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  • Prima Sule, ora Dahoud: ecco perché i giovani della Bundes snobbano l'Italia

    Prima Sule, ora Dahoud: ecco perché i giovani della Bundes snobbano l'Italia

    • Federico Albrizio
    Perché comprare tessuti all'estero quando la stoffa per produrre capi pregiati è già in casa? Questa la filosofia adottata dalla Bundesliga che ha deciso di puntare tutto sui talenti made in Germany negli ultimi anni. Una svolta autarchica volta a migliorare la nazionale, e la scelta ha premiato: la Germania di Low è da anni ai vertici assoluti del calcio mondiale (picco col mondiale brasiliano del 2014) e lo fa con una formazione che può contare su tanti giovani che giocano e crescono all'interno dei confini di casa, senza considerare che oltre al Bayern Monaco altri club si confermano nell'elite del pallone europeo (bavaresi e Borussia Dortmund ai quarti di Champions, Schalke ai quarti di Europa League).

    DA WEIGL A DAHOUD, QUANTI NO! - Non solo l'aspetto tecnico però, questa politica ha avuto ripercussioni soprattutto sul mercato: se strappare gioielli alla Germania è sempre stato difficile ed estremamente costoso, la novità è che i giovani tedeschi non vogliono più scappare dalla Bundesliga per cercare avventure all'estero. Nell'ultimo anno sono stati diversi i giocatori che hanno declinato offerte arrivate soprattutto da Italia e Inghilterra per restare in Germania, ultimo in questa lista Mahmoud Dahoud: il centrocampista del Borussia Monchengladbach era corteggiato con insistenza da Milan e Juventus, ma ha deciso di trasferirsi (a partire da luglio) a Dortmund, dove troverà Julian Weigl (anche lui ha rifiutato i rossoneri e il Manchester City) e forse Timo Werner, idea dei gialloneri per il dopo Aubameyang. E che dire di Sebastian Rudy, no al Milan per passare a parametro zero dall'Hoffenheim al Bayern al termine di questa stagione, o di Davie Selke che in tempi non sospetti ha detto no al Crotone per scommettere sull'RB Lipsia; ancor più curioso il caso di Serge Gnabry, che ha lasciato l'Arsenal e la Premier League per rilanciarsi al Werder Brema: missione compiuta, nazionale riconquistata e attenzione di Ancelotti catturata.

    "QUI NON GONFIAMO PALLONI" - Ma perché questa riluttanza dei giovani talenti tedeschi a lasciare i confini di casa? Lo ha lasciato intuire con una battuta pochi giorni fa Niklas Sule. Il difensore dell'Hoffenheim ha spiegato il no a Inter, Milan e soprattutto Chelsea per accettare invece la corte del Bayern: "Sarei andato a gonfiar palloni, qui sono valorizzato". Non è solo una questione economica dunque, anche se alcuni come Sané hanno già ceduto e altri come Kimmich e Brandt sono tentati (rispettivamente da Manchester City e Liverpool), ma il tutto è legato alle reali possibilità di crescita che i campionati esteri possono offrire: Premier League e Serie A infatti sono accusate di bruciare troppo facilmente gli emergenti, anche se la massima categoria azzurra in questo senso ha decisamente invertito la tendenza negli ultimi due anni, e per questo sono da evitare fino alla completa maturazione professionale. Per crescere è necessario restare Bundesliga, grazie alle iniziative della DFB (Federazione tedesca) che incentiva i club a investire e valorizzare i propri vivai e garantisce sempre una corsia privilegiata verso le nazionali a chi decide di restare. Così facendo infatti i ct si ritrovano in mano giovani più pronti tecnicamente, tatticamente e psicologicamente all'esordio, e a tutto questo si aggiunge una nota 'romantica': l'obiettivo è formare anche un forte senso di appartenenza e spirito nazionalistico che in campo possa dare uno stimolo ulteriore e che la federazione tedesca temeva potesse calare visti i tanti campioni già affermati che ora militano all'estero (Ozil, Kroos, Khedira). Vince il made in Germany e ora sul mercato per Inghilterra, Italia e Spagna si fa ancora più difficile: nessuno vuole più lasciare la Bundesliga, vero e proprio parco giochi per i giovani.

    Twitter: @Albri_Fede90

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