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  • Pioli ci restituisce il Milan di un'altra epoca: i giocatori vogliono dimostrare che Rangnick è un errore

    Pioli ci restituisce il Milan di un'altra epoca: i giocatori vogliono dimostrare che Rangnick è un errore

    • Cristiano Ruiu
      Cristiano Ruiu
    Il Milan totalizza 20 punti da quando è  ricominciata la Serie A e la vittoria per 5 a 1 contro il Bologna ha il sapore di un’altra epoca, quella di una squadra piena di campioni che lottava per vincere campionati e Champions League. Contro gli uomini di Mihajlovic, protagonisti di un ottimo torneo e reduci dalla vittoria di San Siro sull’Inter, non c’è stata partita fin dall’inizio e Ibrahimovic si è reinventato splendido regista di tutte le manovre offensive.

    Il successo contro il Bologna si può identificare come il punto più alto di questa ritrovata unità di intenti e di una coesione quasi paradossale nata dalla voglia da parte di giocatori, tecnici e dirigenti di dimostrare alla proprietà che ha sbagliato, sta sbagliando e sbaglierà a scegliere di voler smobilitare tutto e ripartire da zero con un nuovo progetto nella prossima stagione. Ma “questo” Milan è destinato a finire tra due settimane perché la proprietá non deve decidere, ma ha già deciso. Tanti mesi fa. Quello che stupisce sono le numerose e continue dichiarazioni dei giocatori che difendono Pioli e consigliano di ripartire dalla squadra-base di quest’anno innestando sia giovani promesse sia elementi più esperti. In pratica lo stesso ritornello ripetuto da Maldini, lo stesso pensiero espresso da Boban, da Gattuso e da Leonardo.

    Stupiscono le dichiarazioni dei giocatori perché la decisione della proprietà è  già stata presa e e loro si pongono in netto contrasto con Gazidis e con le sue scelte. Incuranti del fatto che è il sudafricano a decidere e che tra 2 settimane sarà Rangnick l’uomo solo al comando. E’ incredibile come i calciatori, da Rebic a Calhanoglu, giusto per citare gli ultimi che hanno parlato, siano più obiettivi e lucidi di gran parte del mondo della comunicazione. Infatti, nell’incredibile, contraddittoria e inquinata galassia rossonera di questi anni, accade che da una parte i giocatori analizzano obiettivamente il momento e si dispiacciono nel vedere la proprietà che si appresta a fare ancora una volta tabula rasa, invece dall’altra ci sono i giornali, le tv e i siti che invece di celebrare lo straordinario ruolino di marcia della squadra di Pioli dedicano ogni giorno un ampio spazio all’endorsement di Rangnick e del suo progetto che sta per cominciare. 

    Per il resto ci limitiamo orgogliosamente a rivendicare la nostra indipendenza intellettuale sostenendo due concetti:
    - a nostro parere è un vero peccato smontare ancora una volta quello che è stato creato nella seconda parte di quest’anno. Noi proseguiremmo con Pioli, ma soprattutto con Ibra a fare da chioccia ai giovani e ai nuovi arrivati. Noi cercheremmo di salvaguardare lo zoccolo duro composto da Bonaventura, Donnarumma, Romagnoli e Calhanoglu e partendo da esso costruire una squadra che possa finalmente competere per tornare in Champions League. Noi ci affideremmo a una dirigenza “all’italiana” confermando Maldini e Massara e cercando finalmente di avere una compattezza di gruppo non solo a Milanello ma anche e soprattutto in via Aldo Rossi

    - bisogna però prendere atto che Gazidis e chi lo ha eletto plenipotenziario del club hanno operato una scelta diversa, in netta controtendenza, per certi versi rivoluzionaria. Hanno deciso di affidare le chiavi del club dentro e fuori dal campo a un “manager all’inglese” che ha in animo di importare la sua teutonica filosofia di calcio, di lavoro e forse anche di vita. È un integralista, un accentratore, uno che non accetta compromessi e che vuol decidere da solo. Uno che vuol lavorare con giocatori giovani, disposti a fare tutto quello che chiede lui. Uno che non costituisce squadre per vincere, ma per valorizzare i giocatori e rivenderli al meglio. Uno che punta prima agli obiettivi economici e poi a quelli sportivi. In un’impostazione di squadra di questo tipo, dobbiamo riconoscerlo, non c’è spazio per Ibra. Lo dice lui stesso. Lo schema che abbiamo qui sopra ipotizzato non è applicabile a Rangnick e alla rivoluzione.

    Imporre Ibra a Rangnick sarebbe il modo migliore di partire con il piede sbagliato. Quindi è giusto rispettare la scelta e i progetti della proprietà sperando che questa volta non smentiscano se stessi dopo pochi mesi e che si prendano fino in fondo tutte le responsabilità nel bene e nel male. Nell’ultimo lustro ci siamo fidati delle bugie di Berlusconi, delle ombre cinesi di Yonghong Li, della gestione suicida di Fassone, delle scelte schizofreniche di Gazidis, tanto vale a questo punto dare credito anche a Rangnick. Sperando che queste 8 vittorie non siano l’ennesimo rimpianto e l’ennesima illusione.

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