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  • ESCLUSIVO: Sla, doping, sotto indagine 24 mila giocatori. Parla Guariniello

    ESCLUSIVO: Sla, doping, sotto indagine 24 mila giocatori. Parla Guariniello

    • Elena Bettinelli

     

    Il calcio e la Sla, finalmnte una svolta. La ricerca scientifica ha scoperto che la causa della malattia è dovuta ad un gene, ma, soltanto grazie all’inchiesta su larga scala condotta da Raffaele Guariniello, 71 anni, Procuratore Aggiunto di Torino, si è potuti arrivare a queste conclusioni.

    Alla fine degli anni ‘90, ad interrogarsi per primo sulla strana incidenza della malattia nel mondo del calcio fu proprio il magistrato torinese, da sempre in prima linea contro il doping e per la tutela della salute, sia essa quella dei campioni dello sport o dei lavoratori della ThyssenKrupp di Torino, nella noltte fra il 5 e il 6 dicembre 2007, teatro dello spaventoso incendio che costò la vita a sette operai.

     “Quando cominciammo ad indagare sul doping nel calcio, furono numerose e le persone che vennero a cercarci per segnalare i loro sospetti in merito alla somministrazione sospetta di farmaci o sostanze, in particolare le vedove di alcuni calciatori. Trattandosi però di patologie aspecifiche, che potevano derivare da tanti fattori, è stato giocoforza condurre un’indagine epidemiologica. Abbiamo quindi individuato una corte di 24.000 calciatori, che avevano giocato in Italia e, fra questi, abbiamo individuato le morti sospette cercando di capire quali potessero esserne le cause. Il risultato più significativo di questo studio fu l’eccesso di mortalità dei calciatori, rispetto alla popolazione generale, causata  dalla Sclerosi Laterale Amiotrofica.

    Il dato epidemiologico, che ha poi trovato conferme negli aggiornamenti effettuati anche in seguito, doveva essere anche spiegato. Ecco perché fu autorizzata la pubblicazione dei risultati di questa indagine su una rivista scientifica autorevole per far sì che la comunità scientifica potesse occuparsi del problema. Che si è aggravato  quando abbiamo condotto un’analoga ricerca epidemiologica su altre categorie di sportivi come i ciclisti, i cestisti e i rugbisti e fra questi non è risultata nessuna vittima di SLA. So che la comunità scientifica se ne sta occupando e che i risultati sulla ricerca stanno dando buoni frutti, resta comunque da capire e spiegare l’eccessiva mortalità tra i calciatori”.

    La scienza ha fatto grandi passi avanti per individuare la causa della malattia, e continua a studiare il fenomeno nella speranza di trovare anche una cura, cosa che sarebbe stata impossibile data la rarità della SLA e le scarse risorse della ricerca. Invece, grazie alla sua azione, dottor Guariniello,  la Federcalcio ha stanziato fondi per la ricerca scientifica e sembra che la via della genetica sia l’ipotesi più accreditata.

    “Sicuramente questo può essere uno sviluppo molto significativo, anche se rimane aperto il problema di dare una spiegazione a questo eccesso di mortalità nello specifico settore dei calciatori. Da questo punto di vista mi aspetterei che le autorità sportive e internazionali si facessero carico del problema perché, così come in Italia, seppur spinta dall’autorità giudiziaria, sarebbe auspicabile che un’analoga indagine epidemiologica venisse intrapresa anche in altri paesi europei ed extra-europei. So che ogni tanto ci sono  tentativi che poi vengono abbandonati e questo è inaccettabile.

    A mio parere è fondamentale sostenere la ricerca per confrontare la situazione anche in altri Paesi: non credo che la SLA sia un fenomeno prettamente italiano”.

     Si è mai sentito solo mentre conduceva la sua inchiesta?

    “No, devo dire che abbiamo ricevuto grandi collaborazioni, in particolare sul piano scientifico. Abbiamo potuto contare, e stiamo ancora contando, sull’opera di esperti della materia che hanno sostenuto lo studio epidemiologico prima all’Istituto Superiore di Sanità poi all’Università di Torino e poi apporti di altri medici ancora. In realtà abbiamo ricevuto un grande supporto. Ci deve essere una maggiore collaborazione da parte del mondo dello sport che, invece, teme una criminalizzazione del calcio. Non bisogna criminalizzare il movimento calcistico, ma nemmeno sottovalutare il problema”.

    Quando Piermario Morosini è morto sul campo, che cosa ha provato? Ha pensato alla sua inchiesta oppure, secondo lei, è stata solo sfortuna?

    “Naturalmente, per pronunciarsi in modo adeguato bisognerebbe conoscere le carte di questa vicenda, senza le quali potrebbero esserci giudizi né razionali né fondati. I casi di questa natura devono essere sempre oggetto di una scrupolosa indagine volta proprio a capirne le cause”.

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