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  • Qui Londra: è il giorno della Brexit, ecco perché la Premier League trema

    Qui Londra: è il giorno della Brexit, ecco perché la Premier League trema

    • Steve Mitchell
    Il 29 Marzo 2017 è un giorno che passerà alla storia come uno dei più importanti nella storia del Regno Unito. Oggi il Premier britannico Theresa May attiva il famoso “Articolo 50”, il primo passo formale verso la Brexit.

    Il voto dello scorso Giugno ha soddisfatto tanti abitanti del Regno Unito ma ne ha delusi altrettanti. In questi giorni è praticamente impossibile girare i canali tv inglesi senza assistere a un dibattito su quale fosse la decisione più giusta da prendere. Per alcuni è inconcepibile pensare che un paese che ha dato tanto alle politiche europee dalla creazione del mercato unico negli anni ’70 lascerà l’Unione Europea entro due anni. Per altri, però, il sogno di vedere il paese finalmente indipendente dalle politiche dell’Unione si avvicina ogni giorno di più.

    L’uscita dall’Unione Europea, la famosa Brexit, inciderà, tra le altre cose, anche sulla Premier League, il campionato che, a detta di molti, è il migliore al mondo. A partire dal 2019 la conseguenza diretta più significativa sarà quella che imporrà a tutti i calciatori che vogliono giocare in Premier League di avere un permesso di lavoro. La stessa regola che oggi vige per i calciatori extracomunitari sarà valida anche per quelli che arrivano dal resto dell’Europa. Al momento i calciatori extracomunitari che provengono dai primi 10 campionati del ranking FIFA devono aver giocato almeno il 30% delle partite degli ultimi due anni. Quanto più basso è il ranking FIFA tanto più alta è la percentuale di partite da giocare.

    Per fare un esempio, giocatori come N’Golo Kante, Martial o Lukaku non avrebbero avuto i requisiti minimi necessari per ottenere un permesso di lavoro in Inghilterra al momento del loro arrivo se al tempo si fossero applicate le norme post-Brexit. Secondo un recente studio, sono ben 332 i giocatori nella stessa situazione, tra Premier e Championship (la Serie B inglese). 

    Vale anche il discorso inverso, ovvero per i calciatori britannici che vogliono giocare nel resto d’Europa. L’esempio più lampante è quello di Gareth Bale al Real Madird. Il gallese, dal 2019, dovrà essere classificato come calciatore extracomunitario che andrà a occupare uno slot esattamente come un qualsiasi altro giocatore proveniente da fuori i confini europei.

    Per quanto riguarda invece i prezzi dei calciatori ci sarà da prendere in considerazione il cambio sterlina-euro. Subito dopo il voto della scorsa estate, la moneta del Regno Unito ha subito un brusco stop su tutti i mercati, se la stessa cosa accadesse tra due anni, i prezzi dei calciatori della Premier potrebbero crollare vertiginosamente. Acquistare giocatori per le squadre di Premier potrebbe diventare chiaramente problematico perché i prezzi in giro per l’Europa sarebbero troppo alti per le squadre inglesi. Da un certo punto di vista questa potrebbe essere una buona notizia per il calcio inglese perché imporrebbe ai club di puntare sui giovani del vivaio, ma il rovescio della medaglia potrebbe vedere i grandi investitori della Premier, da Abramovich ai Glazer, lasciare i club attuali per investire su altre società lasciando potenzialmente le big del calcio inglese in grosse difficoltà economiche. 

    Come risolvere questa situazione? Il governo e la FA ci stanno pensando. Ci sono tante idee al vaglio come per esempio quello di inserire una quota massima per i calciatori ‘extra-europei’ ma una soluzione definitiva ancora non esiste.

    Le big della Premier potrebbero guardare avanti andando a pescare talenti in Sud America perché, come ha fatto notare qualcuno, tutti i giocatori del mondo, dopo la Brexit, potranno essere trattati equamente, senza distinzioni. Acquistare un giocatore brasiliano equivarrebbe ad acquistarne uno italiano. “Ci sarà un’esplosione di talenti e non una fuga”, dicono i convinti sostenitori della Brexit.

    Ultimo, ma non ultimo dei problemi, è quello legato ai diritti tv. Negli ultimi anni la Premier ha venduto i propri diritti all’estero per una cifra che supera i cinque miliardi di sterline. A prescindere da quello che accadrà dopo la Brexit in termini di regolamentazione, la Premier League dovrà rimanere un campionato altamente competitivo fin da subito per attirare sempre un numero sempre crescente di telespettatori da tutto il mondo. Se davvero tutte le regole sopra descritte venissero applicate alla lettera, chi può dire con certezza che la Premier resterebbe il campionato più visto nel mondo?

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