Calciomercato.com

  • Renzi: viaggio nel suo passato da arbitro

    Renzi: viaggio nel suo passato da arbitro

    • L.C.
    «Sono contrario alle espulsioni e non mi piacciono le epurazioni». È il mantra politico più volte ripetuto, dai palchi e via social, dal premier Matteo Renzi. E che contrasta con l'inflessibilità di quando vestiva la casacca di arbitro ventenne nel Pisano (in seconda categoria su due partite a cavallo tra il '94 e il '95 collezionò tre rossi sul tabellino). Diventato leader politico, il "no alle espulsioni" lo ha sostenuto ad ogni accenno di polemica. Persino nel giugno scorso quando scoppiò il caso del «dissidente» Corradino Mineo sostituito in Commissione Affari costituzionali al Senato con tanto di strascico (autosospensione di 13 senatori dal gruppo).
    La frase ricorre più volte lungo il cursus honorum dell’ex scout di Rignano sull'Arno: è stata ribadita durante le varie epurazioni operate dai Cinque Stelle, da sindaco di Firenze quando vestì la pettorina di endorser del governo Lettae forse sarà ripetuta (ma solo per galanteria) anche dopo la recente espulsione di Flavio Tosi dalla Lega. Insomma, il «no alle espulsioni» va considerato alla stregua di una filosofia di vita.
    Eppure, in una delle sue precedenti vite il primo ministro aveva abbastanza confidenza col cartellino rosso. Al tempo vestiva di nero e in tasca custodiva il tesserino rilasciato dalla sezione Aia di Firenze. Il Matteo dal cartellino facile era un arbitro di calcio di 19 anni che non viaggiava in elicottero ma si spostava con l’utilitaria guidata dal padre Tiziano verso i campetti fangosi di seconda categoria e in paesi a «sei chilometri di curve dalla vita» tanto per dirla con una canzone di Samuele Bersani.   
    Stagione calcistica 94/95, il Renzi di nero vestito collezionò due presenze nel girone E della seconda categoria dilettanti toscani. Di quell’esperienza breve ma intensa, forse la meno riuscita nella sua carriera, regalò anche un ricordo a Massimo Gramellini in un’intervista di qualche anno fa («Certi derby in provincia di Pisa»). Certo è che quell'esperienza tra campetti di periferia e adulti già smaliziati fu il termometro, il primo banco di prova, del decisionismo di un futuro leader.
    In 180 minuti Matteo Renzi confermò in pieno il giudizio che aveva espressoqualche mese prima del suo debutto nel Pisano un commissario Aia che andò a vederlo («Fermezza impressionante, è uno che sa farsi rispettare»). La riprova? Tre espulsioni in due partite.  Quel derby, all’ombra di Volterra, era un affare serio: Saline contro Guardistallo, domenica 25 settembre 1994. Finì con la vittoria (un 2 a 1) per i padroni di casa ma oltre ai goleador di provincia si impose anche un giovane arbitro con due espulsioni. In realtà quel ragazzo, i suoi quindici minuti di celebrità, li aveva già avuti qualche mese prima quando dagli studi di Cologno Monzese girò la “Ruota della Fortuna” per cinque puntate e se ne andò con 48 milioni di vecchie lire. Era il febbraio del 1994 e di lì a qualche settimana, un imprenditore lombardo, Silvio Berlusconi, decise di «scendere il campo». Si sarebbero incontrati anni dopo in una famosa cena ad Arcore. Durante quella gara a Saline, però, il giovane arbitro era un perfetto sconosciuto dal ciuffo anni ’90 e di lui, non si ricordano neanche i due espulsi del match (anche se nella loro memoria è impresso bene l’episodio). Oggi,Riccardo Tranchina è un imprenditore edile di 44 anni che abita a Venturina ma nel 1994 era una terribile punta del Saline che contro il Guardistallo, alla prima casalinga, si beccò un rosso diretto all’83’. «Che fosse Renzi non lo sapevo – racconta – anche perché in carriera di casacche nere se ne vedono tante. Ricordo, però, l’episodio: saltai di testa e secondo lui allargai troppo il gomito. Protestati ma non ci fu verso. Ci rimasi anche male perché in carriera non ho mai rimediato un rosso diretto, sono stato sempre un giocatore corretto. Si vedeva che quell’arbitro aveva carattere e l’ha mantenuto». Tanto per ristabilire la parità, dopo dieci minuti, Matteo Renzi sventolò con decisione un altro cartellino rosso davanti a Massimiliano Riccucci coriaceo difensore del Guardistallo che oggi, a 44 anni, veste i panni dell’artigiano tra Rosignano e Cecina. La partita era praticamente finita, l’orologio segnava il minuto 93. «Il ricordo è abbastanza confuso – spiega Riccucci –ora, però,  posso raccontare di essere stato buttato fuori da uno degli uomini più importanti del paese, anche se non sono un suo elettore. L’episodio? Fu un fallo in area». Passarono quattro mesi e l’Aia di Firenze precettò Matteo Renzi, che due settimane prima aveva compiuto 20 anni, per un big match di categoria (l’ultimo da casacca nera): il Serrazzano che poi sarebbe diventato la Geotermica affrontava in casa il piccolo Sasso Pisano. «A fine stagione avremmo vinto il campionato – racconta il dirigente della Geotermica Maurizio Camici – e quella partita me la ricordo benissimo perché la preparammo nei minimi dettagli. Avevamo costruito una squadra a prova di bomba per cercare il salto di categoria che poi arrivò. Vincemmo per 3-0 con la formazione rimaneggiata». Ma anche in questo caso protagonista del tabellino fu l’uomo che di lì a poco sarebbe entrato nei vertici provinciali della Margherita. Siamo al 49’, il difensore del Serrazzano Sandro Cheli si rende protagonista di una brutta entrata e Renzi non ha dubbi: ancora rosso diretto.Oggi Cheli, 43 anni, è un volontario della Pubblica assistenza dell’Alta Val di Cecina e con il suo cane Teo si è specializzato nella ricerca delle persone scomparse. Di quella partita ricorda: «Fu un fallo contro un avversario sulla fascia destra e l’arbitro, che al tempo era un perfetto sconosciuto, mi buttò fuori. A distanza di venti anni posso dire che forse la scelta fu giusta».Dopo il triplice fischio di Serrazzano Matteo Renzi appese i cartellini al chiodo ed iniziò la sua folgorante carriera politica lungo la scala mobile che dalla Margherita fiorentina lo ha portato fino a palazzo Chigi.Raoul Giannelli, arbitro benemerito, è il direttore del corso a cui partecipò il leader del Pd negli anni ’90. «Veniva a Coverciano accompagnato dal padre che poi lo veniva a riprendere – racconta al quotidiano Il Tirreno- com’era Renzi arbitro? Normale, niente di particolare anche se superò brillantemente l’esame e iniziò prima ad arbitrare nelle giovanili e poi passò a disposizione del comitato regionale per le partite di seconda categoria. Lasciò la tessera dopo un anno e mezzo perché era già impegnato con le Acli e con lo studio. Insomma, aveva la sua missione». Continuò invece per un altro decennio la carriera dell’altro Renzi, Pietro, che girava con la casacca nera per la Toscana ma che faceva parte della sezione Aia di Lucca e che oggi è uno stimato architetto. «Non ho mai conosciuto il mio omonimo, Matteo – dice – anche se arbitrava con me nella seconda categoria della Toscana. Perché lo facevo? Il tesserino dava accesso gratuito alle partite di serie A. Forse anche il premier ne ha vista qualcuna».

    Altre Notizie