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  • Pippo Russo: il derby da acquario nel campionato a misura di Infront

    Pippo Russo: il derby da acquario nel campionato a misura di Infront

    E finalmente a inizio ripresa l’Effetto Acquario s’è fatto sentire anche attraverso la tv. Roma-Lazio era appena ricominciata dopo un tiratissimo finale di primo tempo, e mentre la gara attendeva di veder risalire la temperatura agonistica il telespettatore ha avvertito ciò che la tv si sforzava di nascondere: lo scempio di un derby giocato davanti a curve quasi deserte. Cioè la negazione del derby stesso, ma soprattutto l’immagine plastica di un campionato plasmato a misura di Infront.

    Era più o meno il terzo minuto del secondo tempo. E sarà stato per l’abbassamento di tensione conseguente all’intervallo, ma sta di fatto che finalmente la costruzione televisiva dell’evento ha allentato le maglie del controllo. Si è aperta una falla in Matrix. Per tutto il primo tempo regia e telecronisti erano riusciti a nascondere la realtà, compiendo uno sforzo persino ammirevole se lo si guarda partendo dalla loro logica. Un’operazione di camouflage, simile a quella che è stata effettuata all’Expo milanese per nascondere le opere non ultimate e poter poi narrare al mondo il trionfo del Grande Evento Universale. E così era stato fatto durante i primi 45 minuti, per rappresentare uno spettacolo calcistico che in genere e fra i più coinvolgenti dell’anno, e invece stavolta rischiava di essere un gigantesco buco col campionato intorno. Per metà gara, con grande fatica, ce l’hanno fatta. Ma poi all’inizio della seconda metà ha vinto il silenzio. Il silenzio di uno stadio vince sempre, anche in tv. A meno che le regie televisive non s’inventino gli effetti sonori pre-registrati, come le risate delle sitcom.
    È stato così su Sky, e non dubito che altrettanto sia avvenuto su Mediaset Premium. Prima della palla al centro è stato fatto soltanto un accenno frettoloso alla circostanza delle curve vuote, col bordocampista che s’è affrettato a dire: “E comunque chi è allo stadio ha tanta voglia di tifare”.

    E già, meglio guardare allo stadio mezzo pieno che a quello mezzo vuoto. E da lì in poi la coppia Compagnoni-Marchegiani ha provato a far dimenticare che si stesse commentando il Derby delle Curve Vuote, altra tappa nella letteratura infame della stracittadina romana dopo quella del Derby del Bambino Morto. E impegnati com’erano a far finta che fosse un derby normale hanno marcato uno spettacolare autogol televisivo in occasione dell’episodio che ha deciso la partita: il fallo di Gentiletti su Dzeko, sanzionato col rigore ma commesso fuori area. Uno di quei casi che dimostrano quanto coglionesca sia l’idea della moviola a bordocampo se serve a dirimere dubbi diversi dal gol/non gol. Dovendo deliberare su un episodio del genere potrebbe bloccarsi una nazione intera, altro che una partita. Per Compagnoni non era rigore perché il contatto fra i piedi era fuori area, per Marchegiani invece era rigore perché secondo lui il contatto decisivo era quello delle tibie, avvenuto in area. Uno scambio d’opinioni surreale, a discettare di geolocalizzazioni anatomiche (piedi fuori area, tibie dentro), eppur durata per un tempo intero.

    La vendetta del derby contro la tv, e contro chi maneggiando la leva dell’ordine pubblico applica la linea auspicata dagli impresari televisivi e dal loro braccio armato che amministra le risorse economiche in Lega: svuotare gli spalti, e tenere a casa un popolo ammaestrato alla scienza del telecomando. Football Remote Control. Però poi, quando l’Uefa pubblica il rapporto annuale sul benchmarking dei club europei, ci si stupisce e addolora del fatto che in serie A il botteghino dello stadio incida soltanto per una quota di 11% nella somma dei ricavi. Professionisti del lamento ipocrita, intanto che si fa dell’altro per disincentivare le presenze allo stadio. Dimenticavo: la Roma ha battuto la Lazio 2-0, e dalle cinque della sera di oggi fino al prossimo derby si parlerà soltanto di questo.

    @pippoevai

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