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  • Nonostante Madrid: l'Inter emancipata di Inzaghi, le '3 rotture' e la decostruzione di Conte

    Nonostante Madrid: l'Inter emancipata di Inzaghi, le '3 rotture' e la decostruzione di Conte

    • Luca Bedogni
      Luca Bedogni
    Nonostante Madrid. Al di là di Madrid. Senza tralasciare Madrid. In questo pezzo proverò a riprendere e approfondire quanto avevo già anticipato in un articolo del 5 giugno (Inter, 3-5-2 a confronto: le differenze tra Conte e Inzaghi), quando ancora non era esplosa l’Inzaghimania. Mi dovrete perdonare se come tappa intermedia citerò un altro must di questa rubrica, ovvero l’apologia di Calhanoglu apparsa l’8 ottobre (In difesa di Calhanoglu: due o tre miti tattici da sfatare…), dopo l’inguardabile primo tempo dell’Inter a Reggio Emilia. Ma è necessario: serve a comprendere concettualmente una svolta, nonché la via percorsa da Inzaghi fino a questo momento. Come e quanto la sua Inter si sia affrancata-emancipata dalle rigidità (comunque performanti) di Conte. Scorrendo immagini tratte da Real-Inter e Roma-Inter toccheremo tre temi chiave, le ‘3 rotture’ che da sole potrebbero sintetizzare la muta del Biscione. 

    BRACCETTI INVASORI E CONSEGUENZE - Partiamo da una ripartenza shock del Real Madrid. Notate che dei tre nerazzurri in ripiegamento, soltanto Skriniar è difensore puro. Sarebbe mai accaduta una cosa del genere con Antonio Conte in panchina?

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    Rarissimamente, forse. Questi squilibri erano evitati come la peste, specie da un certo momento in avanti della scorsa stagione. Nell’Inter di Inzaghi invece sono molto più frequenti. Non dico capitino almeno una volta a partita, ma quasi. Perché fanno parte del pacchetto, li si accetta e ci si convive considerando la compensazione tattica in fase offensiva. Pensate al paradosso del primo gol subito a Madrid: l’Inter ha preso l’uno a zero di Kroos con la squadra schierata e chiusa nel primo terzo di campo, non già in una ripartenza come questa. Perché il calcio è strano, imprevedibile, dunque ognuno lo affronta con le sue armi. Ma torniamo a noi: da cosa nasce uno squilibrio difensivo così pronunciato? Da una fase offensiva super coraggiosa. Ecco la scivolata di Rodrygo che anticipa Calhanoglu e innesca il contropiede. Ecco la variabile impazzita (non un errore, ma un tiro di Brozovic respinto con palla vagante al limite dell’area, riconquistata per un soffio dai Blancos). Ecco la posizione dei due braccetti nerazzurri al momento del lancio di Rodrygo per Vinicius J. Sono entrambi dentro l’area del Real. Skriniar dietro è rimasto da solo. 

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    Ebbene: come non si prende gol ad ogni contropiede, così si può subirne uno col pullman parcheggiato davanti alla porta. Ognuno riduce il rischio come crede, secondo il proprio stile. Inzaghi, a differenza di Conte, pensa che i braccetti del 3-5-2 debbano essere non solo dei costruttori, ma anche degli invasori sistematici. Estremi invasori, in grado di buttarsi tra le linee (come qui sotto D’Ambrosio) o di attaccare gli spazi di là dalla difesa opposta. E questo da una parte genera bellezza, varietà di combinazioni, superiorità numeriche, nuove opportunità, dall’altra espone l’Inter alle transizioni degli avversari. È normale. 

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    En passant, un accenno al tema delle punte che riprenderò tra qualche fotogramma. Calhanoglu in questo caso ignora i braccetti e prova a forzala per Lautaro. L’argentino si lascia oscurare da Casemiro quando lo spazio utile sarebbe un altro, quello occupato dall’arbitro. Un errore di posizionamento tra le linee che un giocatore come Correa difficilmente farebbe. E forse non è un caso se la prestazione più bella l’Inter l’ha fatta con Correa e Dzeko in campo, sabato contro la Roma. Joaquin è mago in questo.

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    Calhanoglu giustamente si arrabbia col compagno, ma due giocatori del Real si disturbano a vicenda e così il pallone finisce a Bastoni. To’, Bastoni, il braccetto di sinistra. Sviluppare i braccetti in questo modo non significa soltanto esporsi alle ripartenze, ma lavorare di riaggressione preventiva. Persa palla, con uno sviluppo del genere l’Inter è più aggressiva, non scappa indietro subito. Ci prova per qualche secondo a riaggredire, poi magari si ricompatta e si abbassa.

