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  • Pippo Russo: il Pettine di Bettega

    Pippo Russo: il Pettine di Bettega

    Tutti voi nati dopo gli anni Ottanta non avete visto cose che noi poveri matusa dei Sessanta ci portiamo dentro, chiedendoci ancora come diamine sia stato possibile conviverci. Le audiocassette Stereo 8 che per ficcarle nel mangianastri serviva la grazia di un carpentiere. Le caramelle e i chewing gum decorati con coloranti che oggi non verrebbero usati nemmeno all’Ilva di Taranto. I jeans a zampa d’elefante e quelli talmente stretti di cavallo, che a esibire subito lo scroto la si faceva meno complicata e certo si risparmiava una tortura agli zebedei.

    Soprattutto abbiamo conosciuto il must dei must, uno di quegli oggetti che rientrano nella categoria del "mai più senza": il Pettine di Bettega. Un oggetto apparso e scomparso in pochissimo tempo, ma abbastanza da diventare uno stracult e da essere continuamente citato da Diego Abatantuono tutte le volte che si tratta di canzonare qualcuno il cui colore dei capelli sia vivido in modo sospetto. Ma prima di parlarne è necessario tornare indietro a quei giorni e spiegare il senso di un oggetto di cui oggi si stenta a trovare tracce su internet.

    Bisogna partire dal fatto che ai suoi tempi Roberto Bettega era davvero un bell’uomo. E guardandolo adesso si stenta a crederlo, ma basta cercare delle foto di repertorio per averne conferma. Piaceva molto alle donne degli anni Settanta, anche a quelle totalmente digiune di calcio. Che all’epoca, a occhio e croce, erano un buon novanta per cento del campione demografico femminile italiano. Ma Bettega era Bettega e sul suo fascino nemmeno i partner di quelle donne sospiranti potevano opporre argomenti. Neanche il più alfa dei maschi alfa, nemmeno il più antijventino dei tifosi non juventini. Roberto Bettega era oggettivamente un bell’uomo e a negarlo si sarebbe rischiato di rimediare una figura da rosiconi. Inoltre, a partire da un certo momento della sua vita, un elemento esteriore conferì ulteriore fascino all’allora numero 11 della Juventus e della Nazionale: una precoce brizzolatura. Cioè un tratto estetico che di norma riscuote un grande successo e conferisce fascino, tanto più se va a innestarsi su un individuo già esteticamente gradevole prima della spruzzata sale-e-pepe.

    Fin qui l’antefatto. Indispensabile per raccontare di un prodotto pensato per intercettare la vanità maschile, che quando si sviluppa in modo puntiglioso sa essere persino superiore a quella femminile. Grazie a questa vanità si alimenta la catena dei prodotti concepiti per mascherare i segni dell’invecchiamento, a cominciare proprio dall’ingrigirsi dei capelli. Che sono tanto un elemento di fascinazione per le donne quanto un fattore di crisi d’identità per gli uomini. Un segno d’invecchiamento da combattere in qualunque modo, anche a costo di sfoggiare improbabili corvini cromati e castani metallizzati.

    Fra i tanti strumenti inventati per dichiarare guerra al capello grigio ce ne fu uno rimasto nella leggenda: il Color Comb, pettine colorante
    . Facendo una rapida ricerca su internet si scopre che ne esistono ancora delle versioni, persino delle colorazioni più fantasiose per chi volesse darsi una botta di vita punk. A quel tempo il Color Comb circolava in tre tonalità: black, medium brown e dark brown. Per lanciarlo in Italia all’inizio degli anni Ottanta, quale miglior testimonial si poteva immaginare se non il brizzolato più famoso del Paese? Roberto Bettega (foto isolafelice.forumcommunity.net), appunto. Un’idea che certo fece inorridire le fan, per le quali il Bettega brizzolato era affascinante al quadrato. Ma si sa come vanno certe cose e se oggi Kevin Costner può fare pubblicità al tonno in scatola e Antonio Banderas va avanti imperterrito a chiacchierare con una gallina, figuratevi un po’ se un quarto di secolo fa Roberto Bettega non poteva prestare per denaro la faccia e la chioma al pettine colorante. Raccontando agli italiani che se risolveva lui il problema (?) dei capelli grigi, poteva riuscirci chiunque.

    Prese così a circolare uno spot in cui l’attaccante bianconero e della Nazionale magnificava le doti del pettine colorante, capace di dare una bella passata di scuro sulle capigliature più incanutite. La cosa più raccapricciante era quando l’immagine andava nel dettaglio e mostrava il pettine che a contatto con la capigliatura secerneva una sostanza scura. Che pareva percolato, o catrame, o nero di seppia, o va’ a sapere cos’altro. In breve quell’oggetto passò alla storia come il Pettine di Bettega. Un manufatto che molti hanno visto pubblicizzare ma nessuno mai confesserà di aver comprato o usato. Come i famosi occhiali dell’Intrepido, quelli che indossandoli permettevano di vedere nude le donne vestite. Qualcuno li ha mai comprati, o sa di altri che l’abbiano fatto?

    Sul successo commerciale del Pettine di Bettega, e sulla sua efficacia nella tinteggiatura della chioma, non saprei dire. Di sicuro lo spot pubblicitario sparì quasi subito dalle tv. Ne esistono su internet notizie molto scarne e nessun reperto filmato. Quanto all’odierna chioma di Bettega, se solo potesse parlare, sono certo che ne avrebbe di cose da dire a proposito di quel pettine.


    @pippoevai

     

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