi di rinchiuderli in una stanza e dissi a entrambi che sarebbero potuti ricomparire solo con una soluzione. Incredibilmente uscirono abbracciati e sempre abbracciati andarono fuori dal centro tecnico con la cinquecento, come se fossero diventati marito e moglie».

    Ti confesso una confidenza che mi ha fatto il Pres: ho capito perché sia Conte che Mancini vogliono accanto Lele, che ha imparato a Bologna tante cose.

    «Gazzoni ha ragione, per me il Bologna è stata una grandissima palestra, a Bologna ho imparato come ci si deve comportare facendo questo mestiere. Io ho fatto da cuscinetto tra il Pres e Ulivieri, tra Ulivieri e Baggio, tra Ulivieri e la squadra. Vi dico questa: non potendo incazzarsi sempre l’Ulivo, a volte mi incazzavo io per lui. E anche in panchina era così, mica potevo permettere che gli arbitri lo buttassero sempre fuori. Allora a volte mi sacrificavo. Tra l’altro...».

    Tra l’altro?

    «Ulivieri si faceva mettere sempre una clausola sul contratto, e cioè che non doveva pagare multe per le prime quattro espulsioni. Sì, io, Gazzoni e l’Ulivo eravamo fatti su misura, siamo stati una grande triade. Con il Pres al vertice del triangolo. Dai, fammelo dire».

    Ti ascoltiamo.

    «Gazzoni è stato il mio presidente, il presidente più grande che abbia mai avuto, nessuno potrà mai essere per me quello che è stato lui».

    Avrebbe potuto essere grande anche adesso?

    «Con la sua cultura e con la sua intelligenza avrebbe potuto adattarsi anche a un calcio che è sempre più lontano dal suo».

    A chi lo accosteresti come presidente?

    «A Ivanoe Fraizzoli per la sua eleganza e la sua grande educazione».

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