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    ROMPERE IL TANDEM - Passiamo ora al discorso punte, un altro tema chiave della rivoluzione di Inzaghi. Il nuovo tecnico nerazzurro ‘rompe’. Rompe il carrozzone difensivo di Conte sganciando i braccetti, rompe gli schemi memorizzati, rompe il centrocampo e quindi rompe anche il tandem. La coppia d’attacco non ha compiti e posizioni rigide, non deve fare questo e poi quello. Avete mai visto Lukaku aprirsi e scendere a palleggiare come fa Dzeko qui a Madrid?

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    No, quasi mai per una risalita graduale e fraseggiata del pallone. Le due punte Conte le vuole tendenzialmente strette, legate, e senza troppe anarchie. In questa sequenza invece vediamo Dzeko andare a formare una famiglia di giocatori provvisoria sulla fascia destra. Un grappolo di palleggiatori per assestare il possesso nella metà campo avversaria. 

    ROMPERE I PASSAGGI - Nello stesso tempo non è scontato che Calhanoglu vada lì (da mezzala sinistra qual è) e che Brozovic giochi così corto per il turco. La crescita del regista croato va di pari passo con la crescita collettiva dell’Inter nella gestione del pallone. Che è meno frenetica, più varia nel palleggio dopo un avvio di campionato ibrido, quasi contraddittorio, in quanto caratterizzato da ottime trame e rigurgiti verticali alle prime difficoltà. Grazie alla presenza di Calhanoglu e ai dettami di Inzaghi, Brozovic sta giocando a diverse misure, non solo con passaggi medio-lunghi come faceva tendenzialmente con Conte.

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    Basti pensare a Roma-Inter: Brozovic ha giocato ben 145 palloni. Il suo record probabilmente. 

    L’AZIONE MANIFESTO - La partita dell’Olimpico ha in sé una sorta di azione manifesto del calcio di Inzaghi. Un’azione che racchiude bene i tre temi chiave trattati e che in fin dei conti sintetizzano il cambiamento: l’influsso offensivo dei braccetti, la libertà delle punte e il gioco corto. Proviamo ad analizzarla insieme, ne vale la pena. Per giocare dentro alla struttura difensiva della Roma (un 5-3-2 piuttosto passivo), Inzaghi chiedeva a Calhanoglu di ‘legarsi’ con Brozovic in costruzione. Se il croato si abbassava a impostare tra i centrali (al posto dell’uno o dell’altro), il turco diventava un perno davanti alla difesa. Questo garantiva ai nerazzurri una risalita graduale abbastanza facile. Proprio da una situazione simile nasce il due a zero. Ricordate quel che ho scritto sopra su Dzeko a Madrid? Qui è Correa che ‘rompe’ il tandem aprendosi e mostrandosi a sinistra, mentre Calhanoglu sta per ricevere il passaggio da Brozovic.

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    I braccetti accompagnano e sostengono l’azione, Perisic (il quinto di sinistra) taglia e spinge indietro la difesa della Roma, generando spazio utile per l’argentino. Calhanoglu saggiamente premia Correa con una traccia diagonale non scontata. Bastoni è pronto a sganciarsi. Non siamo ancora in grado di stabilire verso dove e per cosa, ma siamo certi che lo farà.

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    La posizione di compagni e avversari suggerisce in itinere la direzione della corsa di Bastoni. A volte si sovrappone esternamente per andare al cross o fissare l’ampiezza e palleggiare, in questo caso sceglie invece un sentiero interno, perché uno, vede spazio tra Mancini (il braccetto di destra) e Smalling (il centrale), due, Perisic sta facendo un taglio interno-esterno. 

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    Ma Mancini non segue Perisic in fascia e chiude il corridoio centrale a Bastoni. Correa legge e apre per Perisic che può avvantaggiarsi di spazio-tempo utile. Un inserimento (Bastoni) che provoca una conseguenza difensiva (Mancini) che a sua volta genera un’alternativa (il passaggio a Perisic). Nel frattempo Calhanoglu si avvicina in zona palla.

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    Su Perisic è costretto a uscire Mkhitaryan, la mezzala destra di Mourinho. Ciò genera un nuovo spazio, quello tra Mancini e l’armeno stesso. Correa, che è perfetto nell’ interpretare queste cose (e non è un caso se Inzaghi l’ha voluto all’Inter) vede e si inserisce, seguito da Ibanez. Perisic gliela restituisce mentre Calhanoglu ormai è vicino, pronto a formare una famiglia provvisoria di fraseggiatori nello stretto.

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    Ed ecco qui come si utilizzano due giocatori chiave come Correa e Calhanoglu. Bisogna che si ritrovino vicini in giro per il campo e che vengano ‘aspettati’, assecondati e collegati tra loro dalle scelte dei compagni.

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    E così Perisic che non crossa subito ma insiste nel fraseggio valorizza argentino e turco in un colpo solo, predisponendoli alla combinazione decisiva successiva, completata dal tocco fondamentale di Bastoni (proprio lui!).

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    Arrivati in area, serve pur sempre tutta l’intelligenza del numero venti per preferire l’assist al tiro a pochi metri dalla porta.

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